Credits photo: Fondazione Carlo e Marise Bo
Il 2 ottobre 1991 ci lasciava una grande scrittrice dimenticata del nostro Novecento, Marise Ferro. La sua fu una penna militante, portatrice di un femminismo ante litteram. Scrisse romanzi, saggi, pamphlet e diresse una delle prime riviste femministe degli anni Quaranta: si chiamava Foemina e della redazione facevano parte, indovinate un po’, Alba de Céspedes, Paola Masino e Sibilla Aleramo. Mentre i nomi di queste autrici si sono in qualche modo riscattati dall’oblio, almeno in tempi più recenti, quello di Marise Ferro - la temeraria direttrice della rivista - no, rimane sempre avvolto in un cono d’ombra, sebbene una casa editrice indipendente come Elliot oggi stia ristampando gran parte della sua opera letteraria.
Il progetto editoriale rivoluzionario di Foemina ebbe vita breve, la rivista chiuse i battenti in soli due anni; perché, almeno a giudizio dei critici di quel tempo, si rivolgeva a un pubblico troppo elitario, forse ancora incapace di accogliere quell’ideale di donna emancipata e disinibita, perfetta esponente della nuova borghesia, proposta dalle pagine illustrate. La rivista non fu più stampata e cadde nell’oblio, ma certo non possiamo dire lo stesso delle voci delle sue autrici. La riscoperta tardiva di Alba de Céspedes e del suo straordinario romanzo Dalla parte di lei è già diventata un fenomeno editoriale internazionale; mentre di Marise Ferro ancora sappiamo poco, spesso è ricordata come la moglie di Carlo Bo e di Guido Piovene, o ancora come la traduttrice di Mauriac e Simenon, ma è giunto il momento di riscattarla da quest’ultimo retaggio di cultura patriarcale. Perché Marise Ferro fu, prima di tutto, una donna libera e dove oggi non arriva la sua voce, giungono i suoi romanzi con la loro dirompente modernità.
Marise Ferro: la vita e le opere
Marise Ferro, come ci suggerisce il suo nome, era italo-francese. Nacque nel 1907 a Ventimiglia e fu battezzata “Maria Luisa”, ma la nonna materna Sylvie, originaria di Tolone, decise di francesizzare il nome della piccola in “Marise”.
Il padre, Giovanni Battista, era un colonnello dell’esercito piemontese dai modi duri e autoritari; ma Marise non ne subì eccessivamente l’influenza perché i genitori si separarono poco dopo la nascita della sorella minore, Silvana. Le bambine furono cresciute nella casa dei nonni materni, dove viveva la madre Vilna.
Dopo la morte del nonno, Marise e la sorella si trasferirono a Genova con la madre e la giovane scrittrice si iscrisse alle scuole magistrali per ottenere la licenza di maestra; ma in seguito deciderà di proseguire gli studi da autodidatta.
Nel 1932, trasferitasi a Roma sempre con la madre e la sorella Silvana, Marise Ferro darà alle stampe il suo primo romanzo dal titolo Disordine pubblicato da Mondadori. Sulla copertina del libro non troneggiava il suo nome di battesimo Maria Luisa, ma il nome che si era scelta: Marise, pronunciato rigorosamente con la e finale muta. Da questo momento la carriera di Marise Ferro, come giornalista e scrittrice, era avviata. La ragazza decise di trasferirsi da sola a Milano per continuare a occuparsi di editoria e letteratura e, proprio nel capoluogo meneghino, conobbe lo scrittore Guido Piovene - all’epoca collaboratore del Corriere della Sera e dell’Ambrosiano. I due si conobbero in redazione e convolarono a nozze il 21 febbraio 1934; poco dopo il matrimonio si trasferirono a Firenze dove Piovene fu chiamato per entrare nella redazione della rivista Pan.
Alla fine di quello stesso anno Marise diede alle stampe il suo secondo romanzo Barbara, edito sempre da Mondadori. Nel 1935 la coppia partì alla volta di Londra, dove Piovene era stato chiamato come corrispondente per il Corriere della Sera. Anche Marise lavorava come corrispondente, scrivendo le Lettere londinesi, una serie di reportage per l’Ambrosiano, e mantenendo attive le sue collaborazioni con varie testate italiane. In quello stesso periodo la giovane scrittrice iniziò a svolgere le prime traduzioni dal francese, dei romanzi di Mauriac e Simenon, che l’avrebbero resa celebre.
Nel 1940 Ferro pubblicò, stavolta per Garzanti, il suo terzo romanzo dal titolo Trent’anni in cui si poteva cogliere, tra le righe, il riflesso della crisi coniugale che Marise stava vivendo con Piovene. I due si separarono e Marise Ferro decise di fare ritorno da sola a Milano dove, poco tempo più tardi, incontrò Carlo Bo.
Il rapporto di Marise con Carlo Bo fu cementato dall’infuriare della Seconda guerra mondiale. La coppia appena nata si trovò ad affrontare numerose difficoltà e, per sfuggire ai bombardamenti su Milano, iniziò un’odissea che li condusse dapprima a Sestri Levante e infine a Valbrona sul Lago di Como. In quegli anni complicati Marise Ferro continuò indefessamente la sua attività di giornalista e scrittrice, collaborando con il settimanale La Sera e il Corriere della Sera e diede alle stampe altre romanzi che risentivano delle atmosfere oscure della guerra, come Memorie di Irene (1944) e Stagioni (1946).
Terminata la guerra l’unione di Marise Ferro con Carlo Bo destava a ancora un certo scandalo, in quanto lei risultava ancora ufficialmente sposata con Piovene. Il matrimonio precedente venne annullato nel 1950 dal Tribunale Provinciale di Vienna e l’inossidabile coppia riuscì a sposarsi con rito civile l’8 giugno 1963.
Negli anni Sessanta Marise Ferro avrebbe pubblicato i suoi libri più celebri che parlavano apertamente del problema femminile, La violenza (1967) e il saggio La donna dal sesso debole all’unisex edito da Rizzoli in cui l’autrice rifletteva sulle problematiche affrontate dalle donne nelle società moderne.
La lunga carriera di scrittrice di Marise si concluse sul finire degli anni Settanta con i romanzi La ragazza in giardino (1976) e La sconosciuta (1978). La brusca interruzione della sua opera letteraria fu dovuta, in parte, a un grande dolore: nel 1979 Marise perse l’adorata sorella Silvana, morta improvvisamente in un incidente d’auto.
Da quel momento Marise si ritirò a vita privata sino alla morte che la colse, al culmine di una lunga malattia, nella sua casa di Sestri Levante il 2 ottobre 1991 all’età di ottantaquattro anni.
Marise Ferro: i libri da leggere
Di recente la casa editrice romana Elliot ha ripubblicato due importanti romanzi di Marise Ferro, con una nuova introduzione a cura di Francesca Sensini.
Due libri da non perdere che ci rivelano tutta la dirompente modernità di questa scrittrice troppo presto dimenticata.
- La violenza: la protagonista di questo romanzo è una ragazza di nome Antonia Orengo che vive in una grande villa con giardino nel ponente ligure. La giovane e ribelle Antonia patisce la violenza di un padre autoritario, Pietro, convinto che il destino di una donna sia nel matrimonio e nella sottomissione al marito. Sarà grazie alla conoscenza di due donne molto diverse dalla madre che Antonia scoprirà la possibilità di una vita nuova. La giovane si rifugerà quindi a casa di Marina, una ricca donna di trentacinque anni rimasta vedova che vive con la cognata di zitella Augusta. Nulla è come sembra e talvolta, come ci dimostra l’acuta penna di Marise Ferro, la violenza può insinuarsi nei legami più intimi e familiari come una belva subdola e feroce. Marina e Augusta sono a loro modo dei “falsi angeli”, ciascuna a proprio modo continua quel gioco insidioso fatto di violenza e sottomissione.
La violenza
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- La ragazza in giardino: scritto quasi dieci anni dopo La violenza è uno degli ultimi romanzi di Marise Ferro. Narra la storia di Laura, una ragazza intelligente e audace, e la sua iniziazione alla vita, all’amore, al desiderio. Cresciuta nel giardino dell’amorevole nonna Leo, in una sorta di simbiosi panica con i fiori e la natura, Laura sa che non vuole essere una donna sottomessa come la madre Luisa. Nella figura della protagonista, Laura, rivive anche l’infanzia di Marise Ferro, a sua volta battezzata a nuova vita dalla nonna francese Sylvia “donna avara e ricchissima” che possedeva un giardino delle meraviglie non molto diverso da quello narrato nelle pagine. Trattando la condizione femminile e la vicenda della giovane Laura, cresciuta con la nonna Leo a
Villa Bra, Marise Ferro narrava anche la sua storia.
In fondo il giardino era un tema ricorrente nei romanzi della scrittrice, una sorta di topos, di paradiso perduto, che apparteneva alla sua memoria d’infanzia.
La ragazza in giardino
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Marise Ferro, la scrittrice che narrò la violenza del patriarcato
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