Una cosa bella
- Autore: Benedetta Carrara
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2020
Ha vent’anni e ha scritto un’opera teatrale parzialmente in versi con protagonisti John Keats e la fidanzata Fanny Browne. Se Benedetta Carrara non esistesse, probabilmente non sarebbe possibile neppure inventarla. Per nostra fortuna è reale almeno tanto quanto il suo esordio letterario, pubblicato nell’ottobre 2020 da Divergenze nella collana Controscena e già arrivato alla prima ristampa.
Una cosa bella: questo il titolo della raffinata edizione realizzata con copertina bianca in Fedrigoni Old Mill 300, cartoncino naturale di pura cellulosa ecologica, certificato FSC e marcato a feltro, e le cui pagine interne sono in carta Arena Ivory Bulk extralusso a grammatura 140. Una cosa bella di nome e di fatto, insomma, che al di là dell’elegantissima veste grafica si riconferma straordinaria anche per architettura interna, contenuti e registri, oltre che per l’incantevole traduzione di tre componimenti dell’autore e per ben tre paratesti di spessore.
L’opera prende spunto da carteggi, poesie, biografie e adattamenti cinematografici di e sul poeta inglese dell’Ottocento, per immaginare in un breve e pregnante atto unico i suoi stati d’animo, dialoghi e pensieri a pochi giorni dalla morte, avvenuta a Roma il 23 febbraio 1821 a causa di una tubercolosi. Con lui interagiscono l’amico Joseph Severn, che lo ha accompagnato e lo assiste da vicino, e la figura eterea di una Fanny lontana al giovane intellettuale a livello geografico, ma non a quello più intimo dello spirito.
Per genere e tema, oltre che per la giovane età di questa nuova voce del panorama letterario contemporaneo, a prima vista si potrebbe credere di trovarsi di fronte a un’opera complessa, respingente, forse a tratti ancora in attesa di sbocciare. Sorprendente è, invece, la leggibilità del testo, la minuziosa articolazione di ogni singola scena, la scelta dei toni di voce da cucire su ciascuno dei tre personaggi già a partire dalle righe iniziali: i discorsi sono incalzanti e vivaci, l’ambientazione nitida e più che credibile, l’atmosfera suggestiva ed essenziale, proprio come merita un atto unico sull’amore, sulla morte e sulla poesia.
Solo una profonda e sincera conoscitrice dell’animo di John Keats, d’altronde, saprebbe restituirne le risposte sagaci, le osservazioni canzonatorie. Solo chi non cede alla facile esca del pathos a tutti i costi si tiene lontano dal lirismo e lo raggiunge per vie traverse, discretissime, lasciando che i personaggi si muovano in uno spazio tridimensionale e che, come raccomandava spesso Gigi Dall’Aglio, non recitino nessuna parte, dal momento che l’unica possibile la stanno scoprendo per la prima volta sulla propria pelle:
“KEATS: […] «Stavate dicendo che stamattina avete incontrato qualcuno».
SEVERN: «Due compatriote».
KEATS: «Che nume devo ringraziare per questa benedizione?».
SEVERN: «Quello del buonsenso».
KEATS: «È uno dei più bistrattati».
SEVERN: «Di questi tempi, certo».
KEATS: «Oserei dire di tutti i tempi», e tossisce.” (p. 9)
Solo una giovane quanto lo era il poeta quando è deceduto, per di più, può conoscere distintamente il fuoco vivo che rende sprezzanti ed estremi, teneri e autentici in qualunque forma di comunicazione, presa di posizione o scelta etica. Benedetta Carrara ha vent’anni, Keats ne aveva venticinque, e nessuno dei due aveva raggiunto né la gloria né la fama quando si sono incontrati: la loro esperienza di carta e di idee è quindi svincolata da ogni aspettativa, non vuole compiacere o assecondare i critici, ha la maturità e la sfrontatezza necessarie per celebrare l’umanità dietro l’ingegno, il cuore dietro la mente, e per ammaliare e stupire chi la legge, in attesa di una trasposizione teatrale che travolga ancora di più chi assisterà di persona.
E così, nella sua brevità fulminante, Una cosa bella ruota intorno al concetto di devozione, di immortalità e di piacere, mentre in una malinconica parentesi aperta e chiusa a passo di danza ci ricorda "come, per accendere il fuoco, si debba curare la bontà della legna" (Federico Fiore, p. III).
“FANNY si alza e si allontana da Keats: «La vostra prima lettera, la ricordate? Mi avevate scritto:
“A volte vorrei che fossimo farfalle, e vivessimo solo tre giorni d’estate. Tre giorni simili con voi li colmerei di tali delizie che cinquant’anni comuni non potrebbero mai contenere”.
Siamo stati così poco insieme, ma siamo stati felici».
KEATS: «Sì, lo siamo stati».
FANNY: «Vi manco?».
KEATS: «Non c’è giorno che io non pensi alle espressioni del vostro volto, alla vostra risata, ad ogni vostro gesto».
FANNY: «Ed è per questo che sono qui? Perché vi manco?».
KEATS: «No, non penso che la mia mente mi giochi questo scherzo perché mi mancate».
FANNY: «E perché, allora?».
KEATS: «Perché per quanto desideri essere immortale e vivere con voi per l’eternità, non ho davanti a me l’immortalità. E forse è arrivato il momento di dirvi addio».” (p. 24)
Una cosa bella
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