Nel 1989 Roberto Vecchioni pubblica un nuovo album registrato in studio con testi e canzoni inedite intitolato Milady (etichetta: CGD). La prima traccia del nuovo album ha un titolo suggestivo: Alessandro e il mare. Il brano, sorretto da una melodia soffusa che evoca il sogno e l’attesa, incornicia la voce dell’autore/aedo che intona in crescendo un racconto epico sconfinante dalla dimensione reale alla leggenda.
Scopriamo testo e riferimenti letterari della canzone.
“Alessandro e il mare”: il testo della canzone
ll tramonto era pieno di soldati ubriachi di futuro
fra i dadi le bestemmie e il sogno di un letto più sicuro;
ma quando lui usciva dalla tenda non osavano
nemmeno guardare:
sapevano che c’era la sua ombra sola davanti al mare.Poi l’alba era tutta un fumo di cavalli,
gridi e risate nuove;
dove si va, passato il Gange,
Generale, parla, dicci solo dove:
e lui usciva dalla tenda bello come la mattina il sole:
come in una lontana leggenda,
perduta chissà dove...E tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d’argento,
che poteva soltanto guardarla,
mai buttarcisi dentro.Non un capello fuori posto
mentre entrava a cavallo nel mare,
e il cuore, il cuore gli batteva addosso
come a una donna che si va a sposare;
e tutti lo seguirono cantando
senza nemmeno sospettare,
e gli andarono dietro contenti
di dover annegare.E tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d’argento
che poteva solo guardarla
mai buttarcisi dentro.E mentre si voltava indietro
non aveva niente da vedere;
e mentre si guardava avanti
niente da voler sapere;
ma il tempo di tutta una vita
non valeva quel solo momento:
Alessandro, così grande fuori, così piccolo dentro.
“Alessandro e il mare”: analisi, significato e riferimenti letterari
Ancora una volta Roberto Vecchioni, cantautore, scrittore e per lunghi anni professore di latino e greco nei licei, attinge al repertorio della Storia e del mito per comporre un racconto in musica, dedicato stavolta all’ultima avventura di Alessandro Magno che, dopo aver conquistato il mondo, muore attraversando il mare seguito dal suo esercito. Il mare, l’unica cosa che ancora non gli appartiene, la conquista suprema. Come l’Ulisse dantesco, anche Alessandro sembra provare, al culmine della sua gloria, un’irrequietezza interiore, una sete ancora implacata di conoscenza che lo spinge a un “folle volo” .
Il tramonto era pieno di soldati ubriachi di futuro
fra i dadi le bestemmie e il sogno di un letto più sicuro;
ma quando lui usciva dalla tenda non osavano
nemmeno guardare:
sapevano che c’era la sua ombra sola davanti al mare
Nel fermento e nel caos di un campo dopo la battaglia, Alessandro esce dalla tenda come un Dio greco che scende sulla Terra dall’Olimpo. La sua sola presenza, esemplare di una atarassia celeste, sovrasta uomini e cose, convertendo la nostalgia e l’ebbrezza in un sentimento più nobile di attesa che dispone quegli uomini stanchi e vogliosi “di un letto più sicuro” prima ancora che in eroi impavidi in bambini innocenti e spensierati, pronti a cimentarsi in un gioco elettrizzante e a elevarsi oltre i propri limiti (“Fatti non foste” - sembrerebbe quasi di sentire l’eco delle parole di Ulisse immortalate da Dante sovrapporsi nel silenzio improvviso, al discorso muto di Alessandro che parla unicamente con la sua magnetica presenza). Un Dio ha attraversato le fronti e gli occhi stanchi di quei soldati, trasmettendo loro un’ebbrezza diversa dal vino e dalla paura, una volontà di scoperta che è più di un comando.
dove si va, passato il Gange,
Generale, parla, dicci solo dove
E quei soldati, rinnovati da quello sguardo, sono già pronti a ricominciare, a ripartire.
e tornava bambino,
e tornava bambino,
quando stava da solo a giocare nei viali
di un immenso giardino;
la fontana coi pesci
dai riflessi d’argento,
che poteva soltanto guardarla,
mai buttarcisi dentro.
Ma Alessandro è già altrove. In un’infanzia prossima e remota che ha i contorni di un giardino e di una fontana “coi pesci dai riflessi d’argento” presso cui si intratteneva, da piccolo, a giocare “mentre stava da solo”.
Alessandro dunque, pur avendo conquistato in poco tempo il potere e la gloria, ha conservato un animo da bambino, pieno di stupore e desiderio di scoperta. E ora, alla vigilia della sua ultima impresa, con un mondo intero sotto il suo dominio e l’ignoto ancora tutto da scoprire, sospeso tra un passato che è già leggenda e un futuro che somiglia a un ritorno, tutto il suo mondo si restringe a quel luogo fatale dell’infanzia, il giardino della Reggia, e a una fontana che lo incantava. Ma non gli era permesso gettarcisi dentro perché era il figlio del Re e, fin dalla nascita, il suo severo destino era segnato e doveva prepararsi a diventare un grande guerriero e prendere il posto del padre.
Non un capello fuori posto
mentre entrava a cavallo nel mare,
e il cuore, il cuore gli batteva addosso
come a una donna che si va a sposare;
e tutti lo seguirono cantando
senza nemmeno sospettare,
e gli andarono dietro contenti
Ora, al cospetto del mare, Alessandro tornato bambino, con il cuore che gli batte forte, riassapora e comprende la ragione profonda che lo ha spinto ad attraversare il mondo e a conquistarlo fino ai confini più remoti. Non la fama, e neppure il potere o la ricchezza, ma un desiderio di compimento, di realizzare quel senso di stupore e di meraviglia che coincide con un sentimento sacrale della vita e in cui consiste il suo mistero più profondo e il suo fascino.
Alessandro ha dovuto affrontare e conquistare l’infinitamente grande per riappropriarsi dell’infinitamente piccolo: quel giardino con la fontana che è la sua infanzia negata e in cui lo attende l’essenza della vita.
Una vita, quella di Alessandro, come quella dei grandi eroi, fondata pertanto su un paradosso formidabile: attraversare costantemente il pericolo e la morte, assaporare il sangue e il ferro, disseminare l’esistenza nel viaggio e nella guerra rischiando ogni momento di perdersi e perire, per riscoprire intatta dentro di sé una condizione primigenia di innocenza e libertà. Ed eccolo, di fronte al mare, che nella sua vastità amplifica e realizza i contorni della fontana coi pesci, integro e inscalfibile (“non un capello fuori posto”) e al contempo emozionato e tremante “come una donna che si va a sposare”.
Così appare Alessandro nel suo incontro nuziale con la morte, che lo attende nella profondità di quel mare dove è pronto a tuffarsi con il suo esercito (che lo segue, quasi ammaliato e contagiato dall’entusiasmo del suo capo) , per chiudere il cerchio di una vita e risarcire un destino restituendogli verità e significato, compiendo quel supremo, essenziale gesto di libertà che da bambino gli era stato negato.
Alessandro, così grande fuori, così piccolo dentro.
Molti sono i temi che Vecchioni immagina e ci canta in questa canzone: l’infanzia negata, la solitudine del Potere, l’inessenzialità effimera della Gloria e il desiderio insaziabile della libertà da riassaporare e riconquistare anche attraverso il sacrificio di se che è, in realtà, la parabola del Destino, di un Dio che sceglie di tornare bambino per riappropriarsi della propria umanità ed essere finalmente e semplicemente un uomo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Alessandro e il mare” di Roberto Vecchioni: testo, significato e riferimenti letterari della canzone
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