Mai come in questo momento c’è bisogno di bellezza e di libri per sopravvivere, considerato che le esposizioni e i musei italiani sono e restano “imbalsamati”, in sonno, in trepida attesa di visitatori. In attesa di poter passeggiare di nuovo dentro l’Arte, il critico, saggista e storico dell’arte Luca Nannipieri nel volume A cosa serve la storia dell’arte (Skira Paperback 2020, 224 pagine) spiega quale sia il compito di uno storico dell’arte, i suoi campi di conoscenza e di azione e, cosa fondamentale, come tutti noi siamo il patrimonio e che non siamo mai stranieri e turisti transitori davanti all’Arte.
Il nuovo libro di Luca Nannipieri
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Se è vero che la storia dell’arte è una disciplina, essa ha bisogno non soltanto di studi specifici su artisti, movimenti, stili, secoli, geografie e tendenze, ma anche di libri che meditino sulle fondamenta, sulle questioni fondative. Ecco perché in queste pagine vengono rivisitate e sistemate le riflessioni sulla persona, sulla comunità e sulla comunione attorno al patrimonio storico-artistico, che l’autore ha compiuto dal loro essere in nuce, pressappoco negli anni 2008-2009, al loro approfondirsi in libri, saggi, conferenze, atti di convegno, articoli, interviste, proposte di legge, rubriche televisive, fino a oggi.
L’autore, nato a Pisa il 7 settembre 1979, che dirige Casa Nannipieri Arte al Centro Studi di San Savino, curando mostre e conferenze, nel testo, scegliendo documenti, usciti su quotidiani e periodici, e riesaminando i suoi scritti saggistici alla luce delle questioni che considera basilari per la disciplina e per la figura dello storico dell’arte, mira a rendere più nitido un percorso di pensiero e di azione che:
“se può essere apparso intermittente nel dibattito pubblico, invece in me fulgido e già determinato in età relativamente giovanile”.
Nannipieri ricorda i direttori storici di alcuni dei più autorevoli musei italiani ed europei, come Palma Bucarelli, Franco Russoli, Ettore Modigliani, Fernanda Wittgens, e figure, come il soprintendente Pasquale Rotondi, noto per aver salvato durante la II Guerra Mondiale circa diecimila opere d’arte italiane dalla distruzione e dal saccheggio delle truppe naziste.
A cosa serve la storia dell’arte?
Quando ci troviamo in un museo o alla preview di una mostra, capita di ascoltare le spiegazioni del critico d’arte che ha curato l’esposizione. Mai ci siamo domandati che il compito del critico e storico dell’arte è vedere e incentivare necessità di memoria, studio, conservazione, condivisione, desiderio, denuncia e di lotta, che gli altri non vedono. E di conseguenza, agire, dunque fondare, costruire i luoghi, dove queste necessità si concretizzano. Questo dunque devono fare i critici, gli storici dell’arte: fondare, costruire, generare un senso diverso della città, dei paesi, delle comunità.
Nel volume Nannipieri fa l’esempio di Dominique Vivant Denon (1747-1825), entrato nella storia non perché abbia commentato la vita di qualche artista, ma perché, sotto l’ala e il comando dell’Imperatore Napoleone, dette vita al luogo oggi simbolicamente più potente nell’immaginario collettivo di miliardi di persone quando si parla d’arte, generò la mitologia del Louvre di Parigi, nato per gli scopi dominatori di Napoleone: razziare quanto di meglio avessero creato la civiltà occidentale e le civiltà antiche per custodirlo in un luogo che sarebbe diventato la memoria del globo, l’esposizione di quanto di grandioso avesse mai prodotto l’umanità. Il giacimento più massiccio di manufatti che i popoli abbiano mai adunato e tramandato. Un “museo totale”, pensiamo alla Venere di Milo, al Codice di Hammurabi, al sorriso enigmatico della Gioconda di Leonardo da Vinci, alla Nike di Samotracia, che la nostra fame di bellezza anela di tornare presto a rimirare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A cosa serve la storia dell’arte? Lo spiega Luca Nannipieri
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