Scrittrice nera, femminista e guerriera, tre attributi che definiscono l’intera esistenza di Audre Lorde, colei che fece delle parole uno strumento di lotta e di rivolta contro ogni forma di pregiudizio. Audre Lorde incarnava il “diverso” in ogni suo aspetto: era straniera, disabile (perché cieca), lesbica e, inoltre, marginalizzata perché donna, esponente del “secondo sesso”. Ma lei trasformò la propria diversità in una forza dal potenziale sovvertitore di un uragano, in una forma di vocazione verso l’autenticità.
Forse oggi la ricordiamo soprattutto per la sua voce politica, ma non dobbiamo dimenticare che quella rabbia, quel desiderio incandescente di rivolta che caratterizzava e accendeva i suoi scritti, fu un tutt’uno con la sua poetica.
Nata ad Harlem il 18 febbraio 1934, in piena Depressione economica, Audre Lorde attraversò un mondo in continuo cambiamento e si fece portavoce di quella rigenerazione. Oggi è considerata un’anticipatrice del Movimento del femminismo intersezionale, perché nei suoi scritti intrecciò il tema del femminismo ad altri motivi di lotta, quali il razzismo, il lesbismo, le discriminazioni, l’invalidità, la malattia.
Fu sempre una combattente, trasformò persino la propria battaglia contro il cancro in una ragione di lotta.
Scopriamo la sua storia.
Chi era Audre Lorde: la vita
Nata nel sobborgo di Harlem da una famiglia di origine caraibica, la piccola Audre rivelò da subito una spiccata propensione per la scrittura e la lettura, nonostante soffrisse di un problema alla vista, una grave forma di miopia che negli anni l’avrebbe resa legalmente cieca. A quattro anni sapeva già leggere e scrivere e a soli tredici anni avrebbe scritto la sua prima poesia. Era la terza di tre figlie femmine, le sue sorelle maggiori si chiamavano Phyllis e Helen. I genitori, Frederick Byron Lorde e Linda Gertrude Belmar, faticavano a integrarsi in una società americana spietatamente razzista e crebbero le figlie in un ambiente domestico avvelenato da risentimento, rabbia, frustrazione, ma trasferirono loro anche l’esempio di una solida e totale dedizione al lavoro.
Sin da bambina Audre ebbe coscienza di trovarsi ai margini, di sentirsi diversa, e questa sua condizione di marginalità fu all’origine della sua passione per la letteratura, prima, e della sua vocazione per la scrittura, poi. Aveva una mente brillante e si rivelò una studentessa dotata: dopo aver frequentato una scuola cattolica, fu ammessa all’’Hunter College High School, un liceo destinato alle menti eccellenti. Si sarebbe diplomata nel 1951, in seguito avrebbe studiato all’Università del Messico e alla Columbia University dove conseguì un master in scienze bibliotecarie nel 1961. Lavorò a lungo come bibliotecaria, prima di dedicarsi all’insegnamento. Nel 1961 pubblicò il suo primo libro di poesie The First Cities, la vena poetica, del resto, scorreva in lei da sempre. Un vezzo poetico era anche il suo nome. Nata con il nome di battesimo di Audrey Geraldine Lorde, ma fu lei stessa da bambina ad abolire la “y” finale per rendere simmetriche le finali di nome e cognome accostati.
Nel 1962 Audre sposò Edwin Rollins, un uomo bianco, ma del resto all’epoca il matrimonio interraziale era già diffuso; il fatto scandaloso nel loro matrimonio era un altro: Audre era apertamente lesbica e Edwin dichiaratamente gay. Nonostante ciò, i due ebbero due figli ed erano d’accordo nell’idea di formare una coppia aperta. Il matrimonio naufragò nel 1970 e successivamente Audre conobbe Frances Clayton, una professoressa di psicologia, che sarebbe stata la sua compagna di vita per lunghi anni. La coppia visse apertamente la propria relazione, alla luce del sole, Frances si prese cura dei figli di Audre, benché i tempi non fossero proprio maturi per accettarlo e ancora il fatto apparisse scandaloso.
Negli anni sessanta Lorde scoprì anche la propria vocazione per l’insegnamento e iniziò a insegnare allo Smith College di New York, in seguito sarebbe stata anche allo Hunter College di cui lei stessa era stata allieva.
Parallelamente all’insegnamento accademico, Lorde continuava a dedicarsi alla scrittura: scrisse saggi, poesie, opere in prosa, che riflettevano i continui cambiamenti di un mondo in ebollizione. In soli dieci anni, tra il 1968 e il 1978, pubblicò ben sei raccolte poetiche. In questo periodo fu lei stessa a definirsi in un’intervista Crazy and Queer. Grazie a lei la questione femminista iniziò a contemplare anche il discorso legato alle minoranze, dunque il razzismo e il lesbismo; il discorso femminista si ampliò contemplando al suo interno anche la lotta delle donne nere e delle donne lesbiche. Erano gli albori di quello che oggi è chiamato femminismo intersezionale.
Le poesie “politiche” di Audre Lorde
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Nel 1971 il suo editore chiese a Lorde di rimuovere la poesia intitolata Love Poem dalla raccolta poetica in uscita. A suo giudizio era scandalosa perché trattava il tema dell’amore tra due donne. Audre sorprendentemente accettò di rimuoverla, ma poi lesse i versi in pubblico, di fatto ufficializzando la sua rivoluzione. La sua voce privata era una voce pubblica. Perché il messaggio fosse più chiaro la affisse sulla porta del proprio ufficio al John Jay College e, in seguito, la pubblicò sul MS Magazine.
Speak earth and bless me with what is richest make sky flow honey out of my hips rigid as mountains spread over a valley
Opponeva una poesia esplicitamente erotica a una società che definiva “patriarcale e anti-erotica”. Consapevole del pericolo di vittimizzazione, Lorde non voleva sottostare al silenzio delle vittime consegnandosi inerte nelle mani del nemico; voleva reagire con forza, esprimendo opinioni sferzanti, anche in disaccordo con la maggioranza.
Nelle sue poesie Audre non rifuggiva argomenti difficili, come il razzismo. Credeva che fosse importante condividere sempre la verità, per quanto dura e dolorosa potesse essere. Nel 1973, in seguito alla morte di un bambino di colore, Clifford Glover, ucciso da un poliziotto bianco sotto copertura (in seguito assolto per il fatto), Lorde scrisse la celebre poesia Power, un urlo di rabbia e indignazione:
A kind of fury rose up in me; the sky turned red. I felt so sick. I felt as if I would drive this car into a wall, into the next person I saw. So I pulled over. I took out my journal just to air some of my fury, to get it out of my fingertips.
Fu proprio la raccolta di poesie Coal (1976), in cui Audre Lorde parlava apertamente del tema del razzismo, a renderla celebre in America e a valerle numerosi riconoscimenti. Erano poesie che parlavano di rabbia, di politica ma anche di identità di genere, poesie d’amore e di lotta. A quella raccolta avrebbe fatto seguito The Black Unicorn (1978), un’esplorazione poetica del patrimonio e della cultura africana.
La produzione poetica di Audre Lorde non era solo una forma espressiva letteraria, era un modo di abitare il mondo, un atto di consapevolezza di sé. Già nella sua voce poetica si intuiva l’attivista che era in lei; infatti Lorde sarebbe stata un membro influente del Black Arts Movement oltre che una femminista radicale attiva in diverse associazioni. Fece della discriminazione uno strumento di lotta, della marginalizzazione un alleato potente contro il conformismo.
Le opere in prosa di Audre Lorde
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Nel 1978 ad Audre Lorde fu diagnosticato un cancro al seno e dovette sottoporsi a una mastectomia. Della battaglia contro il cancro avrebbe scritto nel libro The Cancer Journals, i Diari del cancro, pubblicato nel 1980. In quelle pagine Audre parlò apertamente dei propri sentimenti nei confronti della morte e la lotta aperta, dichiarata, contro la malattia, ma raccontò anche cosa significhi misurarsi quotidianamente con un male insidioso e potenzialmente mortale.
Proprio negli anni di lotta feroce contro la malattia, oltre al diario Lorde scrisse le sue migliori opere in prosa: tra queste quella che definì la propria “biomitografia” Zami. Così riscrivo il mio nome (pubblicata in Italia da Edizioni ETS nel 2014, traduzione di Grazia Dicanio) e Sorella outsider. Scritti politici (pubblicata in Italia da Meltemi nel 2022 con la curatela di Margherita Giacobino e Marta Gianello Guida).
Nel 1990 viene nominata New York State Poet, prima donna di colore a ottenere tale nomina. La rabbia che si avverte sottotono nei suoi componimenti non è mai fine a sé stessa, non è espressione di puro rancore ma di una forma di intelligenza, di un’intelligenza politica.
Morì due anni dopo, nel 1992, a causa di un cancro al fegato a soli cinquantotto anni. La sua ultima buona azione fu sempre letteraria: un libro dal titolo Hell Under God’s Orders, scritto con la sua ultima compagna, Gloria Joseph, che fu donato alle associazioni benefiche per aiutare la popolazione caraibica dopo la devastazione arrecata dall’uragano Hugo. Audre Lorde trascorse i suoi ultimi anni proprio a Saint Croix, nei Caraibi, la terra d’origine dei suoi genitori, nell’arcipelago delle isole vergini americane. Tutta la sua eredità è contenuta nei suoi libri, che sono un messaggio alle future generazioni e anche un’importante presa di coscienza di cosa significhi vivere. La poesia come azione, questo ci ha insegnato Audre Lorde, che con il potere dei versi ha cambiato la Storia. Ha trasformato la “marginalità” in un discorso politico, invertendo la dicotomia tra margini e centro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Audre Lorde, la scrittrice “crazy and queer” che ha rinnovato il femminismo
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