Alberto Ronchey. La Russia, l’Italia e il Fattore K
- Autore: Andrea Nelli
- Genere: Storie vere
- Anno di pubblicazione: 2013
“Credo che Ronchey sia il giornalista europeo che più a fondo ha scavato nei problemi del mondo, che meno ha concesso al sensazionalismo e al colore”.
Quale migliore frase di questa, scaturita dalla sagace penna di Indro Montanelli, citata nella Prefazione di Alberto Sinigaglia per definire la personalità di Alberto Ronchey (1926 – 2010), giornalista, saggista, docente universitario, ministro dei Beni Culturali, che seppe cogliere con anticipo l’evolversi degli eventi al quale l’autore dedica una documentata ed esauriente biografia.
Andrea Nelli, al suo esordio letterario, delinea in maniera esemplare l’insegnamento etico di un testimone del Novecento, il quale con la sua lezione e con il suo intelletto seppe porre in evidenza un’epoca contrassegnata “da sconvolgenti trasformazioni”. Di convinzioni “laiche, liberali e repubblicane”, l’umanista Ronchey ricordato come l’inventore di formule entrate di diritto nel patrimonio collettivo (“lottizzazione” sulla Rai, “fattore K” sul PCI, “superpotenza sottosviluppata” sull’Unione Sovietica) è stato un osservatore originale e acuto di sessant’anni di storia italiana e mondiale.
L’autore nella redazione della biografia ha preferito soffermarsi sulle indagini realizzate da Ronchey intorno al mondo comunista e in particolare nell’Unione Sovietica. L’editorialista, infatti, fu un grande narratore della guerra fredda e dei due grandi colossi mondiali che si fronteggiavano in una sorta di equilibrio del terrore in vista di un eventuale conflitto atomico. Il giornalista/saggista iniziò la carriera giovanissimo presso il quotidiano La Voce Repubblicana del quale fu in seguito anche direttore; Ronchey lavorò al Mondo di Mario Pannunzio e al Resto del Carlino, inviato a Mosca per il Corriere della Sera. In ogni sua attività ha portato quell’idea di giornalismo rigoroso e concreto, “pragmatico e anti ideologico”, fondato sull’approfondita analisi di fatti, date e cifre, tutto verificato con cura. L’intellettuale lucchese Pannunzio fu un maieuta per Ronchey dal quale apprese il concetto di “giornalismo totale” là in quella redazione del settimanale “grandiosa scuola di scrittura” nelle stanze di via Campo Marzio, al quale collaborare per “i giovani di belle speranze” significava ottenere una sorta di “patente di nobiltà”. Direttore dal 1968 al 1963 del quotidiano La Stampa di Torino, Ronchey noto per l’eleganza London style e per i termini inglesi di cui abbondava negli editoriali odiava i refusi, le sviste tipografiche o gli errori redazionali che venivano da lui intercettati e fatti correggere anche dopo che il giornalista aveva portato a casa una copia della prima edizione. Sinigaglia ricorda che “con lo stesso puntiglio e la stessa passione”, Ronchey
“perseguiva l’idea di arricchire il prestigio della Stampa di una moderna attenzione alla politica internazionale, all’economia, alla cultura, alle incalzanti trasformazioni della società”
con molti scrittori di grande rilievo del periodo. Il romano Ronchey, di lontane origini scozzesi, nacque a Trastevere, nel 1926, il padre Ugo “piccolo commerciante”, conseguì studi classici e poi la laurea in Giurisprudenza. L’ingresso nella militanza politica e nel giornalismo avvenne grazie all’incontro con il deputato PRI Giovanni Conti. Il regno del giornalista a Torino era la sua vasta e irregolare stanza al giornale con ampie finestre sul Po. Prova della libertà e dell’attendibilità della “testata d’autore” (“eleganza grafica, chiarezza di scrittura, linguaggio preciso”), del direttore e dei giornalisti, era l’immagine appesa a una parete dello studio di Ronchey di un operaio Fiat seduto sul tetto di Mirafiori durante un’occupazione, assorto nella lettura della Stampa. Quindi “fatti, non ipotesi sui fatti” corredati da fotografie parlanti e narranti ripensando alla lezione di Pannunzio, fondatore del Mondo e di Arrigo Benedetti fondatore dell’Espresso. Editorialista del Corriere della Sera e di Repubblica, Ministro per i Beni Culturali e Ambientali per i governi Amato (1992 – 1993) e Ciampi nei due anni successivi e Presidente del gruppo editoriale Rizzoli Corriere della Sera (1994 – 1998), impegnato in coerenti battaglie di civiltà, “fustigatore dei vizi e dei disservizi del Belpaese”.
Giornalista indipendente, Ministro innovativo, (la Legge Ronchey del gennaio 1993 fu voluta per dare efficienza a musei statali, biblioteche e archivi), Alberto Ronchey è morto il 5 marzo del 2010. Furio Colombo ricordando il collega scomparso ripensando alla dote di Ronchey di intuire l’evolversi degli eventi nelle sue analisi attraverso i decenni, scrisse:
“ha visto giusto, ha visto prima più di una volta”.
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