Lo hanno definito il “poeta combattente” perché ha sfidato la dittatura di Pinochet e, secondo i pronostici dei bookmaker, quest’anno avrebbe buone possibilità di vincere il Nobel. Stiamo parlando di Raúl Zurita, il poeta cileno che negli ultimi giorni sta scalando le classifiche degli scommettitori per il Premio Nobel per la Letteratura 2023.
Quella di Zurita è una poesia civile che si fa testimonianza. Il poeta, nato a Santiago del Cile nel 1950, dopo il colpo di stato di Pinochet dell’11 settembre 1973 è stato rapito, torturato e imprigionato, ma non ha mai smesso di manifestare il proprio dissenso per la dittatura sia attraverso le proprie opere che tramite il suo attivismo politico.
Proprio come per il poeta turco Nazim Hikmet, anche la vita e l’opera di Raúl Zurita appaiono unite inestricabilmente, sebbene l’autore cileno non abbia mai patito la pena dell’esilio dalla propria terra natale. Se Zurita non dovesse vincere il Nobel per la Letteratura quest’anno, meriterebbe senz’altro il Nobel per la Pace in quanto, attraverso la sua scrittura, si è sempre battuto per i diritti civili e ha denunciato i crimini contro l’umanità.
Tra le sue opere pubblicate in italiano ricordiamo la raccolta Inri, edita da Edicola Edizioni nel 2021 con la traduzione a cura di Amaranta Sbardella.
In attesa del verdetto di giovedì 5 ottobre, scopriamo la vita e le opere del grande poeta cileno, considerato uno dei migliori autori di poesia contemporanei.
Raúl Zurita: la vita
“Scrivo perché è il mio esercizio privato di resurrezione”
Così il poeta cileno Raúl Zurita descrive ciò che lo guida alla scrittura, pratica che descrive come un dialogo con i suoi “fantasmi”.
I suoi primi testi, scritti negli anni Sessanta, erano poesie che facevano da eco e cassa di risonanza per il movimento studentesco in Cile. Erano scritti rivoluzionari, sovversivi che già facevano di lui un “poeta combattente”.
La poesia di Zurita è sempre stata legata al concetto attivo di performance. Nel 1967, mentre era studente universitario di ingegneria, aderisce all’occupazione dell’università e allo sciopero della fame che durò per ben tre settimane. In quello stesso periodo aderì al Partito Comunista cileno, militando nella Juventudes Comunistas, e scrisse uno dei suoi poemi più celebri El sermón de la montaña (1970), pubblicata su rivista, in cui già tracciava le linee fondamentali della sua poetica in cui la storia del Cile si mescola a un canto di rivolta.
La rivoluzione operata da Raúl Zurita non si limita solamente all’ambito letterario. L’evento spartiacque nella sua vita fu l’avvento al potere di Pinochet, che trasformò Zurita in un acerrimo nemico del regime. Dopo essere stato a lungo torturato e imprigionato il poeta tornò alla vita civile, ma il suo non era l’animo passivo di un sottomesso. In questi anni Zurita iniziò a organizzare delle vere e proprie performance artistiche in luoghi pubblici, volte ad esprimere l’avversione del popolo nei confronti del regime. Per denunciare le torture e le ingiustizie compiute da Pinochet e i suoi seguaci giunse a bruciarsi una guancia con un ferro rovente. Da quel momento, racconta il poeta, maturò in lui una nuova concezione dell’arte: capì che l’arte doveva essere un processo catartico. E, da quel giorno del maggio del 1975, Raúl Zurita stabilì che avrebbe fatto della propria vita un’opera d’arte.
Una delle sue performance artistiche più acclamate e ricordate è quando, il 2 giugno 1982, tramite la scia disegnata da cinque aerei scrive nei cieli di New York, quindici versi della poesia La Vida Nueva. Le frasi che sfumavano nel cielo azzurro recitavano le parole di Zurita: “Il mio Dio è fame”, dicevano “Il mio Dio è neve” e soprattutto “Il mio Dio è no”.
Racconta Zurita che l’aver vissuto per ben 17 anni sotto la dittatura di Pinochet gli ha permesso di capire il significato più intimo della poesia: ovvero “resistenza”. Tra gli anni Ottanta e Novanta, grazie alle traduzioni, la sua opera acquisisce una dimensione internazionale e viene apprezzata e amata in tutto il mondo.
Oggi Raúl Zurita ha settantatré anni e lotta da quasi vent’anni contro il morbo di Parkinson. Afferma che quel male è una conseguenza delle percosse subite durante la prigionia, ma ogni giorno lo affronta con lo stesso eroismo con cui ha combattuto tutte le battaglie - politiche e poetiche - della sua vita.
Raúl Zurita: le opere in italiano
- Tra le prime opere di Zurita tradotte in italiano ricordiamo Canto dei fiumi che si amano (Le parole gelate editrice, 1994), una selezione di poesie de La Vida Nueva, tradotta da Ignazio Delogu.
- Nel 2006 la casa editrice Raffaelli Editore pubblica, nella traduzione di Claudio Cinti, una delle sue opere più celebri Purgatorio , la prima parte della sua trilogia poetica che si conclude con La vita nuova seguendo una rievocazione dantesca.
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Nel 2018, in occasione del conferimento di un Premio di poesia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, è stata pubblicata la silloge Deserti d’amore (Squilibri, 2018) a cura di Marco Fazzini e Sebastiano Gatto. In questi versi Zurita canta la crudeltà del reale cui oppone la sua fede in una resurrezione poetica, mescolando il ritmo del rock alle rime petrose di Dante Alighieri, una combinazione che conferisce alla voce poetica dell’autore cileno un’intensità unica.
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Nel 2019 la casa editrice Valigie Rosse edita la silloge Quattro poemi (traduzione di Alberto Masala), frutto di una selezione operata da Raúl Zurita stesso. In questa raccolta si ritrovano gli snodi fondamentali della poetica e della biografia dell’autore. Dalla visione sublime della natura sino alla tragedia dei desaparecidos, sino al viaggio dantesco che spesso ritorna come una costante nella poesia di Zurita.
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L’ultima opera di Raúl Zurita pubblicata in Italia è la raccolta INRI (il titolo fa riferimento alla scritta apposta sulla croce, ovvero Nazarenus Rex Iudaeorum, Gesù Nazareno Re dei Giudei, Ndr) edita da Edicola Edizioni nel 2021. Il titolo rimanda a una cantilena sacra, a una liturgia, ma in questo libro Zurita non canta il dolore di Dio, ma il dolore degli uomini, cercando di riscattare i loro volti sofferenti dall’oblio. In un turbinio corale di voci, tutte dotate della stessa intensità, Raúl Zurita ricorda che la sacralità di ogni uomo, che in ogni uomo in fondo è conservato il “corpo di Cristo” e che la poesia, l’arte, possono ancora riscattare l’umano dalle barbarie.
Nelle sue poesie civili, politiche, piene di umanità Zurita dà conto delle migliaia di vite desaparecidas.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi è Raúl Zurita, il poeta cileno tra i favoriti per il Nobel
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