Chi erano i Re Magi? In origine era la manifestazione del Dio fatto bambino ai Re Magi per cui celebrare il giorno dell’Epifania, in cui si è sovrapposto il culto più profano per la simpatica vecchina con la scopa, la Befana.
Il 6 gennaio si festeggia l’Epifania, la rivelazione del Dio sceso in terra riconosciuto dai Re Magi, i personaggi citati nel Vangelo di Matteo che dall’Oriente arrivarono a Betlemme per omaggiare il Bambino Gesù.
Nel Vangelo di Matteo vengono nominati i doni portati dai Magi a Gesù:
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
Tuttavia a un’analisi più approfondita si può notare che le Sacre Scritture si limitano a citare l’arrivo di “alcuni Magi”, ma non definiscono che erano tre, né i loro nomi.
Secondo alcune interpretazioni di un antico Vangelo Armeno i Magi erano dei saggi sacerdoti e astrologi orientali. Si ritiene fossero “zoroastriani”, quindi dei seguaci del Zoroastrismo di Zarathustra che concepiva una teologia fondata su una dualità distintiva tra Bene e Male.
Nel Vangelo Arabo dell’Infanzia si legge:
Dei Magi vennero da Gerusalemme, come aveva predetto Zarathustra, portando con sé dei doni.
Nel Vangelo armeno si ritrovano anche i nomi che conosciamo dei Magi (Melchiorre, Baldassarre e Gaspare) e si tramanda che provenissero da tre continenti diversi allora conosciuti (Europa, Asia e Africa), con il significato anche simbolico che Gesù fosse nato per tutti.
L’adorazione dei Magi segue quella dei pastori e attesta il riconoscimento da parte dei sapienti dell’epoca dell’arrivo del Messia.
Dalle Sacre Scritture emerge inoltre che i tre Re Magi fossero giunti alla capanna di Betlemme seguendo una cometa che li accompagnò per tutta la durata del viaggio. Tramite la leggenda dei Magi il culto pagano converge in quello cristiano.
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Il mito dei Re Magi nella poesia
Queste figure esotiche ed enigmatiche continuano ancora oggi ad affascinarci con il loro mistero. L’eterno mito dei Magi rivive attraverso diverse poesie e opere letterarie, ma diviene un tema molto trattato soprattutto nella prima metà del Novecento.
Poeti del calibro di Yeats, Rilke ed T.S. Eliot descrivono il viaggio dei Magi nelle loro composizioni. Il racconto dei tre sacerdoti orientali che inseguono una stella fu molto amato nel Novecento - il secolo del dubbio e della crisi intellettuale - che improvvisamente ritrovava in un antico racconto religioso una speranza di salvezza.
I sapienti Magi, proprio come i poeti, inseguono una visione, una stella che incarna una Musa segreta e misteriosa. Motivo per cui il loro viaggio, così simile a una moderna odissea, continua a rispecchiarsi in quello affrontato dagli uomini di ogni tempo.
I grandi autori della letteratura dunque hanno trasformato la venuta dei Re Magi in una sorta di topòs letterario che annulla ogni confine tra poesia e preghiera.
Scopriamo dunque quali poeti e letterati hanno dedicato le loro poesie all’avvento dei Re Magi, perfette da leggere e recitare nel giorno dell’Epifania.
Sonetto d’Epifania di Giorgio Caproni
Sopra la piazza aperta a una leggera
aria di mare, che dolce tempesta
coi suoi lumi in tumulto fu la sera
d’Epifania! Nel fuoco della festa
rapita, ora ritorna a quella fiera
di voci dissennate, e si ridesta
nel cuore che ti cerca, la tua cera
allegra – la tua effigie persa in questa
tranquillità dell’alba, ove dispare
in nulla, mentre gridano ai mercati
altre donne più vere, un esitare
d’echi febbrili (i gesti un dì acclamati
al tuo veloce ridere) al passare
dei fumi che la brezza ha dissipati.Naufraghi sempre in questo infinito,
eppure sempre a tentare, a chiedere,
dietro la stella che appare e dispare,
lungo un cammino che è sempre imprevisto.Magi, voi siete i santi più nostri,
i pellegrini del cielo, gli eletti,
l’anima eterna dell’uomo che cerca,
cui solo Iddio è luce e mistero.
Epifania di Mario Luzi
Notte, la notte d’ansia e di vertigine
quando nel vento a fiotti interstellare,
acre, il tempo finito sgrana i germi
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai
persona semiviva tra due gorghi
tra passato e avvenire giunge al cuore
la freccia dell’anno... e all’improvviso
la fiamma della vita vacilla nella mente.
Chi spinge muli su per la montagna
tra le schegge di pietra e le cataste
si turba per un fremito che sente
ch’è un fremito di morte e di speranza.In una notte come questa,
in una notte come questa l’anima,
mia compagna fedele inavvertita
nelle ore medie
nei giorni interni grigi delle annate,
levatasi fiutò la notte tumida
di semi che morivano, di grani
che scoppiavano, ravvisò stupita
i fuochi in lontananza dei bivacchi
più vividi che astri. Disse: è l’ora.
Ci mettemmo in cammino a passo rapido,
per via ci unimmo a gente strana.
Ed ecco
Il convoglio sulle dune dei Magi
muovere al passo dei cammelli verso
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.
E tutto passò via tra molto popolo
e gran polvere. Gran polvere.Chi andò, chi recò doni
o riposa o se vigila non teme
questo vento di mutazione:
tende le mani ferme sulla fiamma,
sorride dal sicuro
d’una razza di longevi.Non più tardi di ieri, ancora oggi.
I re magi di Emilio Praga
I bei vegliardi dallo scettro d’oro
che per la neve, sotto il cielo sereno,
sostar sommessi alla mia porta udia
la notte della santa Epifania.
O son morti di freddo o son malati
nei paesi del sole.
I bei vegliardi dallo scettro d’oro!
I Re Magi di William Butler Yeats
Or come un tempo
nell’occhio della mente io scruto,
nei loro freddi abiti dipinti,
inappagati e scialbi;nel blu profondo appaiono del ciel
e poi scompaiono
coi loro volti antichi,
scarniti come pietre dalla pioggia
a lungo tormentate,
coi loro elmi argentei
di luogo in luogo erranti,
coi loro occhi fissi
perennemente in cerca,
mai paghi pel travaglio del Calvario
imperscrutabile mistero
su questo suol brutale.
La stella di Edmond Rostand
Persero un giorno la stella.
Com’è possibile perdere la stella?
Per averla fissata troppo a lungo...
I due re bianchi, ch’erano due sapienti di Caldea,
col bastone tracciarono sul suolo grandi cerchi.Si misero a far calcoli, si grattarono il mento...
Ma la stella era scomparsa
come scompare un’idea,
e quegli uomini, l’anima dei quali
aveva sete di essere guidata,
piansero drizzando le tende di cotone.Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
disse a se stesso: "Pensiamo alla sete
che non è la nostra.Occorre dar da bere, lo stesso, agli animali".
E mentre reggeva il suo secchio,
nello spicchio di cielo
in cui si abbeveravano i cammelli
egli scorse la stella d’oro che danzava silente.
I santi Re Magi di Rainer Maria Rilke
Un giorno, quando al limitare del deserto
si dischiuse la mano del Signore,
come un frutto aperto al tempo estivo
annuncia il nocciolo che ha dentro,
accade un prodigio: da lontano
s’incontrarono e si scambiarono saluti
tre re e una stellaTre re di lunga strada
e la stella che ovunque sovrastava
si mossero concordi (pensa!):
un re alla destra e uno alla sinistra,
alla volta di uno stabbio silenzioso.Che cosa non portarono con sé
alla stalla di Betlemme!
Echeggiava vasto intorno ciascun passo
e colui che un morello cavalcava
comodo sedeva nel velluto.Chi andava alla sua destra
era un uomo rivestito tutto d’oro,
e che stava alla sinistra cominciò -
in gesti ripetuti tintinnando,
uno squillo e un altro squillo facendo risuonare -
da un oggetto argenteo a forma tonda,
a spandere un azzurro fumo intorno.Rise, allora, la stella sopra loro,
e corse avanti e si fermò alla stalla
e disse a Maria: Un pellegrinaggio io ti sto portando
da grandi lontananze a questo luogo.Tre re molto potenti,
pesanti d’oro e di topazi -
e scuri, torbidi nel loro paganesimo:
ma non ti spaventare più del giusto.Tutt’e tre hanno in casa
dodici figlie e nessun figlio,
e ti pregano così di dare il tuo
come un sole al blu del loro cielo,
come gioia calda al loro trono.Ma non devi credere davvero
che il tuo figlio abbia il destino
di diventare un principe brillante,
e neppure uno sceicco dei pagani.Pensa, il cammino è vasto,
Vagano da tanto, come pastori,
e nel frattempo il loro regno
come un frutto maturo cade
a Dio sa chi nel grembo.E mentre qui, come vento caldo d’occidente,
alita il bue nel loro orecchio,
già tutti forse son poveri,
oppure come senza testa.Fa’ luce tu col tuo sorriso
per questo sul confuso
mondo ch’essi sono, offri tu
il tuo viso verso oriente, e il tuo bambino;
là è disteso in linee azzurre
ciò che ognuno di loro vuole darti:
il paese di Smeralda e di Rubinia.
e la valle del Turchese.
Il viaggio dei Magi di T.S. Eliot
Fu un freddo avvento per noi,
Proprio il tempo peggiore dell’anno
Per un viaggio, per un lungo viaggio come questo
Le vie fangose e la stagione rigida
Nel cuore dell’inverno.
E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili
Sdraiati nella neve che si scioglie.
Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo
I palazzi d’estate sui pendii, le terrazze,
E le fanciulle seriche che portano il sorbetto.
Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano
E disertavano, e volevano, donne e liquori,
E i fuochi notturni s’estinguevano, mancavano ricoveri,
E le città ostili e i paesi nemici
Ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo:
Ore difficili avemmo.
Preferimmo viaggiare di notte,
Dormendo solo a tratti,
Con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo
Che questo era tutta follia.Poi all’alba giungemmo a una valle più tiepida,
Umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione;
Con un ruscello in corsa ed un molino ad acqua che batteva il buio,
E tre alberi contro il cielo basso,
E un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato.
Poi arrivammo a una taverna con l’architrave coperta di pampini,
Sei mani ad una porta aperta giocavano a dadi monete d’argento,
E piedi davano calci agli otri vuoti.
Ma non avemmo alcuna informazione, e così proseguimmo
Ed arrivati a sera non un solo momento troppo presto
Trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,
E lo farei di nuovo, ma considerate
Questo considerate
Questo: ci trascinarono per tutta quella strada
Per una Nascita o per una Morte? Vi fu una Nascita, certo,
Ne avemmo prova e non avemmo dubbio. Avevo detto nascita e morte
Ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu
Come un’aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte
Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni,
Ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi,
Fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli.
Io sarei lieto di un’altra morte.
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