Nel 1795 il diffondersi di una moda di gusto assai discutibile, offre a Giuseppe Parini l’occasione per affrontare tematiche ben più ampie e complicate.
Il poeta lombardo lo fa in A Silvia o Sul vestire alla ghigliottina, una delle sue odi più riuscite.
L’abbigliamento della donna protagonista del componimento gli dà lo spunto per una profonda riflessione sulla degenerazione dei costumi nella società a lui coeva e, soprattutto, per criticare gli insopportabili eccessi della Rivoluzione Francese.
Il rifiuto della violenza cieca e insensata e il valore supremo della dignità morale sono le tematiche principali dell’ode.
Vediamo testo, analisi e spiegazione di A Silvia o Sul vestire alla ghigliottina.
“A Silvia o Sul vestire alla ghigliottina” di Giuseppe Parini: testo
Perché al bel petto e all’omero
Con subita vicenda
Perché, mia Silvia ingenua,
Togli l’Indica benda,Che intorno al petto e all’omero,
Anzi a la gola e al mento
Sorgea pur or, qual tumida
Vela nel mare al vento?Forse spirar di zefiro
Senti la tiepid’ora?
Ma nel giocondo ariete
Non venne il sole ancora.Ecco di neve insolita
Bianco l’ispido verno
Par che, sebben decrepito,
Voglia serbarsi eternoM’inganno? O il docil animo
Già de’ feminei riti
Cede al potente imperio:
E l’altre belle imiti?Qual nome o il caso o il genio
Al novo culto impose,
Che sì dannosa copia
Svela di gigli e rose?Che fia? Tu arrossi? E dubia,
Col guardo al suol dimesso,
Non so qual detto mormori
Mal da le labbra espresso?Parla. Ma intesi. Oh barbaro!
Oh nato da le dure
Selci chiunque togliere
Da scellerata scureOsò quel nome, infamia
Del secolo spietato;
E diè funesti augurii
Al femminile ornato;E con le truci Eumenidi
Le care Grazie avvinse;
E di crudele immagine
La tua bellezza tinse!Lascia, mia Silvia ingenua,
Lascia cotanto orrore
All’altre belle, stupide
E di mente e di core.Ahi, da lontana origine,
Che occultamente noce,
Anco la molle giovane
Può divenir feroce.Sai de le donne esimie,
Onde sì chiara ottenne
Gloria l’antico Tevere,
Silvia, sai tu che avvenne;Poi che la spola e il Frigio
Ago e gli studj cari
Mal si recàro a tedio
E i pudibondi Lari;E con baldanza improvvida,
Contro a gli esempi primi,
Ad ammirar convennero
I saltatori e i mimi?Pria tolleraron facili
I nomi di Terèo
E de la maga Colchica
E del nefario Atrèo.Ambìto poi spettacolo
A i loro immoti cigli
Fur ne le orrende favole
I trucidati figli.Quindi, perversa l’indole,
E fatto il cor più fiero,
Dal finto duol, già sazie,
Corser sfrenate al vero.E là dove di Libia
Le belve in guerra oscena
Empièan d’urla e di fremito
E di sangue l’arena,Potè all’alte patrizie
Come a la plebe oscura
Giocoso dar solletico
La soffrente natura.Che più? Baccanti, e cupide
D’abbominando aspetto,
Sol dall’uman pericolo
Acuto ebber diletto:E da i gradi e da i circoli
Co’ moti e con le voci,
Di già maschili, applausero
A i duellanti atroci:Creando a sè delizia
E de le membra sparte,
E de gli estremi aneliti,
E del morir con arte.Copri, mia Silvia ingenua,
Copri le luci; et odi
Come tutti passarono
Licenzïose i modi.Il gladiator, terribile
Nel guardo e nel sembiante,
Spesso fra i chiusi talami
Fu ricercato amante.Così, poi che da gli animi
Ogni pudor disciolse,
Vigor da la libidine
La crudeltà raccolse.Indi a i veleni taciti
Si preparò la mano:
Indi le madri ardirono
Di concepire in vano.Tal da lene principio
In fatali rovine
Cadde il valor la gloria
De le donne Latine.Fuggì, mia Silvia ingenua,
Quel nome e quelle forme,
Che petulante indizio
Son di misfatto enorme.Non obliar le origini
De la licenza antica.
Pensaci: e serba il titolo
D’umana e di pudica.
“A Silvia o Sul vestire alla ghigliottina”: parafrasi e analisi
Il poeta si rivolge a Silvia e fa riferimento alla nuova moda, che descrive: un velo di seta che passa attorno al petto, alle braccia nella parte dell’omero, poi avvolge la gola e qua si gonfia come una vela al vento del mare.
Ci troviamo all’inizio della primavera, ma l’inverno, ormai vecchio e passato, non se ne vuole andare. Parini è sorpreso che Silvia segua la moda e imiti le altre ragazze.
Si chiede poi se il caso oppure un capriccio, fanno sì che la nuova moda sveli un’ampia scollatura.
Silvia diventa rossa e con lo sguardo rivolto verso il basso mormora qualcosa
Ciò che dice e il poeta riesce a capire è la “ghigliottina”; quindi condanna la Rivoluzione Francese colpevole, fra l’altro, di aver turbato gli ornamenti femminili.
Così le Furie presero il sopravvento rispetto alla grazia e trasformarono la bellezza in crudeltà. Parini invita Silvia a lasciare questa moda crudele e volgare alle donne belle ma stupide. Poiché è fin dall’antichità che le donne più docili possono diventare crudeli.
Giuseppe Parini racconta delle donne che diedero gloria all’antica Roma.
Esse si annoiarono della spola, del cucito e dei lavori domestici quindi iniziarono ad ammirare con troppa audacia i ballerini e gli attori. Non si lasciavano impressionare dalle crude rappresentazioni come quella di Terèo, della maga Colchica, di Atrèo. I loro occhi al tale visione non si commuovevano.
Ormai la loro indole era diventata perversa e sfrontata, erano però già stanche del dolore rappresentato solo scenicamente, quindi iniziarono a cercarlo nella realtà.
Così cominciarono a recarsi dove le belve combattevano e riempivano di urla, orrore e sangue le arene. La sofferenza degli animali uccisi era diventata uno svago, divertiva dalle più nobili patrizie alle più povere plebee.
In più, le donne, ormai sfrenate come le Baccanti e di aspetto detestabile, provavano piacere solo nella visione dell’uomo quando era sottoposto a pericoli. Applaudivano e urlavano, dalle gradinate delle arene, ai crudeli gladiatori
Provavano piacere ammirando la crudeltà di quelle morti
I gladiatori dall’aspetto terribile diventavano molto spesso amanti, nel segreto delle camere da letto. Così la crudeltà trasse ancora più forza dal piacere.
Si iniziarono a preparare di nascosto veleni per permettere alle donne di non concepire. Questo atto, apparentemente innocuo, causò la fine della gloria delle donne di Roma.
Quindi il poeta invita ancora una volta Silvia a fuggire da quel modo frivolo di vestire, perché è un grande sbaglio. Non si deve dimenticare la storia, ma riflettere, per preservare il nome e la purezza della donna.
Giuseppe Parini e la Rivoluzione Francese
Sono due le tematiche di A Silvia o sul vestire alla ghigliottina: la feroce critica della Rivoluzione Francese e quella, altrettanto veemente, della degenerazione dei costumi, principalmente femminili.
Al verificarsi delle prime scintille rivoluzionarie nell’estate del 1789, Parini si mostrò favorevole e addirittura entusiasta di quanto stava accadendo a Parigi, ma l’euforia durò poco, lasciando ben presto spazio a rammarico e delusione.
Del resto un uomo, un intellettuale e un artista da sempre improntato all’equilibrio e alla moderazione, non poteva concepire, e meno ancora approvare, la strada terribilmente violenta che la Rivoluzione aveva intrapreso da un certo momento in poi.
Da principio Parini confidò in una sana realizzazione dei principi sociali propugnati dall’Illuminismo, ma di fronte alle brutali repressioni commesse dai rivoluzionari e, soprattutto, dai giacobini guidati da Robespierre, ne prese le distanze, disgustato dalla barbarie e dagli abusi divenuti ormai una prassi consolidata.
Ecco perché, seppur con qualche titubanza iniziale, quando i francesi occuparono Milano, l’autore de Il Giorno accettò gli incarichi che gli vennero affidati, ma fu in seguito allontanato per il moderatismo e il desiderio di autonomia che ne avevano contraddistinto l’operato.
In sostanza, l’approccio di Parini nei confronti della Rivoluzione Francese non si discostò di molto da quello di letterati a lui contemporanei, basti citare, solo per fare qualche nome, Alfieri, Pindemonte e Chateaubriand, tutti per indole, cultura e formazione ben distanti dalla politica estremista e truculenta posta in essere dai giacobini.
“A Silvia” di Giuseppe Parini: la donna come simbolo di virtù
A Silvia affronta un’altra tematica che sta molto a cuore a Giuseppe Parini: la preoccupazione per lo scadimento dei costumi, principalmente quelli femminili.
Il poeta ha un’alta concezione della donna, che considera portatrice delle più sane virtù familiari, nonché simbolo di grazia e gentilezza.
Tuttavia teme che mode e richiami sbagliati possano cambiare, in peggio, questo suo naturale e fondamentale ruolo nella società.
Lo spunto per una riflessione di ampio respiro glielo offre il diffondersi dell’abbigliamento “alla ghigliottina”.
Esso consisteva nell’annodare un nastro di seta rossa intorno al collo, un evidente riferimento alle decapitazioni che stavano insanguinando la Francia.
Alla vista del foulard e della generosa scollatura su cui esso ricade, Parini invita l’interlocutrice a lasciare certi vezzi volgari a donne altrettanto belle ma stupide.
In passato, le dice (e lo fa presente al lettore), il male ha prevalso ogni qualvolta le donne hanno abbandonato quel ruolo di moderatrici che è stato loro naturalmente affidato.
È stato così nell’antica Roma e tutti siamo chiamati ad imparare dalla storia per non ripetere gli stessi errori.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “A Silvia o sul vestire alla ghigliottina”: spiegazione, analisi e temi dell’ode di Parini
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