A una fermata dal destino
- Autore: Robert Krause
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nord
- Anno di pubblicazione: 2024
Un tempo e un luogo, una mattina d’estate segnata dalla storia. È il 13 agosto 1961, il luogo la stazione di Monaco di Baviera, Germania Occidentale.
La storia incombe sul destino dei tedeschi dell’est che si accingono a tornare dall’altra parte. I quartieri orientali di una Berlino non ancora separata dal Muro e prossima ad esserlo, da quel giorno. Alla stazione di Monaco, quella mattina è dunque soltanto in apparenza una mattina come le altre: il treno per Berlino sarà l’ultimo treno autorizzato a varcare il confine tra le due Germanie. Per quasi trent’anni il Muro sarà molto più che 112 chilometri di pezzi di asfalto, pietre da pavimentazione e filo spinato.
L’Antifaschistischer Schutzwall sarà una ferita psicologica inferta a cittadini della medesima patria - amanti, amici, familiari -, costretti a interrompere ogni contatto. Fino al 1989 (l’anno della cosiddetta "caduta" della Barriera Antifascista) di qua e di là dal Muro significherà guardare al mondo di qua e di là di oriente e occidente europei. Due microcosmi ideologici dicotomici tra loro. Significherà percepirsi vicini e lontani al tempo stesso, sentimenti, sogni e legami di sangue immolati sull’altare delle realpolitik. E non soltanto tedesca della DDR.
A una fermata dal destino di Robert Krause (Editrice Nord, 2024, trad. Roberta Zuppet) si offre alla lettura come un romanzo corale e circolare.
Nonostante le trecento pagine (e passa) si divora d’un fiato, possiede spessore introspettivo e filosofico al contempo.
Fino a che punto il destino (o l’immanenza della storia) incidere sulle scelte individuali? Fino a che punto può determinare o soggiogare i sentimenti?
Per questo motivo, tanto le stazioni di avvicinamento alla frontiera occidentale, quanto il treno che veicola un’umanità sorpresa alle spalle da una notizia deflagrata come ordigno sulle coscienze dei viaggiatori tedeschi dell’est, si caricano di valenze simbolica. Come il convoglio di Runaway Train di Andrej Končalovskij vengono investiti di mitopoiesi aggiunta: la stazione come luogo di snodo, il treno come convoglio ontologico per approdare o fuggire da una sorte che sembrerebbe essere sorte decisa e collettiva.
Per i passeggeri del convoglio ferroviario, tre ore appena per arrivare a una decisione che vale una vita: restare sul treno fino alla destinazione berlinese oppure scendere a una delle stazioni di transito, e rimanere in Occidente. Senza casa, lavoro, famiglia, abitudini di vita consolidate, con tutto il male che ciò può significare in territorio occidentale e dunque “capitalistizzato”.
Robert Krause è abile a reggere le fila di un’avvincente storia di gruppo, frugando fra i fantasmi del passato prossimo (il Secondo conflitto mondiale) e gli spettri probabili del futuro. A rovistare tra le pieghe di personaggi al loro sliding doors. Anti-eroi per caso o per necessità, gravati dal peso delle decisioni ultime, scissi interiormente forse più ancora che ideologicamente. Un articolato campionario di esistenze in transito – una band di giovani tedeschi dell’est, un’anziana signora incerta se rivedere o meno il figlio rifugiato a Garmisch, almeno due coppie indecise tra aspirazione e sogni repressi, amore e fede politica, ecc. ecc. –; costrette all’aut-aut. A una svolta esistenziale che è presa di coscienza e può significare fortuna o rovina.
Krause – da giovane fuggito ad Ovest dalla DDR – è anche sceneggiatore: lo si percepisce dal tratto registico con cui si misura con una delle date cardine della storia contemporanea, congegnando un plot di ampio respiro.
Una trama principale a cui convergono gli affluenti delle storie dei diversi personaggi, a significare come - a prescindere dagli agguati del destino - il coraggio di scegliere determina il discrimine fra vita subita e vita voluta.
A una fermata dal destino
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