Il 20 agosto si festeggia San Bernardo, proprio quel santo che riveste un ruolo chiave nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Nel Canto XXXIII del Paradiso è infatti Bernardo di Chiaravalle a intercedere, pregando la Beata Vergine affinché Dante possa contemplare la luce ineffabile del volto divino.
La preghiera di San Bernardo scritta da Dante, nota anche come Inno alla Vergine, ha ormai una fama che valica i confini della letteratura sconfinando quasi nell’ambito devozionale.
La storia di San Bernardo, del resto, non è meno affascinante: fu mistico, abate e teologo, fondatore dell’abbazia di Clairvaux, ma è anche noto per aver rinnovato l’Ordine dei Cavalieri Templari.
La sua vicenda esistenziale si smarrisce al confine tra realtà e leggenda e, come tutte le storie in bilico, si rivela interessante materia letteraria, pronta a essere plasmata come argilla e cantata dai poeti. Nella realtà dei fatti Bernardo è molto diverso dal Santo che dimora nel cielo etereo del Paradiso celeste cantato da Dante; come tutti i mortali si rivela più ambiguo, sfuggente, a tratti persino feroce.
Scopriamo la sua vera storia.
San Bernardo: la vita e la vera storia
Il suo vero nome è Bernard de Fontaines, ma è stato italianizzato in Bernardo di Chiaravalle, per indicare la località francese in cui era nato attorno al 1090.
Proveniva da una famiglia nobiliare, dotato di tutti i privilegi, destinato a una vita agiata. Era biondo e salubre, il volto pieno, gli occhi azzurri, il carattere gentile; era portato per gli studi, in particolare per la grammatica e la retorica ma, dopo la morte dell’amata madre, scomparsa quando lui aveva soli diciassette anni, decise di farsi monaco cistercense.
Entrò così nel monastero fondato dal benedettino Roberto di Molesmes a Citeaux. Non era solo; lo seguivano diversi compagni - era infatti una figura carismatica, un abile predicatore capace di mobilitare le folle al suo seguito - e ben quattro dei suoi fratelli.
Dopo due anni di preghiera si sarebbe trasferito nella zona di Champagne per fondare una propria abbazia: Clara Vallis, detta anche Chiaravalle. Nel suo monastero Bernardo accolse molti amici e seguaci, tra cui figuravano anche parenti e il suo stesso padre, rimasto vedovo. Si dedicava alla preghiera e alle opere di carità cristiana, ma anche alla lettura e alla scrittura: scrisse numerose preghiere di proprio pugno - le più celebri erano quelle dedicate alla Madonna - e altre opere teologiche, la cui più nota è De diligendo Deo (Sul dovere di amare Dio) e un commento al Cantico dei Cantici.
Scrisse sermoni, lettere e trattati su temi quali la Grazia e il libero arbitrio, la necessità del battesimo e un’analisi del comportamento dei vescovi nella celebre lettera De moribus et officio episcoporum.
San Bernardo e la condanna di Abelardo
Per circa una decina di anni Bernardo si dedicò esclusivamente al proprio ordine e al proprio monastero di Chiaravalle, poi, man mano che la sua fama cresceva, iniziò a estendere la sua influenza anche ad altri ambiti della vita ecclesiastica. Il suo intervento si rivelò decisivo nel concilio di Étampes del 1130 per decidere quale dei due Papi fosse quello legittimo, la scelta di Bernardo cadde su Innocenzo II che infatti fu quello designato. Dopo il ruolo chiave giocato in questa elezione papale, Bernardo tenne sotto scacco pure il Papa, che in questo modo era in qualche maniera soggiogato alla volontà dell’abate, essendogli eternamente riconoscente per la propria nomina e dunque devoto seguace.
L’autorità morale di Bernardo di Chiaravalle era intransigente: lo dimostra il fatto che fu il principale accusatore delle dottrine di Abelardo nel concilio di Sens del 1140 e colui che lo fece condannare. Non contento del risultato, Bernardo scrisse anche una lettera
a Papa Innocenzo II dal titolo Contro gli errori di Abelardo, in cui ribadiva la scorrettezza della definizione di fede che Pietro Abelardo tramandava ai suoi discepoli. Abelardo a quel punto era in viaggio verso Roma per chiedere l’intercessione papale e, quando scoprì che quest’ultima gli sarebbe stata negata, riparò all’esilio nell’abbazia di Cluny. Proprio quell’esilio che tanto dolore provocò alla sua Eloisa.
Leggenda narra che Bernardo e Abelardo si siano poi riconciliati grazie a un incontro indetto con la mediazione dell’abate di Cîteaux; ma non ci è giunta notizia di come, in seguito, Bernardo reagì alla morte precoce dell’amico-rivale. Ne fu veramente addolorato? Ciò che conta, in ogni caso, è notare il ruolo decisivo - e antagonista - avuto da Bernardo nella vicenda di Abelardo. Agì in nome della fede, certo, ma distrusse la reputazione e il destino di un uomo.
San Bernardo: le opere
Tra le opere principali di Bernardo di Chiaravalle ricordiamo i già citati trattati, tra cui l’importante De diligendo Deo nel quale è contenuta la celebre esortazione ad Amare il Signore senza misura e la chiarificazione dei quattro gradi fondamentali dell’amore:
- “L’amore verso sé stessi”: il grado più basso, in cui l’uomo ama sé stesso e non contempla Dio.
- “L’amore di Dio per sé”: l’uomo venera Dio ma solo in risposta ai propri bisogni e necessità.
- “L’amore di Dio per Dio”: l’uomo venera Dio in quanto tale, nella preghiera e nella contemplazione.
- “L’amore di Sé per Dio”: ovvero il grado ultimo, in cui l’uomo è dimentico di sé e si abbandona all’esperienza di fede.
Oltre ai celebri trattati, Bernardo è noto per le sue preghiere alla Madonna, che infatti ispirarono lo stesso Dante Alighieri nella scrittura di Vergine Madre, figlia del tuo figlio che mise in bocca proprio a un San Bernardo trasfigurato per l’occasione in veste letteraria e posto al vertice del Paradiso.
San Bernardo nel Paradiso di Dante
Il Sommo Poeta lo descrive, nel Canto XXXI del Paradiso, come un “vecchio dall’aspetto venerando”. Nella Divina Commedia è narrato come un “padre amorevole”, un “tenero padre”, e sarà l’ultima guida del Poeta verso la sommità Paradiso cui Beatrice non può accedere, poiché sono giunti nell’Empireo, l’ultimo cielo dove si trova la candida rosa di tutti i Beati e gli angeli volano verso Dio.
Bernardo fa la sua comparsa nel Paradiso dantesco dopo la scomparsa di Beatrice, quando il Poeta si volta per parlare alla sua musa e, smarrito, deve constatarne l’assenza: “Ov’è ella?” domanda sgomento e a questa domanda, inaspettatamente, risponde Bernardo.
A terminar lo tuo disiro
mosse Beatrice me dal loco mio.
Sono le prime parole pronunciate da Bernardo, che afferma di essere stato chiamato dalla stessa Beatrice per guidare Dante nell’ultimo cielo. In seguito il personaggio si introduce come il “fedel Bernardo” della Regina del Cielo, dunque di Maria. La presentazione del Santo, nella Divina Commedia, è in funzione di Maria: l’abate si presenta come servo e fedele della Madonna. Dante ci introduce Bernardo affermando che fu colui che attraverso la sua vita contemplativa sperimentò, in terra, la beatitudine del Paradiso.
Fu scelto dall’autore non per caso: Bernardo di Chiaravalle era considerato uno dei grandi Padri della chiesa, un religioso ma soprattutto un mistico, indicato come “lumen gloriae” in quanto capace di unire filosofia e teologia, conoscenza razionale e fede rivelata: la visione divina era un atto dell’intelletto nelle parole di Bernardo. E, significativamente, è proprio lui a intercedere perché Dante possa ammirare il volto di Dio. Il Sommo Poeta racconta che la sua mente “fu percossa / da un fulgore in che sua voglia venne”.
Ma forse il Bernardo conosciuto dai lettori di Dante, soggiogati dalla sua aura mistica a un passo dalla contemplazione divina, è molto diverso dall’uomo Bernardo, poco conosciuto nella sua veste storica, ma di certo non meno interessante.
San Bernardo e l’Ordine dei templari
Da uomo del suo tempo, Bernardo di Chiaravalle fu uno strenuo difensore del potere politico della Chiesa, come dimostra anche il suo impegno a favore delle Crociate. In occasione del Concilio di Troyes, Bernardo, dietro commissione del Papa Eugenio III, adattò la regola benedettina alle esigenze della vita militare: nasceva così la regola dell’Ordine dei Templari.
Nel trattato De laude novae militiae si appellava alla santità della guerra per consacrare i cavalieri al ruolo di monaci-guerrieri in nome della fede in Cristo.
La prima parte della Laude militare redatta da Bernardo per designare i Templari recitava così:
Non hanno proprietà personali, nemmeno la loro stessa volontà gli appartiene. Sono vestiti semplicemente e coperti di polvere, la faccia bruciata dal sole, lo sguardo orgoglioso e duro: prima della battaglia si armano interiormente con la forza della fede ed esternamente con il ferro, il loro unico gioiello è la loro arma.
Fu sempre lui a predicare l’esigenza della seconda Crociata tra il 1146-47. Esaltava l’ordine sacro della Chiesa con la sua formidabile retorica e le sue doti di oratore: si dice che una sua parola fosse in grado di spopolare intere città. Teorizzò, in occasione delle Crociate, una teoria ambigua, detta teoria del malicidio, secondo cui chi uccide un uomo cattivo - ovvero che si oppone a Cristo - non uccide davvero un uomo. Secondo l’opinione dell’abate chi uccideva durante le Crociate non era un omicida, ma un malicida, poiché uccideva il Male che era nel cuore dell’uomo.
Bernardo si spense nell’abbazia di Chiaravalle il 20 agosto 1153, quando ormai aveva creato un impero religioso. Alla sua morte lasciava ben 350 monasteri del suo ordine cistercense sparsi per l’intera Europa, una sorta di vero e proprio regno dei cieli in terra per gli uomini di buona volontà. Fu canonizzato nel 1174 da papa Alessandro III nella cattedrale di Anagni, in seguito Papa Pio XII gli dedicò un’enciclica dal titolo Dottor Mellifluus. Era chiamato così, il Dottor Mellifluo, poiché la sua eterna lode a Gesù scorreva “come miele”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La vera storia di Bernardo di Chiaravalle, l’abate che Dante collocò in Paradiso
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