Non c’è niente di misterioso per un marinaio se non il mare stesso, che è padrone della sua esistenza e imperscrutabile come il destino.
Il 3 agosto 1924 si spegneva a causa di un arresto cardiaco lo scrittore polacco, naturalizzato inglese, Joseph Conrad, grande narratore di storie di uomini e di mare.
Conrad era nato nel 1857 a Berdicev, nell’attuale Ucraina, in una famiglia di proprietari terrieri polacchi oppressa dal dominio russo. Dopo la morte di entrambi i genitori - il padre Apollo morì combattendo i russi, la madre di tubercolosi - il giovane Joseph fu affidato a uno zio e compì gli studi secondari a Cracovia.
La sua giovinezza è tuttavia inquieta, il futuro scrittore non è uno scolaro diligente né un ragazzo perbene. Spreca denaro, fa il perdigiorno e manifesta più volte il desiderio di fuggire e diventare capitano di mare. Quella passione ardente, incompresa da amici e parenti, nasceva dall’amore infantile di Conrad per i libri di viaggio e le carte geografiche. Oscuramente presentiva che esisteva un mondo molto più vasto di quello che conosceva, e voleva esplorarlo, sapeva che era proprio nascosto al di là della linea nitida dell’orizzonte marino.
Joseph Conrad: lo scrittore marinaio
Il 1874 segna l’anno di svolta nella sua esistenza: Joseph Conrad si imbarca come semplice marinaio al porto di Marsiglia per rendere servizio alla marina mercantile francese. Parte quindi per un lungo viaggio verso le Indie che sarà fonte di ispirazione per la sua scrittura. Joseph Conrad trascorse oltre vent’anni per mare, lavorando dapprima come mozzo, poi come secondo ufficiale e, infine, come capitano.
Per lui la scoperta del mare coincise con la scoperta della lingua inglese, e quindi della scrittura. Al porto di Marsiglia Conrad iniziò ad apprendere la lingua dei marinai che, guarda caso, era la stessa di Shakespeare. Della sonorità di quella lingua il giovane polacco si innamorò e decise di recarsi a Londra. Aveva soli vent’anni, ma decise che se fosse diventato marinaio sarebbe stato un marinaio inglese. Avrebbe infatti trascorso oltre quindici anni sui velieri britannici viaggiando verso mete esotiche come Bangkok, Singapore, Sidney e Calcutta. Nei tempi di riposo studiava per diventare luogotenente e, soprattutto, scriveva.
Perché per sopportare la lontananza dal mare - e la malinconia che assale tutti i marinai - Joseph Conrad doveva necessariamente scrivere. Nel 1889 iniziò la stesura del suo primo romanzo La follia di Almayer, ancora senza sapere che nel 1895 sarebbe stato pubblicato facendo di lui ufficialmente uno scrittore.
La sua carriera letteraria nacque per caso e senza scopo, obbedendo solo a una necessità inspiegabile dell’anima. Il mare sarebbe stato protagonista di tutti i suoi racconti, un elemento cardine della sua narrativa. Conrad sapeva che per raccontare una storia non si poteva prescindere dal mare che era la più efficace rappresentazione di un destino cieco, come lo è il destino umano.
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Nel 1899 Conrad pubblica in tre puntate sul quotidiano Blackwood Magazine un lungo racconto intitolato Heart of Darkness, Cuore di tenebra.
La storia si basava su un’esperienza vissuta in prima persona dall’autore: il viaggio in Congo compiuto nel 1890 per assecondare la volontà del Re Leopoldo, sovrano del Belgio, di civilizzare le popolazioni dell’Africa nera.
Il libro vede come protagonista il marinaio Marlow , imbarcato su una nave belga che trasporta un carico di avorio. Mentre scopre la realtà della terra africana e la crudeltà dei colonizzatori, Marlow sente nominare per la prima volta il capitano Kurtz, leggendario cacciatore d’elefanti. Si dice che Kurtz sia gravemente malato e viene organizzata una spedizione per trarlo in salvo, cui il giovane marinaio inglese si unisce di propria volontà. Mentre cerca questa figura evanescente e fuggitiva, Marlow entra in contatto con un mondo a lui sconosciuto iniziando un’intrepida avventura tra le popolazioni locali, i culti primitivi e selvaggi e i misteri della natura.
Troverà infine Kurtz, malato di malaria e ormai in fin di vita, che pare essere preda di uno strano delirio. Nel cuore selvaggio dell’Africa il capitano Kurtz sembra essere come impazzito. Muore infatti tra le braccia di Marlow gridando delle parole deliranti: “Quale orrore! Quale orrore!”. Ma qual è l’orrore che ha visto Kurtz? La risposta non viene data.
Il viaggio compiuto dal marinaio Marlow appare tuttavia come un viaggio al centro del mondo che rivela l’innegabile onnipresenza del male.
Il male è il tema centrale della narrazione in Cuore tenebra: il male inconsapevole compiuto dall’uomo ai danni dell’uomo. Vi si può leggere una profonda metafora del colonialismo e della supremazia che l’uomo occidentale pretendeva di imporre sulla società cosiddetta “non civilizzata”. Il corso del fiume sembra segnare proprio il confine tra il noto e l’ignoto, tra la civiltà occidentale e il “cuore di tenebra” selvaggio rappresentato dall’“alterità”, ovvero la popolazione africana.
Il capitano Kurtz, figura leggendaria e venerata, si rivela infine essere un tiranno che aveva assoggettato il popolo africano secondo la sua volontà e il suo capriccio. È l’uomo che pretende di sostituirsi a Dio nella creazione di una nuova civiltà mettendo in atto il piano violento e delirante del conquistatore.
Il viaggio compiuto da Marlow andava alla ricerca di un senso, di una verità; ma in conclusione non ne trova nessuna, sembra invece perdersi nel buio fitto rappresentato dall’impenetrabile foresta africana. Quell’assenza di luce diventa riflesso di una forma di oscurità dell’anima: Marlow entra in contatto con il Male inteso nel suo senso più puro, dato dalla perdita della ragione, il male che non ha scopo e viene inferto senza la coscienza di compierlo.
Dunque il viaggio ricomincia, nel confine indistinto tra mare e cielo, tra il fracasso degli ormeggi e il fragore delle onde. Il mare chiude ancora una volta la storia, oscuro e profondo abisso, che si rivela all’uomo come la rappresentazione stessa dell’ignoto - o forse, del suo stesso destino.
Nel mare, in fondo, Joseph Conrad temeva disperatamente di perdersi, eppure non poteva fare a meno della sua suggestione, del costante invito al viaggio di scoperta che esso evocava. Un viaggio ai confini del mondo conosciuto, al di là delle Colonne d’Ercole del pensiero umano, ma anche oltre i limiti circoscritti del sé individuale, sin nel profondo della coscienza umana.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Joseph Conrad: genesi e significato del libro capolavoro "Cuore di tenebra"
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