Virdimura
- Autore: Simona Lo Iacono
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2024
Virdimura (Guanda, 2024) è il nuovo romanzo storico di Simona Lo Iacono, nata a Siracusa nel 1970, magistrato presso la corte d’appello di Catania, sezione minorile, dedicato alla figura di Virdimura (Catania, XIV Secolo) donna medico e chirurgo siciliana.
“Mi chiamo Virdimura, come il muschio verde che affiora tenace dalle pietre”.
Nella storia di tutti i tempi sono esistite donne dall’anima innovatrice e dallo sguardo lungo, che hanno saputo guardare oltre la loro epoca, e hanno fatto da apripista a tutte le altre che sono venute dopo. Se una di queste donne è stata Marianna Ciccone (Noto, 29 agosto 1891 - 29 marzo 1965), la cui vita è stata esplorata da Simona Lo Iacono nel bel romanzo La tigre di Noto (Neri Pozza. 2021), un’altra da annoverare è sicuramente Virdimura di Catania, di origine ebrea, la prima donna in età medievale ufficialmente autorizzata a esercitare la medicina, in un mondo ancora dominato dagli uomini.
Virdimura, figlia di un medico chirurgo, conoscitore delle erbe e dei progressi della scienza, orfana di madre dalla nascita, e moglie di Pasquale de Medico di Catania, fin da piccola aveva mostrato una grande passione verso la medicina, incrementata anche dal marito Pasquale, il quale le trasmise l’amore per l’arte medica.
La dottoressa Virdimura era molto stimata per la sua bravura e conoscenza della pratica medica, ma anche per aver alleggerito il lavoro dei medici cristiani, che non riuscivano a gestire tutte le richieste che pervenivano. Virdimura non aveva frequentato una Scuola Medica (a quel tempo gli ebrei non erano ammessi alle scuole mediche) ma, aiutando il padre e il marito, aveva appreso l’arte della medicina, come se si fosse formata in una scuola privata. Aveva, dunque, appreso conoscenze e competenze mediche tali da permetterle di operare ancora prima di ottenere la licenza ufficiale. La donna, non pienamente soddisfatta della sua posizione, volle essere riconosciuta ufficialmente come medico, poiché in quel periodo per poter esercitare occorreva l’autorizzazione di curare et praticare in scientia et arte medicina et fisice (curare ed esercitare nella scienza, nell’arte della medicina e in campo fisico). Il 7 novembre 1376, dopo aver superato la prova di abilitazione alla professione medica, fu proclamata a Catania “dutturissa” da una commissione di “augusti doctori”, inoltre pretese che il riconoscimento fosse rilasciato con una particolare clausola. La “dutturissa” chiedeva che la licenza la autorizzasse soprattutto a curare i più indigenti, i più deboli, i più tralasciati.
Oggi la certificazione, ovvero la “licenza a praticare l’arte della medicina inerente cure della psiche e del corpo, in massimo grado nei confronti dei poveri”, è custodita nell’Archivio di Stato di Palermo.
Da quel momento in poi le donne furono ufficialmente ammesse alla pratica dell’arte medica, come gli uomini, ed esercitarono non più soltanto le attività tipiche delle levatrici, ma anche la professione di chirurgo e di esperte in medicina generale.
La voce e l’opera meritoria di Virdimura, dimenticata nel corso dei secoli, ora torna fino a noi grazie a questo straordinario romanzo, ambientato sullo sfondo della Catania del XIV Secolo, ribollente di vita e minacciata dall’Etna, e il lettore non può che restare sedotto dalla vicenda umana di Virdimura, artefice del proprio destino.
“Ma una fimmina non puote essere dutturissa”.
Virdimura
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