Da una settimana nel giornalismo da terza pagina svedese si discute di un articolo uscito sulla rivista online Kvartal.
L’articolo accusa la notissima scrittrice di gialli Camilla Läckberg - tradotta e molto venduta anche in Italia - di non essere l’autrice di tutti i suoi libri. Il giornalista Lapo Lappin, autore dell’articolo, ritiene che almeno due dei suoi romanzi recenti, Donne che non perdonano e Il gioco della notte, siano stati scritti da qualcun altro, ovvero da un ghostwriter.
Per il primo di questi ha identificato l’autore: è l’editor di Läckberg, lo scrittore Pascal Engman.
Per chiarire si precisa il significato del termine “editor”, ossia è la persona in una casa editrice incaricata di analizzare e rivedere un testo soprattutto da un punto di vista formale.
Ma come si arriva a formulare l’accusa? Lo strumento utilizzato è quello dell’intelligenza artificiale. Prima una ricerca sullo stile, poi l’uso del tool Jgaap (Java Graphical Autorship Attribution Program), alimentato dall’IA.
Scopriamo più nel dettaglio il caso e le smentite dell’autrice.
Il caso Läckberg: c’è davvero un ghostwriter?
Camilla Läckberg è molto nota come autrice di gialli in molti paesi del mondo e anche in Italia, dove è pubblicata da Marsilio e da Einaudi: i suoi libri sono stati tradotti in oltre quaranta lingue e hanno venduto svariati milioni di copie.
La voce che esistesse un ghostwriter di Läckberg circolava anche prima, ma è sempre stata smentita dall’editore. Lappin sostiene di avere ottenuto le prove di questa teoria dopo aver analizzato i suoi romanzi con due programmi che identificano lo stile di un autore sulla base dell’uso, dell’accostamento e della ricorrenza delle parole nei suoi scritti. Sia la casa editrice, che Pascal Engman, che la stessa Läckberg hanno negato che ci sia qualcosa di vero dietro le accuse di Lappin.
Camilla Läckberg si difende sui social
Camilla Läckberg è tornata poi a smentire le accuse, ribadendo di aver sempre lodato il collega per averle insegnato “un modo nuovo di scrivere”. Poi è passata al contrattacco, accusando la “casta” letteraria di giudicarla con la puzza sotto il naso.
Per 20 anni – ha scritto su Instagram – ho vissuto in due mondi. Un mondo all’estero, dove i miei libri sono spesso lodati, anche in contesti di alto livello. E un mondo in Svezia, dove vengo costantemente presa di mira da “persone di cultura” che vogliono dire quanto scrivo male.
Sui social abbiamo colto qualche commento: “lo stile dell’opera assomiglia a quello di altre sue opere. Non credo a un bieco computer.” Oppure: “a me il romanzo è piaciuto, il resto non mi interessa.”
La scrittrice conclude che i suoi detrattori vogliono sostenere una tesi:
Dicono che non sono una “stilista” abbastanza brava e quindi non merito il mio successo e non merito così tanti lettori. I lettori hanno torto. Il mio linguaggio è troppo semplice, troppo colloquiale. Ciò che sfugge loro in questa equazione è che uno scrittore dovrebbe essere prima di tutto un NARRATORE! (scritto in maiuscolo, Ndr). Ed è qui che risiede la mia forza. Sono una narratrice, non una stilista.
E non ho mai sostenuto il contrario. Il mio linguaggio quotidiano è un buon veicolo per le mie storie. Non ho mai avuto l’ambizione di vincere il premio Nobel”.
Nell’articolo sul magazine Kvartal si legge che l’addetta stampa della scrittrice ha respinto le accuse. Nel 2021 il libro Ghostwriter di Håkan Lindgren descrive la situazione di una scrittrice che fa ricorso a un ghostwriter.
Il libro di Lindgren aveva suscitato i primi dubbi sull’originalità dei testi di Läckberg e già allora la scrittrice aveva dichiarato che Engman ha sempre e solo lavorato come suo editor.
In un vecchio post su Instagram, l’autrice aveva scritto di aver ringraziato pubblicamente Pascal Engman per il suo aiuto e per averla aiutata a scoprire nuovi stili di scrittura, mentre nei giorni scorsi sullo stesso social ha risposto alle accuse.
Nella caption di un post pubblicato giovedì 5 ottobre, Läckberg ha sottolineato la duplice ricezione dei suoi lavori: da una parte affermata a livello mondiale come autrice di noir, tanto da essere elogiata dal Time, e dall’altra costantemente sminuita dagli intellettuali del suo Paese che ritengono il suo stile troppo semplice e superficiale.
Anche Pascal Engman è intervenuto sulla questione, sostenendo di aver solo svolto il suo ruolo di editor, smentendo di essere un ghostwriter.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Caso Läckberg: c’è davvero un ghostwriter dietro alcune opere della scrittrice svedese?
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