Tutti gli studenti di Lettere hanno studiato sui suoi libri, letto i suoi saggi, meditato sui suoi testi critici. È scomparso ieri, all’età di 89 anni, a causa di un improvviso arresto cardiaco Alberto Asor Rosa, il grande teorico della letteratura italiana.
Il suo nome non si dimenticava facilmente dacché lo si leggeva per la prima volta sul frontespizio di un libro, di un testo, di una pagina stampata: Asor Rosa, un palindromo, il nome perfetto per uno studioso di letteratura. Spesso veniva citato familiarmente solo come “Asor”, un nomen omen che già identificava lo studioso che racchiudeva in sé il simbolo poetico e misterioso della rosa.
Un grande protagonista della nostra cultura e della scena letteraria, ma non solo, anche un esponente di spicco della politica italiana. Alberto Asor Rosa aveva incarnato in tutto e per tutto la coscienza di un letterato. Aveva militato nel Partito Comunista e molti suoi saggi erano volti a esaminare il rapporto macchiavelliano tra intellettuale e Potere. In nome di questo impegno fu definito spesso “l’intellettuale battagliero”, o “l’intellettuale operaista” ma anche “l’intellettuale dissidente”. Il legame inscindibile tra letteratura e politica, letteratura e società era espresso perfettamente da Alberto Asor Rosa che si rese testimone, attraverso i suoi scritti, del cambiamento delle ideologie dimostrando che la scrittura è sempre fattiva, è sempre un atto politico, poiché è immersa nella società in cui viviamo, flusso della Storia. Ogni scrittore è figlio del proprio tempo e questo legame era dimostrato nel famoso saggio di Asor Rosa intitolato Scrittori e popolo (1965) in cui analizzava l’ottica populista della letteratura italiana impegnata tra Ottocento e Novecento, oppure nell’approccio più storiografico dello scritto Thomas Mann o dell’ambiguità.
Ripercorriamo ora la vita e l’impegno nel campo della critica letteraria del grande “intellettuale battagliero” dai baffi spioventi e lo sguardo pensoso.
Alberto Asor Rosa: la vita
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Era nato a Roma nel 1933 in una famiglia della piccola borghesia. Il padre era un impiegato delle ferrovie e il piccolo Alberto era cresciuto nella zona di Piazza Tuscolo.
Si era diplomato presso il Liceo Classico Augusto e, in seguito, laureato in Letteratura italiana all’università La Sapienza. Il suo relatore era stato il grande Natalino Sapegno , critico di spicco e uno dei maggiori studiosi del Trecento letterario italiano. In sede di laurea Asor aveva discusso con Sapegno e Giuseppe Ungaretti la sua tesi dedicata a Vasco Pratolini, che in seguito era stata pubblicata divenendo il suo primo saggio.
In gioventù militò nel Partito Comunista, scrivendo per diverse riviste quali Quaderni rossi, Classe operaia, Laboratorio politico e Mondo Nuovo. Intraprese la carriera dell’insegnamento come professore di liceo. In questi anni progettò e diresse la collana einaudiana “La letteratura italiana” pubblicata in 20 volumi dal 1987 al 2000.
Dal 1972 divenne professore ordinario di Letteratura italiana presso La Sapienza dove insegnò per ben cinquantadue anni, ritirandosi a malincuore dopo aver sforato il limite dell’età pensionabile. Terminata la carriera di insegnante si dedicò con impegno alla narrativa, alla saggistica letteraria come critico militante scrivendo anche su varie testate tra cui Repubblica.
Nel 2002 era uscito, per Einaudi, il romanzo L’alba di un mondo nuovo (2002) in cui narrava la sua storia familiare. Sempre per Einaudi nel 2005 era uscito il suo secondo romanzo Storie di animali e altri viventi un vivace racconto dedicato agli esseri non umani. Seguirono alcune raccolte di racconti come Gli amori sospesi (Einaudi, 2007) che narravano il leitmotiv dello scollamento tra desiderio e appagamento del desiderio. Dopo anni consacrati alla critica e alla saggistica Asor si era reinventato come narratore, dimostrando di avere una penna affilata ma al contempo, inusitatamente, elegante nel narrare di sé e del mondo che lo circondava.
L’impegno nella critica letteraria di Alberto Asor Rosa
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Il suo primo saggio di critica dirompente Alberto Asor Rosa lo pubblicò appena trentenne: si intitolava Scrittori e popolo (1965) e sanciva un punto di rottura nella storia della critica letteraria poiché in quelle pagine mescolava storia della letteratura italiana e nuove istanze politiche.
Nei suoi saggi Asor non indagò solo il rapporto tra intellettuale e potere ma anche il ruolo stesso dell’intellettuale novecentesco che ormai considerava scomparso nella cultura del nuovo millennio.
Nel saggio Il Grande silenzio (Laterza, 2009) presagiva la scomparsa del legame tra cultura e politica, definendo il “vuoto del pensiero critico” nel quale oggi ci troviamo immersi. Nel 2011 pubblicò un’altra raccolta di saggi di critica letteraria intitolata Le armi della critica. Ma non si trattava del suo ultimo scritto, Alberto Asor Rosa tenne la penna saldamente impugnata come una spada sino alla fine.
Tra le sue opere più recenti ricordiamo Machiavelli e l’Italia. Resoconto di una disfatta (2019), in cui intrecciava la vita di Machiavelli e uno dei momenti più contraddittori della storia italiana, e L’eroe virile. Saggio su Joseph Conrad (2021) che analizzava i principali protagonisti delle storie conradiane che avevano il privilegio di essere esposti a pericoli estremi e di sapere come fronteggiarli. Asor invitava i lettori a salpare con lui imbarcandosi sulla grande nave della letteratura, infinita fucina di storie millenarie che, lui lo sapeva e cercava di spiegarcelo, insegnano agli uomini a vivere.
Ieri, 21 dicembre 2022, se n’è andato un gigante della scena letteraria e culturale italiana: lui, però, probabilmente non si sarebbe definito “gigante”, si sarebbe considerato un nano. È la metafora sacrale che definisce il progresso intellettuale: “come nani sulle spalle dei giganti”, citazione attribuita a Bernardo di Chartres. Alberto Asor Rosa ha consacrato la sua stessa vita a questo insegnamento: dimostrando a tutti i suoi lettori, e a sé stesso in primis, che per vedere oltre bisogna sempre rivelare il debito dei moderni verso gli antichi. Fare tesoro dei grandi testi e dei grandi autori del passato, appoggiarci sulle loro spalle, per scorgere aldilà di queste il mondo nuovo che ci attende: non è l’acutezza della nostra vista o del nostro ingegno a insegnarci a vedere, ma l’altezza a cui ci porta la conoscenza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Addio ad Alberto Asor Rosa, l’intellettuale militante della letteratura italiana
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