Il nome di Arthur Schopenhauer esercita ancora un certo fascino sui contemporanei, forse proprio in virtù del suo pensiero ribelle che ebbe il coraggio di opporsi alle teorie idealiste - all’epoca intoccabili - di Hegel.
Il filosofo tedesco nasceva a Danzica, nell’antica Prussia, il 22 febbraio 1788. Era figlio di un ricco commerciante, Heinrich Floris, e di una scrittrice, Johanna Henriette Trosiener.
La sua giovinezza fu contrassegnata da un evento tragico, il suicidio del padre al quale era molto legato.
Dopo la morte del genitore, Schopenhauer si trasferì con la madre a Weimar, in Germania, dove conobbe Goethe e iniziò a interessarsi alla filosofia. Dapprima decise di iscriversi alla facoltà di Medicina a Gottinga ma poi, sempre più appassionato alle teorie filosofiche, scelse di frequentare Filosofia a Berlino. Concluse gli studi a Jena con una tesi intitolata Quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (1813) che divenne il suo primo saggio, matrice del suo pensiero.
La filosofia di Schopenhauer
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Il filosofo di Danzica scrisse la sua opera più importante, Il mondo come volontà e rappresentazione, sei anni dopo, nel 1819.
Alla sua pubblicazione tuttavia il libro non ottenne grande favore di pubblico: molte copie restarono invendute e furono mandate al macero.
Schopenhauer ebbe l’ardore di criticare, nel suo scritto, il pensiero del massimo luminare dell’epoca: Hegel, che definì senza mezzi termini un “ciarlatano” o, ancora peggio, “un mercenario accademico”. A Hegel attribuiva la colpa di aver posto la filosofia al servizio dello Stato, asservendola, di fatto, al potere. Schopenhauer scardinava soprattutto il massimo assunto della teoria hegeliana secondo cui “Tutto ciò che è razionale è reale” affermando l’esatto contrario: la realtà stessa, il principio che la governa, è irrazionale e dunque non portatrice di armonia cosmica come affermava Hegel.
Secondo Arthur Schopenhauer il principio di volontà annulla l’individuo: l’uomo è condannato a un perenne desiderare, senza tuttavia vedere mai totalmente appagati i propri desideri. L’uomo oscilla quindi, come un pendolo, tra desiderio e noia avendo continuamente nuovi bisogni e necessità da soddisfare: desidera continuamente ma, una volta ottenuto ciò che brama, è spinto a volere dell’altro. Tutto è dunque un perenne ciclo di insoddisfazione e appagamento e il dolore è la diretta conseguenza del desiderio sempre insoddisfatto.
Inoltre Schopenhauer fu il primo a intuire l’importanza del punto di vista, intendendo il mondo come rappresentazione del soggetto, dunque dell’individuo. Il mondo è, sostanzialmente, ciò che ciascuna persona vede.
Di conseguenza non esiste un’esistenza obiettiva o una verità assoluta, tutto è filtrato dal punto di vista di una coscienza soggettiva. Il mondo non è che un insieme di rappresentazioni della coscienza individuale e, in quanto tale, un fenomeno: mera illusione che cela la vera realtà delle cose, il cosiddetto noumeno, la cosa in sé. Tra l’uomo e la vera realtà si pone dunque uno schermo che Schopenhauer chiama velo di Maya, mutuando il termine dalla tradizione indiana. Solo squarciando il velo di Maya dell’apparenza l’uomo potrà conoscere la vera realtà.
All’individuo Schopenhauer riconosce il fatto di essere un soggetto conoscente: attraverso l’esperienza di sé stessi, secondo il filosofo, si può giungere infine alla conoscenza del noumeno. L’uomo può sfuggire al dolore insito nella materia attraverso tre diverse strade: l’arte, la morale. l’ascesi.
L’arte, in particolare, è la prima via di liberazione che il filosofo individua per sfuggire al dolore insito nella vita. Tra tutte le arti poi riserva un posto speciale alla musica, da lui considerata la più sublime.
La musica, la quale oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più.
L’attualità del pensiero di Schopenhauer
Nell’Ottocento il pensiero del filosofo tedesco non accolse grandi favori: era arrivato troppo presto, in anticipo sul proprio tempo. Era il secolo dell’ottimismo, della fede nella Divina provvidenza, nelle “magnifiche sorti e progressive”, tutte convinzioni che la filosofia di Schopenhauer sgretolava come un’atavica menzogna. Il mondo, a suo giudizio, è irriducibilmente ateo e non è guidato da nessun principio o causa ordinatrice e, soprattutto, da nessuna ragione.
Fu il primo a scoprire le pulsioni irrazionali insite nell’uomo, che rappresentano il fondamento della moderna psicanalisi. Il concetto di inconscio e autocoscienza ancora non esisteva; ma lui lo intuì, anticipando le future teorie freudiane.
La nostra moderna società capitalistica, fondata proprio sui desideri e il loro soddisfacimento, sembra riattualizzare il pensiero di Schopenhauer. Il filosofo aveva intuito molte delle dinamiche che ora governano la nostra società come il relativismo, il consumismo, il nichilismo. Sembra che il famoso film Matrix, diretto e sceneggiato dai fratelli Wachowski, si sia ispirato proprio alle teorie del filosofo e al suo velo di Maya: il mondo sensibile non è che una realtà illusoria che nasconde la vera realtà.
Particolarmente attuale è anche il pessimismo storico del filosofo di Danzica. Schopenhauer infatti smentisce la fiducia in un divenire portatore di bene, miglioramento e progresso; al contrario ribadisce la concezione di Storia come l’eterno ripetersi di una tragedia già scritta. Gli uomini, dominati dall’irrazionale Volontà di vivere, sono portati a compiere sempre gli stessi errori; guerre, soprusi e violenze.
Le riflessioni di Schopenhauer sull’arte, il sogno, il dolore umano non hanno perduto un briciolo della loro attualità. Ci appaiono sotto forma di frasi folgoranti e piene di poesia: perché il filosofo tedesco fu il primo a elogiare l’arte e la cultura come strumenti di conoscenza del mondo delle idee.
Nelle sue memorie e nei suoi scritti non mancano gli elogi ai libri, alla musica, alle opere d’arte. Era, a ben vedere, un filosofo estremamente irrazionale, Schopenhauer aveva l’animo di un poeta. Molti infatti lo accomunano al nostro caro Giacomo Leopardi, con cui il filosofo tedesco dimostra un’incredibile vicinanza spirituale.
Arthur Schopenhauer: le frasi celebri del filosofo
- Tutta la mia filosofia si lascia riassumere in una frase: il mondo è la volontà che conosce se stessa.
- Il mondo è una mia rappresentazione: ecco una verità valida per ogni essere vivente e pensante.
- La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia.
- Se noi potessimo mai non essere, già adesso non saremmo. La prova più certa della nostra immortalità è il fatto che noi ora siamo. Perché ciò dimostra che su di noi il tempo non può nulla: in quanto è già trascorso un tempo infinito. È del tutto impensabile che qualcosa che è esistito una volta, per un momento, con tutta la forza della realtà, dopo un tempo infinito possa non esistere: la contraddizione è troppo grossa. Su questo si fondano la dottrina cristiana del ritorno di tutte le cose, quella induista della creazione del mondo che si ripete continuamente a opera di Brahma, e dogmi analoghi di Platone e altri filosofi.
- Il bramanesimo e il buddismo, fedeli alla verità, riconoscono decisamente la palese parentela dell’uomo, come in generale con l’intera natura, così anzitutto con la natura animale e, mediante la metempsicosi e in altri modi, rappresentano l’essere umano come collegato strettamente con il mondo degli animali.
- Nessun animale si stupisce di esistere, eccetto l’uomo.
- Talvolta crediamo di aver nostalgia di un luogo lontano, mentre a rigore abbiamo soltanto nostalgia del tempo vissuto in quel luogo quando eravamo più giovani e freschi. Così il tempo ci inganna sotto la maschera dello spazio. Se facciamo il viaggio e andiamo là, ci accorgiamo dell’inganno.
- Il nostro pensiero di una felicità futura è sempre chimerico: ora c’inganna la speranza, ora ci delude la cosa sperata.
- La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
- Senza libri lo sviluppo della civiltà sarebbe stato impossibile. Essi sono il motore del cambiamento, finestre sul mondo, “Fari, – come disse il poeta – eretti nel mare del tempo”. Essi sono compagni, insegnanti, maghi, banchieri dei tesori del mondo, i Libri sono l’umanità stampata.
- La musica, intesa come espressione del mondo, è una lingua universale al massimo grado, e la sua universalità sta all’universalità dei concetti più o meno come i concetti stanno alle singole cose.
- La filosofia è un’alta strada alpina, a essa conduce solo un ripido sentiero su pietre appuntite e rovi pungenti; è un sentiero solitario e diventa sempre più deserto quanto più si sale, e chi lo percorre non deve conoscere spavento, ma deve lasciarsi tutto alle spalle e di buon animo aprirsi da sé la via nella fredda neve.
- Davanti a un’opera d’arte bisogna comportarsi come di fronte a un principe, e mai prendere la parola per primi. Altrimenti, si rischia di sentire soltanto la propria voce. Declamare è più facile che dimostrare e moraleggiare più facile che essere sinceri.
- La musica, dunque, non è affatto, come le altre arti, l’immagine delle idee, ma è invece immagine della volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettità: perciò l’effetto della musica è tanto più potente e penetrante di quello delle altre arti: perché queste esprimono solo l’ombra, mentre essa esprime l’essenza.
- Se a un Dio si deve questo mondo, non ci terrei a essere quel Dio: l’infelicità che vi regna mi strazierebbe il cuore.
- Io non conosco nessuna preghiera più bella di quella con cui concludevano gli antichi spettacoli dell’India (come anche in altri tempi quelli inglesi terminavano con la preghiera per il re). Dice: ”Possano tutti gli esseri viventi restare liberi dal dolore”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Arthur Schopenhauer: le frasi celebri del filosofo che riassumono il suo pensiero
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Semplicemente fantastico!!!
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