Bambino 44
- Autore: Tom Rob Smith
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2008
Bambino 44 di Tom Rob Smith (Sperling & Kupfer, 2008) è uno degli esordi più eclatanti e sorprendenti degli ultimi anni. E’ un thriller con la T maiuscola ed è un vero peccato che in Italia non abbia raggiunto il successo che merita. La trama è magistralmente architettata sulla base della paura e della suspense. L’intreccio è talmente fitto da non lasciare un attimo di respiro, perché durante la lettura si è totalmente presi dal susseguirsi delle vicende che non lasciano scampo alla distrazione.
L’autore ci presenta sin dalle prima pagine uno sfondo realistico e profondamente intenso come poteva esserlo solo l’Unione Sovietica negli anni ’50, pochi mesi prima della morte di Stalin. E’ un romanzo che presenta un’inequivocabile verità storica che costituisce l’ambiente in cui i personaggi fittizi si muovono ed intrecciano le loro esistenze.
L’incipit è sin dalle prime righe agghiacciante.
Siamo nel 1933, in Ucraina.
Due bambini corrono in mezzo al bosco e stanno inseguendo un gatto. Vogliono acciuffarlo e portare una piacevole sorpresa alla mamma: un pasto consistente dopo infiniti giorni di magra.
Poi il black out.
Solo uno dei bambini tornerà indietro, dell’altro non resterà traccia alcuna.
Con un salto temporale di ben 20 anni, ci troviamo nell’Unione Sovietica, esattamente nell’anno 1953, faccia a faccia con l’eroe del romanzo Leo Dominov, uno dei più importanti esecutori dell’MGB, l’organo che a quei tempi monitorava la gente attuando direttamente la politica e gli ordini dello stato. In altre parole le mani di Stalin. La legge era una sola: chiunque poteva essere considerato una spia e quindi condannato a morte se solo su di lui piombava il minimo sospetto. Anche il vicino di casa poteva denunciarti se solo aveva il sentore che tu eri un traditore con la speranza di avere in cambio una possibilità di sopravvivenza, in un paese in cui, a quell’epoca, Stalin e Lenin fecero più morti di Hitler.
Fame, ignoranza, punizione, cannibalismo, uccisione, deportazioni, i più alti crimini dell’umanità si concentravano esattamente in quei anni, gli anni in cui vive Leo Dominov, il protagonista della nostra storia. Sin dalle prime pagine appare come il cattivo, un uomo privo di scrupoli, forse non ha neanche una coscienza, e ce ne accorgiamo quando l’ennesimo bambino viene trovato ucciso, con il suo corpo lacerato accanto alle rotaie di un treno, ed egli comunica al padre che è un suo collega ciò che i suoi superiori gli ordinano di dire: il bambino è morto per un incidente. Una grossa bugia che non fa altro che aggiungersi alle infinite bugie che Dominov e altri come lui sono costretti a dire nel rispetto degli ordini dello stato. Ma lui sa che non è così, conosce la verità e la verità porta direttamente sulle tracce di un serial killer che uccide bambini da anni e il bambino 44 del titolo non è altro che la quarantaquattresima vittima di un crimine che resta ancora impunito.
Il punto centrale del romanzo non è la ricerca del serial killer come invece ci si aspetterebbe, ma è la crescita spirituale di Dominov e il suo cambiamento interiore.
Egli si presenta come un uomo ferreo, estremamente convinto di obbedire a tutto ciò che gli viene chiesto, così come gli è stato insegnato. Non riconosce nessun Dio se non quello del gruppo MGB al quale appartiene. Sin da subito capiamo che ne ha combinate tante, tra torture, uccisioni e imprigionamenti sempre in nome di una legge che all’epoca era totalmente discutibile ma per lui no.
Purtroppo, però o per fortuna, il castello di carta che si è costruito comincia a vacillare quando gli viene chiesto di spiare e tenere sotto controllo proprio una persona che lui ama: sua moglie.
A quel punto, conoscendo perfettamente i sistemi dell’MGB, sa che se verrà ritenuta colpevole sarà uccisa.
Da quel momento, Dominov comincia a riflettere sulla propria esistenza, su tutto quello che ha fatto fino a quel momento e si rende conto di aver sbagliato, di aver considerato come legge qualcosa che era completamente immorale.
E’ da qui in poi che il libro si carica di una tensione totalmente nuova. Non solo c’è uno sfondo giallo, ma anche un’introspezione psicologica molto forte che porta ad immedesimarsi completamente nel personaggio e a vivere con lui tutti i cambiamenti del suo spirito che lo porteranno a pentirsi e a redimersi.
La redenzione per lui ha un solo significato: trovare il killer dei bambini.
Il suo percorso sarà tortuoso e difficile, diventerà un ribelle perché si opporrà agli ordini per salvare la moglie e comincerà la sua ricerca che diventerà l’unica arma che ha a disposizione per riscattarsi.
Un bellissimo libro come se ne leggono pochi. Un finale molto originale che non lascia dubbi.
La capacità dell’autore emerge nella dettagliata descrizione del periodo storico in cui il testo è ambientato. Nulla viene lasciato al caso. La realtà storica prende il sopravvento, e al di là della trama strutturata tra la ricerca del serial killer e il percorso psicologico che affronta Dominov, ciò che colpisce maggiormente è il clima in cui tutto è inserito. Sembra davvero di assistere a quelle scene terribili che milioni di persone hanno realmente vissuto all’epoca. Ci si pone domande che restano senza risposta e ci si chiede ancora una volta come sia stato possibile sopravvivere a certi soprusi e nefandezze.
Insomma Bambino 44 è un thriller dagli ampi risvolti che non lascia inesplorati gli orizzonti dell’anima e della storia. L’immagine di copertina la vince su tutto senza tradire le aspettative.
Un uomo vestito di nero che cammina sulle rotaie di un treno.
La solitudine e il freddo.
Il bambino in mezzo.
Solo un numero, e poi la morte.
Neve bianca e rosso sangue.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Bambino 44
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Leggevo con assoluto piacere la bellissima recensione di Antonietta Mirra, che centra il vero “atout” di questo romanzo, la descrizione accurata, fredda, crudele di quanto accadeva in pieno regime stalinista, senza spazio alcuno ad indulgenze.
La fame, la povertà, il freddo, la continua paura di fare qualcosa di sbagliato, o anche solo di pensarlo qui, è talmente palpabile, che è immediata l’immedesimazione nei personaggi principali; e anzi almeno, per me, più in Raisa, la moglie, che in Leo: quel suo disperato senso di sopravvivenza che l’accompagna anche nelle scelte sentimentali, “scegliere il male minore” diventa il suo monito, e solo una rinnovata sensibilità le permetterà di aprirsi a nuove emozioni.
Un thriller dai tempi perfetti, che ha confermato le mie aspettative; non mi resta che vedere se il film, che al libro si è ispirato, riporti fedelmente interazioni e sensazioni.