

Il Carnevale è ormai iniziato: maschere, trucchi e costumi impegnano l’immaginazione di adulti e bambini, che tra qualche giorno sfileranno nelle varie città d’Italia. Siamo però sicuri, tra un lancio di coriandoli e stelle filanti, di saper riconoscere i personaggi che abbiamo di fronte? Quali sono e da dove nascono le maschere carnevalesche più famose?
Prima di cominciare, c’è una sola cosa da tenere a mente: le maschere di Carnevale appartengono a tradizioni molto diverse tra loro, non solo dal punto di vista geografico, ma anche dal punto di vista storico e artistico. C’è chi proviene dal teatro dei burattini e chi dalla Commedia dell’arte, chi può vantare origini arcaiche e chi invece è stato ideato più recentemente, come simbolo del festeggiamento stesso.
Vediamole insieme.
Arlecchino

Il nostro elenco non può che iniziare da Arlecchino, che con il suo coloratissimo vestito è tra le maschere più simboliche del Carnevale. La sua carriera teatrale ha inizio verso la metà del XVI secolo, con l’attore bergamasco Alberto Naselli, ma le sue origini, a cavallo tra la tradizione bergamasca e quella francese, si collocano ben più lontane nel tempo e sono ai più sconosciute: Arlecchino, infatti, nel XII secolo, è un demone ctonio, sotterraneo - e molto curiosa è la somiglianza tra le parole Arlecchino e Alichino, uno dei diavoli dell’inferno dantesco.
Persino la sua veste non è stata sempre quella che conosciamo: inizialmente, Arlecchino indossava una lunga tunica bianca con qualche toppa, che nel corso degli anni è stata sostituita con l’aderente vestito coloratissimo. Perché le toppe? La tradizione riporta due versioni: in una, la poverissima madre di Arlecchino mette insieme un vestito festoso con scampoli di tessuto; nella seconda, è l’avaro padrone a vestirlo con le toppe dei propri abiti sdruciti.

Pulcinella
La maschera campana per eccellenza è quella di Pulcinella, con il suo famoso naso adunco. A dire la verità, anche il suo aspetto non è stato sempre lo stesso. In origine, indossava un cappello bicorno e portava barba e baffi. Non solo: a seconda dei periodi, la sua maschera è bianca e la sua pancia prominente spesso diventa una gobba (o due).
Questa confusione è dovuta al fatto che il Pulcinella che conosciamo oggi è stato inventato a Napoli, a inizio Seicento, dall’attore Silvio Forillo, mentre il suo costume moderno è stato inventato solo nell’Ottocento da Antonio Petito.
Il napoletanissimo Pulcinella nel corso del tempo è stato accolto in Europa e di ogni paese ha assorbito le diverse caratteristiche: è diventato corsaro e donnaiolo in Inghilterra (Punch), in Germania si chiama I-Ianswurst (Giovanni Salsiccia), in Spagna si chiama Don Christoval Polichinela.
Colombina

La figura di una servetta furba, cinica e adulatrice non è certo invenzione della commedia dell’arte; le sue origini sono ben più antiche: è infatti già presente nelle commedie plautine. Quello che il Cinquecento effettivamente rivoluziona è però un aspetto fondamentale: finalmente le donne sono ammesse a recitare - fino a questo momento, i loro ruoli sono stati impersonati da uomini.
Fedele compagna (a volte moglie) di Arlecchino, Colombina indossa una gonna a balze, un corpetto e un grembiule. In testa, invece, porta la crestina tipica delle cameriere.
Un’ultima curiosità: dal 2001, durante il carnevale di Venezia, un’artista nei panni della maschera compie il “volo della Colombina”, scivolando su una fune tesa dalla cella campanaria di San Marco fino a palazzo Ducale.

Pantalone
Veneto come Colombina è Pantalone, personaggio tra i più longevi della commedia dell’arte, con la sua attillata veste rossa e il pesante mantello nero. Nasce come scapolo ormai attempato e vizioso, arricchito e avaro, sempre pronto a insidiare le giovani innamorate e le servette, ma perde il suo aspetto buffonesco, assumendo piuttosto i panni del padre burbero e avaro, in seguito alla riforma teatrale di Carlo Goldoni. Il principale obiettivo di Goldoni è, infatti, quello di riportare gli spettacoli a semplicità e naturalezza, abbandonando la volgarità, gli intrecci incoerenti e ripetitivi, i personaggi stereotipati.
Rugantino

La maschera romana più famosa è invece Rugantino. Originariamente burattino, il personaggio impersona “er bullo de Trastevere, svelto co’ le parole e cor cortello”, giovanotto strafottente e insolente, ma in fin dei conti buono e amabile, a volte persino un po’ vile. Che l’arroganza sia la sua caratteristica principale, lo dice il nome stesso, che deriva da “ruganza”.
Inizialmente vestito da gendarme, Rugantino con il tempo dimette la divisa e indossa i panni civili, si fa bullo di quartiere, fino ad assumere un carattere sempre più pigro e bonario, solidale e giusto, tipico della romanità popolare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Carnevale: storia delle maschere più famose
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