Dovremo attendere la notte di Pasqua per tornare a riascoltare nelle chiese il canto dell’Alleluia, parola abbandonata per tutto il periodo quaresimale.
Termine di origine antichissima, alleluia viene utilizzato ancor oggi come interiezione, non solo nelle celebrazioni liturgiche cattoliche e greco-ortodosse ma anche nel linguaggio comune, come esclamazione.
Cosa significa Alleluia? Cosa significa quando detto in una normale conversazione? Perché non si dice in chiesa per tutto il periodo di quaresima? Scopriamolo insieme.
Significato ed etimologia di alleluia
La parola alleluia ha origine dalla lingua ebraica nella quale hallĕlū Yāh era un’espressione composta col significato di lodate (hallĕlū) il Signore (Yāh). Yāh nello specifico rappresenta la prima parte del tetragramma sacro col quale in ebraico viene indicato il nome di Dio e che secondo la tradizione religiosa non può mai essere scritto né pronunciato per intero così come nel libro dell’Esodo, al capitolo 20 versetto 7, viene espresso testualmente:
“Non pronunciare il nome del Signore Dio tuo, invano; perché il Signore non riterrà innocente chi pronuncia il suo nome invano”
Il termine alleluia è giunto sino a noi, arrivando persino ad essere conosciuto in altre lingue, esattamente in questa forma. Dal hallĕlū Yāh ebraico si passa, infatti alla traslitterazione greca ἀλληλούια sino al latino alleluia.
Perché non si canta l’Alleluia in Quaresima?
L’invito a lodare il Signore attraverso l’espressione alleluia ricorre spesso all’interno della Bibbia ebraica e ancor oggi questo termine viene utilizzato nella liturgia cattolica nel canto che precede la lettura del Vangelo, sebbene durante il periodo di Quaresima nella liturgia cattolica venga omesso. Il motivo è presto detto: la Quaresima, in quanto periodo penitenziale, non può prevedere canti e inni di gioia al Salvatore, compresi Alleluia e Gloria, come specificato nella Lettera circolare della Congregazione per il culto Paschalis sollemnitatis (16 gennaio 1988) per le indicazioni sulla preparazione e celebrazione delle feste pasquali.
Il periodo della Quaresima dovrebbe essere utilizzato dal fedele come momento di penitenza, preghiera, raccoglimento, praticando digiuno ed elemosina nel segreto del proprio cuore. Anche a livello visivo le Chiese cambiano nel periodo quaresimale: gli altari sono più "spogli", senza fiori, e dalla V domenica di Quaresima vengono coperti anche le immagini sacre e i crocifissi, perché il fedele deve mettersi in una condizione di attesa anelante della Resurrezione e massima concentrazione in preparazione del Triduo Pasquale.
I crocifissi rimangono coperti fino al termine della celebrazione del Venerdì Santo; le immagini sacre fino all’inizio della Veglia Pasquale. Viene così reso anche il gesto simbolico che tutto viene "svelato" grazie alla resurrezione di Cristo e tutto da lì ha principio.
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Il canto dell’Alleluia riprende nelle celebrazioni solo al termine dei quaranta giorni di quaresima, nella notte di Pasqua. Con la resurrezione del Signore, vengono reinseriti e cantati gli inni di giubilo.
Nelle Chiese di rito orientale e nella Chiesa ortodossa, invece, l’Alleluia viene cantato anche durante il periodo della Quaresima.
Usi di alleluia nel linguaggio contemporaneo
Come anticipato, oggi il termine alleluia viene spesso utilizzato nel linguaggio informale, ben lontani dal senso religioso dell’espressione. In questo caso, infatti, la parola risulta essere una semplice esclamazione di gioia quando finalmente qualcosa è stato portato a termine esattamente come si sperava.
Alleluia nella Divina Commedia
Oltre al termine alleluia, in letteratura è possibile notare l’utilizzo del verbo alleluiare col significato di cantare l’alleluia.
Dante fa sua questa particolare espressione nel canto 30 del Purgatorio col verso
La revestita voce alleluiando
che viene interpretato come “mentre la voce riacquistata (dai beati risorti) canterà alleluia”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Alleluia: significato, etimologia e perché non si dice in Quaresima
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