Secondo le ultime notizie sembrava vero che gli studiosi fiorentini dell’Accademia della Crusca avessero sdoganato l’utilizzo transitivo dei verbi di moto: i nervi sono saltati e, visto l’uso massiccio, l’Accademia della Crusca avrebbero ammesso l’utilizzo di espressioni come “esci la sedia” o “scendi il cane”.
Ma come stanno realmente le cose? Lo ha spiegato Claudio Marazzini, il presidente dell’Accademia, ad Agi. Gli accademici non hanno infatti mai decretato che l’utilizzo di espressioni come esci la sedia sia corretto.
“Scendi il cane” o “esci la sedia”: ecco spiegata la polemica
I docenti possono stare sereni: espressioni come quelle citate sopra saranno ancora da considerare come errori da correggere. Il dibattito è iniziato a seguito di una nota pubblicata l’11 gennaio ad opera di Vittorio Coletti, uno degli accademici. Sono in molti i lettori che si chiedevano se fosse corretto abbinare il verbo sedere con l’oggetto diretto di persona dando vita ad espressioni come "siedi il bambino". La risposta dello studioso è stata la seguente: "Diciamo che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali".
La risposta, considerata fraintendibile, ha dato il via a una serie di speculazioni su espressioni come “scendere il cane”.
Il presidente Marazzini è intervenuto in prima persona volendo fare chiarezza sulla situazione: "Il problema è che ogni volta che si trasferisce un discorso scientifico sottile su un piano mediatico si producono risultati perversi. Coletti ha guardato con simpatia a una spinta innovativa che trasferisce un modo di dire popolare, accettandola nell’eccezione della quotidianità e delle situazioni familiari. Naturalmente se viene trasportato nella grammatica della scuola nascono dei problemi perché l’insegnante sarà comunque chiamato a correggere quelle forme nell’italiano scritto e formale”.
La questione, insomma, è che Coletti non ha mai voluto intendere che espressioni come “scendere il cane” siano ammissibili in un contesto scritto o a scuola. Si tratta di espressioni su cui si può sorvolare solamente nell’ambito del linguaggio parlato.
Parlando di errori comuni come l’utilizzo dell’accento scrivendo “qual è”, Marazzini ha spiegato la differenza tra la lingua scritta e quella parlata: la prima è regolata, non nasce spontanea, mentre la seconda può rispecchiare delle tendenze che la linguistica cerca di cogliere ma la grammatica no, costituendo un limite invalicabile.
Concludendo, il presidente si è detto divertito dal "moto di entusiasmo e dalla grande soddisfazione" con cui le persone "hanno visto promuovere un errore tipico a tendenza di interesse, ma non bisogna dimenticare che resta estraneo a un italiano formale sorvegliato e di livello alto".
L’italiano, così come le altre lingue, deve essere stabile perché, cambiando troppo in fretta, corre il rischio di sparire ma, sempre parlando di espressioni come queste, "è evidente che si tratta di una forma linguistica che molti italiani usano, magari sapendo che nell’italiano formale non è bene usarlo e autocensurandosi in contesti più elevati”.
In conclusione, va bene nel linguaggio parlato ma in quello scritto e formale l’italiano non ammette espressioni quali “scendere il cane” o “sedere il bambino”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Accademia della Crusca, no a “scendere il cane”: ecco spiegato l’equivoco
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