Sono tanti gli scrittori italiani che hanno dedicato una loro opera alla Liberazione. Il 25 aprile ha segnato, infatti, una data storica per un’intera generazione di autori e non sono mancati quelli che hanno trasferito nelle loro opere le emozioni legate a questa giornata di profondo cambiamento e rinascita per il popolo italiano.
Oggi leggeremo e analizzeremo la poesia che Dino Buzzati scrisse qualche anno dopo il 1945, mettendo in versi la stessa concitata emozione dell’attesa che aveva scritto proprio il giorno della Liberazione sulle pagine del Corriere con l’editoriale dal titolo Cronaca di ore memorabili.
Aprile 1945: il testo della poesia
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull’Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente
a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte
che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
le case non saranno mai più cosi immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua
uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell’aria,
notte e dì, capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici.
Aprile 1945: parafrasi
Ecco: la guerra è finita. Il silenzio è sceso sull’Europa e sui mari che la circondano le navi hanno ricominciato a navigare anche di notte. Dal letto dove mi trovo disteso, posso finalmente osservare le stelle. Come siamo felici! Durante il pasto consumato a pranzo, la mamma si è messa a piangere di gioia: nessuno riusciva a dire una parola tanta era l’emozione. Forse da stasera la gente inizierà a essere buona? Si sentono per le stradi spari di gioia, tantissime finestre sono illuminate; tutti sono impazziti per la felicità, ridono e si abbracciano, e anche quelli più restii a manifestare i sentimenti spendono parole che sembravano aver dimenticato. La pace è la felicità giunta in tutto il mondo! Sono, infatti, finiti tutti gli orrori a cui abbiamo assistito. Non sentiremo più le esplosioni improvvise che, di notte, fanno rabbrividire e le nostre case non caleranno più nel buio della paura dopo aver sentito il rumore degli arei da bombardamento in avvicinamento. Non saranno più recapitate le lettere che contengono i tristi messaggi di morte. Le donne non aspetteranno più al davanzale delle finestre di casa per ore, mesi o anni che un loro caro inviato al fonte ritorni a casa. Le Moire, mandate sulla Terra a prendere persone qua e là senza dare preavviso, non verranno più e smetteremo di sentirle, tiranne capricciose, perennemente nell’aria, notte e giorno. Niente più tutto questo, ecco. Dio, come siamo felici!
Aprile 1945: analisi del testo e commento
La conclusione del secondo conflitto mondiale ha rappresentato per l’Italia la liberazione dalla dittatura fascista e dall’invasione nazista: la liberazione di Buzzati è, nella sua poesia, resa dalla ripetizione del sintagma non più (vv. 19, 20, 23). Per rendere questa condizione dicotomica nella vita del popolo italiano, anche la poesia è strutturata secondo un dopo e un prima il 25 aprile 1945. Per questo, infatti, possiamo leggere il componimento come diviso in due sezioni separate.
La prima, fino al verso 14, racconta dei sentimenti positivi e del ritorno a una vita che sembrava essere perduta: la nuova vita inizia con il silenzio (v. 2) che finalmente si ode in Europa con il tacere dei bombardamenti, ma tale silenzio viene subito soppiantato da altri rumori, che con questo entrano in contrapposizione, di vita vera e positiva. Del resto, dopo anni di conflitto e di morte, dal dolore inimmaginabile per chi non l’ha vissuto, non resta altro che piangere di gioia durante un pasto (vv. 6-7), sorprendersi del navigare delle imbarcazioni durante la notte (v. 3) e gioire della favella ritrovata da parte di quelli che non erano stati in grado, fino a quel momento, di manifestare i propri sentimenti (v. 12). Come siamo felici. (v. 5) esclama senza mezzi termini il poeta: non c’è altro sentimento che non la semplice, ma agognata felicità, a descrivere la condizione provata dagli italiani all’indomani del 25 aprile. Talmente grande è l’ebrezza di gioia da arrivare a pensare che questo sia un giorno di rinascita per l’umanità intera (v. 9), tanto da trasformare tutti in gente migliore.
La seconda sezione che inizia con il verso 15 racconta di tutto quello a cui non si assisterà più con la fine del conflitto: i bombardamenti (v. 15), la paura che fa gelare il sangue nelle vene (v. 16), il dolore di fronte alla notizia della morte di un caro (v. 12), l’attesa interminabile del ritorno di un soldato dal fronte (v. 19), la morte, personificata dalle Moire, smetterà di essere presenza costante e lezzosa nella vita di tutti i giorni (v. 20). Tale sezione negativa si chiude, di nuovo, con la felicità, protagonista di questo inno e grido gioioso alla Liberazione.
Metrica e retorica
La poesia è composta da 24 versi a schema libero, di lunghezza variabile e privi di rime. Notiamo l’anafora della parola "gioia" (vv. 7, 10), del non (vv. 15, 18) e del sintagma "non più" (vv. 19, 20), ripetuto addirittura due volte nello stesso verso al v. 23. La famiglia lessicale della felicità è declinata in diverse forme (felici v. 5, felicità v. 13, felici v. 24). Interessante l’uso della sineddoche della parola "lumi" per indicare le navi (v. 3) e della metafora delle Moire (v. 20) per descrivere la morte. Entrambi gli espedienti conferiscono al testo un’elevata classicità che contrasta con lo stile paratattico della sintassi (ravvisabile nella costruzione in asindeto ai vv- 10, 11 e 12), ma che intensifica senza dubbio la profondità emotiva del racconto della Liberazione.
Altre figure retoriche:
- iperbole: v. 10 "finestre a sterminio";
- enjambement: vv. 6-7 "messa improvvisamente / a piangere", vv. 20-21 "prendere uno qua /uno là senza preavviso";
- anastrofe: v. 12 "i più duri tipi";
- climax: v. 19 "ore, mesi, anni"
- anafora:" ecco" (v. 1 e v. 24), "felici" (v. 5 e v. 24).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Aprile 1945: testo e analisi della poesia di Dino Buzzati
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