Lo strangolatore di Moret e altri racconti
- Autore: Georges Simenon
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2016
“Lo strangolatore di Moret e altri racconti” (Adelphi, 2016, traduzione di Marina Di Leo) è un’antologia contenente tre dei quattordici racconti dedicati all’Agenzia O, scritti dall’autore belga Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989) nel giugno del 1938, che vennero in seguito pubblicati sul periodico Police-Roman del 1941, raccolti in volume nel 1943.
Tra il 1929 e il 1962 Georges Simenon scrisse ben 178 racconti, tra i quali, L’arresto del musicista (L’arrestation du musicien), Lo strangolatore di Moret (L’étrangleur de Moret) e Il vecchio con il portamine (Le vieillard au portemine) presenti nel volume. Tre nuove e imperdibili avventure dell’ex ispettore Joseph Torrence per quindici anni in forze presso la polizia giudiziaria parigina al Quai des Orfèvres, braccio destro di Maigret, poi a capo dell’Agenzia O, e del suo socio, il geniale Émile.
L’arresto del musicista. Torrence, titolare di una delle agenzie d’investigazioni più famose del mondo stava rischiando non solo la propria reputazione ma anche un’intera carriera votata al trionfo della Giustizia. Lo stesso capo della polizia giudiziaria parigina lo accusava di aver trafugato il principale corpo di un efferato reato. José, persona perbene che conduceva una vita del tutto regolare e leader di una delle migliori jazz band di Montmartre, quella del Cabaret du Pingouin, in rue Fontaine, era stato accusato dell’omicidio dello Zio John. Quest’ultimo era un vecchio americano ricchissimo ed eccentrico, assiduo frequentatore dei locali notturni di Montmartre conosciuto ovunque con l’affettuoso nomignolo di Zio John. L’anziano era stato trovato pugnalato alla schiena, a pochi passi dal Pingouin da cui era appena uscito. I suoi gioielli erano scomparsi, e così pure i soldi che aveva con sé. La polizia era convinta che José avesse fatto fuori lo Zio John per rapinarlo, non sapendo che dietro l’omicidio c’era lo zampino del Banchiere, individuo equivoco, che spesso aveva minacciato di vendicarsi di José che si era messo insieme a Julie, l’ex donna del Banchiere.
“…Non ne poteva più del Banchiere... Poi le spiegherò meglio... Ci amiamo...”.
Quando, all’alba di una mattina di maggio José aveva chiesto l’aiuto di Torrence, l’investigatore senza neanche radersi era saltato su un taxi, si era fermato in boulevard Raspail a prendere Émile, il suo inseparabile Émile che si spacciava per fotografo o per impiegato dell’Agenzia O, di cui era invece il cervello.
“Andiamo, Émile... Che brutto mestiere... Arresteranno un musicista che non ha fatto niente di male...”.
Lo strangolatore di Moret. I fatti accaddero il 7 giugno. Quando, come tutti, ne lessero la cronaca sui giornali, Torrence e Émile si limitarono ad aggrottare la fronte senza immaginare che si sarebbero occupati di quel caso. I giorni passavano e ogni mattina i quotidiani titolavano “Il mistero di Moret s’infittisce”, il caso rappresentava una sfida per Émile, quindi un lunedì mattina, arrivando in ufficio, Torrence ebbe la sorpresa di trovare il giovane vestito di chiaro, come per una scampagnata. Considerato che al momento non c’era granché da fare in agenzia, Torrence e Émile sarebbero andati a pranzo fuori Parigi. Il fotografo, al volante della “macchinetta scoperta” si dirigeva verso la foresta di Fontainebleau. Solo lungo la strada Torrence si ricordò di colpo dello strano caso di Moret-sur-Loing. “Due uomini che si chiamano allo stesso modo, che dichiarano entrambi di venire da Carcassonne, che in due locande di Moret-sur-Loing chiedono la camera 9, e che subiscono la stessa sorte, nella stessa notte!”.
Il vecchio con il portamine. Erano esattamente le undici del mattino e dal suo tavolino all’aperto, in un caffè dei Grands Boulevards, Émile poteva vedere l’orologio elettrico dell’incrocio di Montmartre. Era una delle prime belle giornate di primavera: l’aria era tiepida, il sole inebriante, e la maggior parte delle donne sfoggiava abiti dai colori vivaci e Émile non aveva nulla da fare. Il cervello del giovane era a riposo fino a quando all’improvviso qualcosa l’aveva strappato dal suo stato di torpore, ma non sapeva ancora che cosa fosse. “22...”. Nessuno accanto a lui aveva parlato, poi Émile ebbe un’illuminazione: quelle parole non le aveva lette, ma le aveva decifrate. Infatti anni prima Émile si era arruolato in Marina, dove aveva imparato il codice Morse.
“Quello che gli era giunto all’orecchio era appunto un messaggio in Morse...”.
Lo strangolatore di Moret: e altri racconti (Le inchieste di Maigret: racconti Vol. 9)
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