In un intimo colloquio con il proprio io più segreto, nel sonetto A se stesso Ugo Foscolo traccia un bilancio della propria esistenza, che considera, con estrema severità, del tutto negativa.
Il poeta ha solo vent’anni, ma si sente vecchio a causa dei tanti dolori che non gli sono stati risparmiati, sia nel privato che negli ideali politici.
Posto a chiusura delle Poesie, il componimento può essere considerato una sorta di compendio della poetica foscoliana, poiché vi si ritrovano tutti i temi fondanti.
Nella vita, che altro non è se non "error, ira e ambascia", l’unico riscatto è offerto dalla poesia, che nella memoria dei posteri rende eterni.
Vediamo parafrasi e analisi del testo.
A se stesso: testo
Che stai? già il secol l’orma ultima lascia;
dove del tempo son le leggi rotte
precipita, portando entro la notte
quattro tuoi lustri, e obblio freddo li fascia.
Che se vita è l’error, l’ira, e l’ambascia,
troppo hai del viver tuo l’ore prodotte;
or meglio vivi, e con fatiche dotte
a chi diratti antico esempi lascia.
Figlio infelice, e disperato amante,
e senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
giovine d’anni e rugoso in sembiante,
che stai? breve è la vita, e lunga è l’arte;
a chi altamente oprar non è concesso
fama tentino almen libere carte.
A se stesso: parafrasi
Che indugi? Già il secolo volge al termine;
dove le leggi del tempo non esistono più, nell’eternità
precipita, portando dentro il buio della sua notte
i tuoi vent’anni, e un freddo oblio li avvolge.
Perché se la vita è errore, ira e angoscia,
hai già vissuto troppo del tempo tuo;
ora vivi più degnamente, e con fatiche erudite
lascia esempio di te a chi verrà dopo
Figlio infelice e amante disperato,
e senza patria, duro con tutti e anche con te stesso,
giovane d’anni ma dall’aspetto precocemente invecchiato,
cosa aspetti? La vita è breve mentre l’arte dura a lungo;
a chi non è concesso di compiere alte cose
almeno liberi versi procurino fama.
A se stesso: struttura, metrica e figure retoriche
A se stesso è un sonetto in endecasillabi piani che si compone di due quartine a rima incrociata (ABBA ABBA) e di due terzine a rima alternata (CDC EFE).
Queste le figure retoriche più importanti presenti al suo interno:
- numerose allitterazioni (ad esempio con “l” “il secol l’”, “ultima lascia”, “del”, “le leggi” e “r” “error”, “ira”, “troppo”, “viver”, “ore prodotte or” e ancora “n” “infelice”, “amante”, “senza”, “giovine”, “anni”, “in sembiante”)
- assonanze (ad esempio “dove” ”rotte” ”notte”, “secol” ”tempo””entro” ”freddo” e “disperato” ”aspro”)
- consonanze (ad esempio “non”_”almen”)
- anafora (“che””che”, “che stai?” ”che stai?”)
- chiasmo (figlio infelice /disperato amante)
- antitesi (breve/lunga e giovine/rugoso)
- climax (ad esempio “error” “ira” “angoscia”)
- metafora ("notte" e "freddo" nulla eterno, oblio)
- numerose perifrasi (ad esempio “l’orma ultima lascia” per finisce e “troppo hai del viver tuo l’ore prodotte” per hai già vissuto troppo)
Analisi e significato: i temi principali e il legame con l’Ortis
Scritta nel 1800, all’alba del nuovo secolo, A se stesso, dodicesimo dei sonetti foscoliani, può essere considerato un dialogo interiore attraverso il quale il poeta, interrogando il proprio io, traccia un bilancio della sua esistenza fino a quel momento.
All’epoca Foscolo era poco più che ventenne, ma lo spirito esuberante, la precoce fama di esperienze e l’indomita sete di conoscenza che lo avevano accompagnato fin dalla più tenera età rendevano i pochi anni trascorsi ben più pesanti di quanto l’anagrafe indicasse.
Il poeta veneziano è dunque solo un ragazzo, ma già pesantemente provato negli affetti e negli ideali.
Il ’700 appena terminato ha portato via con sé anche la prima parte della sua vita, quindi ora il poeta sprona se stesso a non indugiare oltre, ad agire e a muoversi affinché di lui resti un perenne ricordo.
Il giovane è consapevole che questo desiderio possa realizzarsi solo attraverso l’arte: la frase "breve è la vita, lunga è l’arte", può considerarsi, in estrema sintesi, il fulcro intorno al quale poggia l’intero pensiero foscoliano.
La vita sarebbe del tutto insensata se non si lasciasse qualcosa per cui essere ricordati.
L’arte, e la poesia su tutte, dà significato all’esistenza.
Del resto i sonetti, e A se stesso non fa eccezione, riprendono la materia soggettiva e la carica passionale già espressi nel romanzo epistolare Le ultime lettere di Jacopo Ortis dove i tratti autobiografici sono preponderanti.
I temi sono praticamente gli stessi, ovvero la descrizione del protagonista come un eroe inquieto e avversato dalla fortuna, il conflitto con l’epoca presente, il nulla eterno, l’esilio ("senza patria"), lo sgretolarsi di ogni certezza e l’impossibilità di trovare rifugio negli affetti familiari e sentimentali ("figlio infelice" e "amante sventurato"), la funzione eternatrice della poesia.
La libertà dell’arte e della poesia in A se stesso di Foscolo
Foscolo anela pertanto a raggiungere la gloria con i suoi versi, ma non basta.
È indispensabile che essi siano liberi.
L’espressione " libere carte", che chiude il sonetto, merita alcune considerazioni a parte.
Che l’arte, la scrittura e la poesia debbano essere libere da qualsiasi tipo di condizionamento, in Foscolo non restò una mera dichiarazione di intenti ma divenne il leitmotiv principale della sua stessa vita.
L’atteggiamento anticonformista, l’indipendenza caratteriale ostentata con fierezza, il rifiuto sprezzante di ogni forma di ingerenza, la repulsione per la piaggeria, pur così di moda fra gli artisti suoi contemporanei (e non solo), unitamente a un’indole genuina e schietta fino a rasentare una durezza apparentemente inscalfibile ("a tutti aspro e a te stesso"), se da una parte lo tennero lontano dai salotti letterari (e politici) più in voga, quelli "che contavano", dall’altra gli assicurarono ciò che per lui costituiva l’essenza dell’esistenza stessa: la libertà.
La volontà di non tradire i propri ideali, di non prestarsi a cortigianerie di alcun tipo e di potersi esprimere artisticamente senza dover subire pressioni esterne, lo indussero ad optare per un esilio volontario lontano dalla patria che tanto amava e a sopportare condizioni di vita estremamente precarie.
Ugo Foscolo morì in assoluta povertà nel 1827 a Londra, a soli 49 anni, quasi certamente a causa degli stenti patiti, ma accompagnato, oltre che dall’amore della figlia ritrovata Floriana, da quella dignità che per mantenere intatta non aveva esitato a pagare un prezzo altissimo e dalla fierezza che deriva da un coraggio non comune e dalla caparbietà con cui si riesce a mantenere il proposito di non scendere mai a compromessi.
Il nichilismo di Foscolo e il suo superamento
In A se stesso (e negli altri sonetti), ricompare il medesimo motivo nichilistico che aveva caratterizzato in precedenza l’Ortis, così come pure il tentativo di superarlo attraverso la ricerca di valori positivi.
La patria, l’amore, la poesia e la memoria, che poi sono i temi fondanti della produzione letteraria e artistica foscoliana trovano ulteriore conferma in questo componimento e, sotto certi aspetti, rispetto al romanzo si ampliano e si chiariscono.
Passerà solo qualche anno e tale meditazione poetica troverà il suo culmine nei Sepolcri, considerato il capolavoro di Ugo Foscolo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: A se stesso di Foscolo: testo, parafrasi e analisi del sonetto
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