Immagine di copertina Credits: Festival Internacional de Cine en Guadalajara, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
Il capolavoro di Gabriel Garcia Marquez, Cent’anni di solitudine (nell’originale spagnolo Cien años de soledad, Ndr) giungeva nelle librerie italiane il 15 dicembre 1968 grazie all’agguerrito editore Feltrinelli che in quegli anni portava in Italia la migliore narrativa sudamericana.
Erano gli anni del “boom mondiale del romanzo latino americano”: grazie a quei romanzi l’Italia e il mondo intero scopriva il vero volto dell’America latina. Autori come il peruviano Mario Vargas Llosa, il colombiano Gabriel Garcia Marquez, l’argentino Julio Cortázar e il messicano Carlos Fuentes spopolavano in quel periodo portando il romanzo ispanoamericano all’attenzione del grande pubblico.
Cent’anni di solitudine pubblicato originariamente dalla casa editrice Editorial Sudamericana a Buenos Aires il 5 giugno 1967, vendette in sole due settimane ottomila copie facendo il tutto esaurito. Marquez, al quale ottomila copie per la prima stampa parevano un numero esagerato, rimase sbigottito dal successo.
Da allora il successo di quest’opera non si è mai arrestato. Nei tre anni successivi alla prima pubblicazione Cent’anni di solitudine ha venduto 600.000 copie. A oggi parliamo di oltre 50 milioni di copie vendute dalla pubblicazione. Cent’anni di solitudine è stato tradotto in 46 lingue.
La prima edizione italiana, nel 1968, generò un successo immediato.Marquez stesso in un’intervista rilasciata l’anno successivo dichiarò che gli italiani erano dotati di grande creatività ed erano quindi i migliori lettori del suo racconto basato sull’invenzione, la fabula e il surreale.
Scopriamo trama e curiosità sul romanzo del 1967 di Gabriel García Márquez considerato una delle opere più significative della letteratura del Novecento nonché l’opera maggiore dell’autore.
Cent’anni di solitudine: la prima edizione italiana
Il 15 dicembre 1968 il capolavoro di Marquez approdò in Italia grazie al fiuto infallibile d Feltrinelli.
L’apparire del romanzo di Gabriel Garcia Marquez nelle librerie italiane divise la critica. Tra i detrattori troviamo scrittori illustri come Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini. Quest’ultimo stroncò Cent’anni di solitudine con una recensione dai toni furenti in cui definiva il libro come l’opera di uno scenografo “scritto con spreco di tradizionale manierismo latinoamericano”. Calvino invece ne criticò la “costruzione barocca”, che riteneva artificiosa.
Marquez aveva creato qualcosa di nuovo mescolando la narrazione storica con la fabula e il surreale. Aveva unito favola e mito, storia e mitologia. La grande novità della sua opera creò una rottura con i canoni classici di narrazione Proprio a causa del suo essere totalmente fuori dagli schemi tradizionali il romanzo non era facile da comprendere né da definire: ma mentre i critici si incaponivano nel commentarlo, i lettori lo divoravano. L’avventura della lettura era il pregio indiscutibile di Cent’anni di solitudine: questa caratteristica i lettori italiani la colsero subito.
Cent’anni di solitudine: la genesi del libro
La genesi dell’opera è più complessa di quel che si pensi. Già nel lontano 1944 un giovane García Márquez era come ossessionato dalla costruzione di un romanzo che doveva narrare una storia familiare. Scriveva pagine e pagine di appunti per un libro che avrebbe dovuto avere come titolo La casa de los Buendí. Ma quell’ammasso di pagine rimase un embrione e poco altro: una storia incompiuta.
L’ispirazione in seguito venne a Marquez nel corso di un viaggio da Città del Messico ad Acapulco. Viaggiava con la sua famiglia a bordo di una vecchia Opel scalcagnata e, mentre guardava i panorami, ritornò in lui l’antica fiamma ispiratrice: quelle terre gli ricordavano i racconti di sua nonna e il villaggio natio di Aracataca.
Nel 1964 Marquez era in preda allo sconforto: la sua carriera di scrittore non decollava, si sentiva un fallito e pensava seriamente di abbandonare il mestiere. Il suo ultimo libro Foglie morte era stato annientato dalla critica. E poi ecco la scintilla dell’ispirazione. Decise di fare marcia indietro: interruppe il viaggio e si rinchiuse in casa a scrivere incessantemente. Scrive l’intera opera in soli diciotto mesi, vivendo come un recluso o, per meglio dire, come un monaco di clausura. Dovette vendere persino l’auto e il televisore per ripagare i crescenti debiti. Il risultato, però, fu eccezionale.
Quando consegnò Cent’anni di solitudine al suo editore, quest’ultimo decise senza esitazione di stamparne ottomila copie. Pareva una follia, ma aveva ragione. Andarono esaurite in meno di due settimane.
Cent’anni di solitudine: la trama del libro
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Crediamo sia sostanzialmente impossibile riassumere la trama di quest’opera complessa e bellissima. Lo stile con cui è narrata, il realismo magico e la lista infinita di personaggi che condividono lo stesso nome rendono quest’ operazione davvero improponibile. Cent’anni di solitudine racconta le vicende di una famiglia, quella dei Buendía, che seguiamo per ben sette generazioni. Figli, nonni, bisnonni e nipoti si susseguono ereditando nomi, geni e tratti identificativi del carattere. Tutto questo genera confusione e un vago senso di smarrimento nel lettore, che ha la sensazione di perdersi in un labirinto di specchi.
La storia dei Buendía ha inizio quando il patriarca Jose Arcadio Buendía fonda l’immaginaria città di Macondo, in Colombia. Dunque sette generazioni, infiniti personaggi dai nomi tutti uguali e il realismo magico che mescola aspetti magici e mistici alla storia dell’epoca rendono questo libro davvero unico. Tramite Buendía abbiamo modo anche di osservare un ’interpretazione metaforica e allegorica della storia colombiana. In un intreccio di vicende favolose, secondo il disegno premonitore tracciato nelle pergamene dell’ indovino Melquiades, si compie il destino della città e della famiglia stessa. L’ immensa parabola della famiglia segue la parabola di solitudine e di sconfitta che sta scritta nel destino di Macondo. L’atmosfera è straordinaria, i personaggi indimenticabili (a volte potrete confonderli, ma anche questo fa parte del gioco), lo stile narrativo magistrale.
Recensione del libro
Cent’anni di solitudine
di Gabriel Garcia Marquez
Da quando José Arcadio Buendía fonda Macondo, e Ursula, sua moglie darà alla luce Aureliano, avrà inizio una lunga e turbolenta storia, con tanto di rivoluzioni, guerre, eventi grandi della vita e abitudini piccole, come quella di fabbricare pesciolini d’oro per poi fonderli e ricominciare daccapo, assecondando il vizio ereditario della famiglia di fare per disfare. In questo tempo infinito e circolare si succederanno vari José Arcadio e vari Aureliano, tutti diversi eppure simili tra loro, e tutti ineluttabilmente condannati a un destino di solitudine. Tutto avrà fine quando finalmente si decifreranno le misteriose pergamene dello zingaro Melquíades. A quel punto, senza più nessuno da seguire in questa folle e a tratti snervante maratonda, vi sentirete molto soli.
Cent’anni di solitudine: curiosità
Sapevate che il romanzo, seppur frutto di un lavoro di ricerca lungo e diluito nel tempo, è stato incredibilmente scritto in soli 18 mesi?
Questo il romanzo è un noto esempio di Realismo magico. Sembra che sia possibile che alcune delle storie e delle vicende narrate nel libro furono ispirate a quelle che raccontava la nonna dell’autore, nella grande casa dove Gabriel García Márquez crebbe.
Alcuni personaggi portano nomi e cognomi di persone reali della famiglia dello stesso scrittore: Márquez, Gabriel, Iguáran, Cotes.
Cent’anni di solitudine: la serie Netflix
Netflix ha prodotto una serie di Cent’anni di solitudine, che rappresenta la prima trasposizione in assoluto dell’opera per la tv.
I Modena City Ramblers hanno scritto delle canzoni splendide ispirate al romanzo. Ve ne suggeriamo due: Remedios la bella (un personaggio del libro) e Macondo Express.
Voi avete letto il romanzo?
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cent’anni di solitudine: trama e curiosità sul romanzo
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