Batteria, fuoco! Ricordi di un ufficiale del 71° Werfer-Regiment durante la campagna d’Italia 1943-1945
- Autore: Johann Golda
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2024
Per la prima volta nel nostro paese, viene pubblicato un memoriale e documento storico di stretto interesse per gli italiani: il diario inedito di Johann (Hans) Golda, Batteria fuoco! Ricordi di un ufficiale del 7° Werferer-Regiment durante la campagna d’Italia 1943-1945, pubblicato da il Mulino (Bologna, settembre 2024, fuori collana, 288 pagine) su progetto dell’Istituto storico ravennate della Resistenza e dell’età contemporanea per cui lavora Marco Serena, curatore di questa edizione.
Gli appassionati di storia e delle vicende belliche delle due guerre mondiali dovrebbero ringraziare il ricercatore dell’Istoricora di Alfonsine per la curiosità personale e professionale che lo ha spinto a rintracciare all’estero il testo delle memorie dell’ufficiale austriaco della Wehrmacht, che ha combattuto in Italia dall’8 settembre 1943 alla resa a Ghedi (Brescia), in mano alleata, alla fine delle ostilità. Grazie alla traduzione di Lorenza Castellari, ha potuto lavorare sul documento e realizzare un ottimo contributo storiografico, diventato un bel volume di ampio e inusuale formato (17x24 cm), per i tipi della società editrice bolognese.
Nell’autunno 2019, l’Istituto ha chiesto copia del diario di Golda al Bundesarchiv di Friburgo, 127 pagine dattiloscritte presumibilmente negli anni Ottanta in collaborazione con alcuni ex commilitoni. Sono i ricordi dell’ex capitano, detto der Alte. Il soprannome, traducibile come “il vecchio”, era diffuso tra i tedeschi a indicare il comandante di un reparto. Non va inteso perciò nell’accezione anagrafica, per quanto Golda fosse comunque più grande dei giovani coscritti che via via rimpiazzavano i caduti e i feriti.
Su Johann Golda non è stato possibile reperire molte informazioni. Era austriaco, sposato e con un figlio; si sa che prima di arrivare in Italia aveva preso parte alla campagna di Polonia e Francia; aveva frequentato la scuola allievi ufficiali, assegnato poi al Servizio Chimico a Brema e trasferito a un Werfer-Regiment sul fronte orientale. Un veterano, quindi, con tanta esperienza sul campo, in diversi teatri di guerra.
A fine febbraio 1943, avrebbe dovuto imbarcarsi dalla Sicilia per il Nordafrica, che non raggiunse a causa della sconfitta dell’Asse in Tunisia. L’allora sottotenente Golda divenne comandante dell’8a batteria di Nebelwerfer, un sistema lanciarazzi multiplo nato come arma nebbiogena e impiegato sempre più spesso in funzione di artiglieria pesante. Le unità Nebelwerfer si schieravano a ridosso delle prime linee, costrette a cambiare posizione subito dopo il lancio di razzi di vario calibro, perché la lunga scia di fumo lasciata rendeva chiaramente visibile la posizione della batteria.
Per l’assordante rumore allo sparo, gli Alleati chiamavano Moaning Minnie (Minni la lamentosa) o Screaming Mimi (Mimi urlante) il lanciarazzi a 5 o 6 canne grandi e corte, omologo, a parte questo, del sovietico Katjuša.
Il Reggimento, come quasi tutta l’artiglieria tedesca, operava accorrendo in un settore o l’altro del fronte italiano, chiamato dove c’era bisogno di rafforzare una linea o contrastare offensive nemiche. Pur patendo scarsità di uomini, di mezzi e di materiali, la Wehrmacht riusciva a condurre una guerra difensiva efficace, sfruttando il territorio appenninico e i numerosi corsi d’acqua.
Al capitano Golda non piacevano gli Italiani. Nella lettura, si nota l’ostilità. Un paese di “traditori”, che l’8 settembre 1943 avevano rovesciato l’alleanza e rivolto le armi contro i Tedeschi, fino a qualche ora prima camerati. I soldati? Non disposti a combattere e militarmente inefficienti. I partigiani? Altro che patrioti contro l’occupazione straniera, solo “banditi”, indegni del rispetto dovuto ai militari di un esercito regolare nemico. Era legato a stereotipi difficili da superare. Faceva eccezione solo per qualche civile, soprattutto ragazze, apprezzava l’incanto del paesaggio, amava la nostra arte, che ammirava e conosceva avendo probabilmente compiuto studi classici. Lo confermano la qualità della scrittura e la sobrietà sintattica, per quanto le sue annotazioni non siano esenti da sviste, refusi, imprecisioni, anche sulle operazioni belliche in Italia.
Serena insiste sulla rilevanza dei ricordi di Golda. Si allargano alle dinamiche umane collettive, alle motivazioni ed emozioni degli uomini nella Campagna d’Italia e offrono una testimonianza diretta dei combattimenti. Nel diario annota le condizioni atmosferiche, giudica le relazioni con gli Italiani. Il documento è anche un contenitore di opinioni personali e sentimenti: paura, rabbia, compassione, disprezzo, invidia, cameratismo. Sul piano militare, consente di avvicinarsi alle tattiche operative e alle strategie.
Chiarissima e fondamentale la spiegazione del sistema di combattimento privilegiato dall’esercito tedesco, la tattica dell’incarico, Auftragstaktik. Gli ufficiali inferiori erano addestrati e autorizzati a prendere decisioni sulla base di quanto vedevano sul campo di battaglia, rispettate anche dai comandanti di grado più elevato. Questo garantiva flessibilità e rapidità d’azione, consentiva d’interpretare le situazioni contingenti e reagire efficacemente d’iniziativa, al contrario della Befehlstaktik, tattica dell’ordine, in uso in tutti gli altri eserciti: il sottoposto eseguiva l’ordine impartito dall’alto, senza poterlo variare.
Di fatto, il giovane ufficiale inferiore doveva “attaccarsi alla radio” e risalire la catena di comando per chiedere una modifica, il più delle volte rifiutata. Una prassi che portava a decisioni ritardate dall’eccesso di prudenza: secondo Johann Golda, il nemico avrebbe vinto in pochi mesi in Italia, vista l’enorme superiorità di mezzi, se avesse lasciato perdere la cautela, semplicemente travolgendo con un attacco deciso un avversario estremamente più debole.
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