Dall’ebraico ’āmēn al latino āmēn, passando attraverso il greco hamēn: la parola "amen" ha percorso i secoli restando invariata e sviluppando non solo un importante e denso significato per i fedeli, ma anche alcuni laicissimi usi traslati, impiegati quotidianamente.
Da dove deriva e cosa significa esattamente? Quali sono i suoi usi secondari? Scopriamolo insieme.
Amen: da dove deriva
Già presente nei testi biblici più antichi, attraverso il giudaismo la parola amen è stata adottata dalla liturgia cristiana come formula di chiusura di inni e preghiere.
La parola consiste in un avverbio ebraico che significa "in verità", connesso etimologicamente con il verbo ámán, che significa educare e da cui sono derivati sia il verbo credere (indica "ciò che è degno di fede" attraverso la forma causativa del verbo, dal significato "rendere fermo/sicuro"), sia i corrispettivi di "essere certo/vero" e il conseguente sostantivo verità. Proprio con il senso di verità appare nel Nuovo Testamento: "Amen, dico a voi" ha il significato di "In verità vi dico" e così è conosciuto oggi dai fedeli.
Cosa significa?
Nella liturgia cristiana la parola amen è spesso usata come risposta a fine preghiera, per indicare assenso con ciò che è stato detto detto e speranza che venga esaudito quanto richiesto.
A seconda del contesto, può essere tradotta con "così è, così sia, in verità". Oltre al già citato esempio "In verità vi dico", è da ricordare che il legame tra amen e così sia deriva dalla Vulgata, la traduzione latina della Bibbia a opera di San Girolamo, in cui la formula ebraica-greca amen viene tradotta con il latino fiat, la stessa parola con cui Dio inizia la Creazione e la risposta di Maria all’Annunciazione.
Usi traslati
L’uso di amen non si è fermato alla liturgia, ma nel corso del tempo ha sviluppato alcuni usi traslati, che hanno principalmente a che fare con il suo aspetto conclusivo e la sua connotazione di brevità.
Il primo si è evoluto dall’amen usato come formula di chiusura di un testo letterario, di un documento o, appunto, di una preghiera. Da questa accezione sono derivate le espressioni "essere all’amen" (con il senso di "essere alla conclusione") e l’amen che esprime la rassegnazione e la volontà di chiudere un discorso (con il significato di "pazienza, va bene").
es. "Cosa puoi farci? Ormai è andata così, amen."
Il secondo uso fa invece riferimento alla brevità, di cui si possono intravvedere i primi segnali già nei versi danteschi:
"Un amen non saria possuto dirsi
tosto così com’e’ fuoro spariti". (Inferno, XVI, 88-89)
A partire da questa accezione si è diffusa la locuzione "in un amen", usata con il significato di "in un attimo" (come anche la parallela "in un fiat").
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Amen: cosa significa, da dove deriva e usi traslati
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