Domenica 16 marzo è morto a Milano Cesare Segre, accademico della Crusca e uno dei più noti critici letterari italiani. Avrebbe compiuto 86 anni il prossimo 4 aprile. Teorico della semiologia, filologo e saggista, è stato anche giornalista, nonché una delle firme più prestigiose delle pagine culturali del Corriere della Sera.
Originario di Verzuolo, in provincia di Cuneo, da una famiglia israelitica, è stato costretto a subire le traversie che le leggi razziali imponevano agli ebrei. Si trovò giovanissimo a fare da “segretario” a Santorre Debenedetti, suo zio, filologo di nota fama, sospeso dall’insegnamento perché ebreo. Questa fu la scuola che gli permise, dopo aver vissuto e studiato a Torino, di laurearsi nel 1950 e nel 1954 di diventare libero docente di filologia romanza, ovvero la scienza che studia le lingue neolatine. A soli 26 anni, praticamente coetaneo dei suoi allievi, egli occupò la cattedra nell’Università di Trieste e, in seguito, di Pavia. Ha insegnato anche in prestigiose università straniere, quali Manchester, Rio de Janeiro, Harvard, Princeton e Berkeley.
Le collaborazioni di Cesare Segre - Innumerevoli sono state le sue collaborazioni per riviste importanti. Ha curato l’edizione critica dell’”Orlando Furioso” e della “Chanson de Roland”.
Inizialmente si è dedicato alla critica stilistica sulla scia di Benedetto Terracini e in seguito si è imposto come uno dei più autorevoli esponenti italiani del metodo strutturalistico, basato sulla teoria comportamentistica dell’apprendimento del linguaggio, secondo la quale l’individuo nasce come tabula rasa su cui una serie ininterrotta di sequenze crea dei meccanismi inconsci di reazione agli stimoli.
I libri di Cesare Segre - Nella sua lunga carriera ha pubblicato diverse opere per Einaudi e di recente la sua produzione è stata accolta in un Meridiano (collana) Mondadori.
Nel 1963, edito da Feltrinelli, è uscito il volume “Lingua, stile e società” dove confluisce l’interesse per la prosa italiana delle origini e per il pluralismo che è caratteristico dei “macaronici”, in sintesi l’emblema di tutta la sua ricerca.
Nel volume autobiografico “Per curiosità” (Einaudi, 1999), Segre ha raccontato che gli era capitato di partecipare ai convegni dei filologi romanzi, ma che presto il suo interesse si sarebbe spostato verso la semiologia, disciplina che aveva radici antiche, ma nuova nel presentarsi al mondo.
Ha scritto inoltre molte prefazioni a testi di linguisti e autori classici della letteratura, non solo italiana.
Viaggiava volentieri, ma sempre in luoghi dove ci fosse un buon centro di cardiologia, da quando aveva avuto un infarto.
“E’ una gravissima perdita. Segre è stato uno dei più autorevoli, influenti e discussi critici della seconda metà del Novecento"
ricorda il critico letterario Alfonso Berardinelli.
Un uomo di apertura eccezionale, dal Medioevo ai giorni nostri, che lascia la moglie Maria Luisa Meneghetti, docente di filologia romanza presso l’Università degli studi di Milano.
Aveva detto:
“La classe politica tende sempre di più ad abbassare il registro perché pensa di conquistare più facilmente il consenso. È la tentazione, strisciante, del populismo. E questo implica il degrado delle argomentazioni, perché, ai livelli alti, il linguaggio è molto più ricco e duttile”.
Uno dei suoi giudizi “fulminanti”, che ci ha lasciato in eredità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cesare Segre: addio a un grande filologo e critico letterario
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