Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento
- Autore: Giulio Busi e Silvana Greco
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2022
Diciamolo subito: il volume di Giulio Busi e Silvana Greco, Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento (Il Mulino, 2022 pp. 384) è intanto, editorialmente parlando, un libro splendido, preziosissimo, ricco di illustrazioni su una delle stagioni, il Rinascimento, fondamentali della storia umana e segnatamente di quella artistica.
Così da dar ragione alla strenua sopravvivenza di quello che Umberto Eco fra altri definiva l’oggetto tecnologico per eccellenza, il libro – intendendo va da sé “l’oggetto cartaceo”.
A maggior ragione il piacere tattile e visivo del pregiato volume che raccoglie moltissime immagini di Tiziano, Piero di Cosimo, Pontormo, Michelangelo, Parmigianino e altri, tutti artisti rigorosamente italiani, risulta omogeneo al discorso che percorre i meandri del desiderio, dell’eros, dei giochi di seduzione.
Insomma, esagerando ma non troppo, un libro che quasi aspira nella sua concezione a essere esso stesso un manufatto erotico.
Da precisare che il gioco amoroso del mondo qui raccontato fra ‘400 e ‘500 riguarda un milieu assai elitario – l‘intestazione delle committenze parla chiaro. Solo successivamente una maggiore libertà si estende verso una borghesia media.
Il progetto dichiarato di Giulio Busi e Silvana Greco (orientalista il primo, sociologa la seconda) consiste nel mostrare come in un nuovo modo di concepire i rapporti amorosi, la sempre maggiore estensione della libertà erotica informa l’eccezionale iconografia coeva: dietro all’idealizzata bellezza classica dell’arte rinascimentale, sembra si voglia dire, si muove un universo di atti, gesti e avventure amorose destinate a modificarne il senso profondo.
Uno degli obiettivi dell’opera è mostrare come l’arte, più che, evviva, abbellire, voglia raccontare una nuova stagione delle relazioni umane – come a costituirne una sorta di banco di prova.
Il libro è diviso in cinque parti, che corrispondono alla scansione ortodossa della fenomenologia amorosa: guardarsi, parlarsi, toccarsi, baciarsi e fare l’amore.
Tempi che ordinariamente somigliano a quelli odierni – non a caso pure nel dominio (che a molti sembra devastante nella sua capacità di azzeramento di qualsiasi senso storico) dell’immagine social (Instagram su tutti) “li occhi in prima generan l’amore”, esattamente come scriveva molto tempo prima Jacopo da Lentini, poeta del Medioevo, epoca rispetto alla quale i due autori riprendono sostanzialmente l’interpretazione classica di uno iato significativo con il Rinascimento.
Rimandiamo per semplicità a quanto segnalato sul nostro sito poco tempo fa, a proposito di un libro di Chiara Frugoni A letto nel Medioevo. Come e con chi (Il Mulino, 2022), non per smentire l’assunto dei due autori, ma per ricordare quanto la vexata quaestio sulla discontinuità più o meno netta fra Medioevo e Rinascimento resti ancora una tappa frequentatissima della storia culturale. E come nel libro appena citato sono i testi letterari quelli più idonei a costeggiare le immagini; testi dell’epoca, Il cortigiano di Baldassarre Castiglione, per esempio, le esitazioni del preumanista Petrarca, le note di Leon Battista Alberti, la sfrontatezza finalmente liberata di Aretino, ma soprattutto i classici dell’antichità: Orazio, Ovidio e altri.
Del resto, basterebbero banali memorie scolastiche per ricordare che l’avvio della modernità, solo per paradosso apparente, principia dagli antichi.
Il motivo dello specchio è l’incipit del libro: esso ha da fare col guardarsi e sembra propedeutico alla messinscena del teatro amoroso. Quasi sempre sono le donne a specchiarsi, per l’uomo sarebbe sconveniente, poco virile (come col Parmigianino, al più lo specchio è un escamotage per l’autoritratto). Davanti allo specchio non ci si sistema e morta lì, si ci prepara piuttosto per lo sguardo altrui, per innestare il gioco amoroso; come nella Venere allo specchio di Tiziano la sovrabbondanza di orpelli, monili preziosi, velluti esalta la morbidissima nudità enfatizzando l’eccitazione di chi guarda; peraltro, giocare col mito aiuta a nascondere o viceversa alludere a persone reali, secondo necessità o convenienze sociali. Ancora Tiziano nella Scena amorosa allestisce un ménage à trois in cui un uomo palpeggia un seno della donna (assai compiaciuta) guardando verso di noi mentre un terzo guarda lui: resta un’indecifrabilità complessiva che non dice solo dell’enigmaticità degli amanti, ma sembra dar ragione a quella storiografia dell’arte che da Warburg a Didi-Huberman ci ha insegnato a stare in guardia rispetto a una visione idealizzata del bello rinascimentale (la considerazione è nostra, ché Busi e Greco si tengono dichiaratamente lontani da problematiche esegetiche per specialisti).
Ci si vede, poi ci si parla - magari da lontano, non da Instagram, da un balcone, da una finestra. Ci si apre al mondo attraverso la sessualità – o, volendo, nel teatro del mondo l’eros si ritaglia uno spazio più gioioso, franco, libero. Ma parlarsi, il suono della voce altrui, costituiscono un ulteriore fattore seduttivo: ecco allora la scena primordiale della tradizione ebraico-cristiana, l’invito di Eva a mangiare la mela e la caduta di Adamo, illustrate qui dalla compostezza di Masolino prima, Raffaello poi, fino al Tiziano conservato al Prado, dove la voce incantatoria è solo uno degli elementi della scena in cui nulla più della tentazione carnale è nascosta.
Se invece ci soffermiamo su Michelangelo e diamo un’occhiata all’imponente epistolario troviamo solo note, appunti, storie riguardanti il rapporto con le committenze, lo stato degli affari insomma; fanno eccezione le parole, le prime, che scrive a Tommaso Cavalieri, giovane che gli toglie il sonno e col quale condividerà un sodalizio di anni: le parole insomma ebbero un certo effetto su “Tomaso”.
Arriviamo così alle tre parti conclusive, dove ci si tocca, ci si bacia e si fa l’amore. Greco e Busi riprendono l’interpretazione di Burckhardt secondo il quale “gli uomini e le donne del Rinascimento sono più individualisti dei loro predecessori”: “sono immersi in una sensorialità diversa” aggiungono gli autori.
E soccorre loro anche la teoria del supplemento di “valori tattili” che fu di Berenson, che li individuava “nelle rappresentazioni di oggetti solidi non semplicemente imitati ma presentati in un modo che stimola l’immaginazione a sentirne il volume”.
Ecco, come si diceva all’inizio, sembra che la lezione l’abbiano fatta propria non solo gli autori ma lo stesso editore nella preparazione del volume: una per tutte, l’ Allegoria di Venere e Cupido del Bronzino non solo dice che tutto è pronto per la festa dei sensi, ma essa stessa lo è. Guardare, toccare per credere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento
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