Ci resta soltanto il piastrino. La storia di Quinto Damiani disperso a Pozdnyakov 21 dicembre 1942
- Autore: Bruno Damiani
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
“2695 (93) 01 Damiani Quinto di Pio e di Sabbadini Giuditta cl. 1920 Basiliano Udine”: l’incisione sulla placca identificativa militare di metallo è tutto quello che abbiamo di un ventiduenne friulano caduto in Russia. Ci resta soltanto il piastrino. La storia di Quinto Damiani disperso a Pozdnyako 21 dicembre 1942 è il titolo scelto dal nipote Bruno Damiani e dalle edizioni lucchesi Tralerighe Libri per il volume ampiamente illustrato dedicato come omaggio postumo al geniere della Pasubio (marzo 1924, 212 pagine). Un libro di formato extra (17x24 cm), ricchissimo di fotografie in bicromia e a colori, di cartine e riproduzioni di documenti e piastrini (la parte iconografica impegna oltre metà delle pagine).
La prima immagine in bianconero delle tante mostra il volto pulito di un ventenne italiano con i baffetti sottili, gli occhi chiari, lo sguardo buono. È tra le migliaia di dispersi nella steppa, di cui purtroppo non si è saputo più nulla finché un oggetto appartenutogli è stato ritrovato e consegnato prima alla famiglia e da questa al Museo di Cargnacco, nell’Udinese, a poco più di cent’anni dalla nascita di Quinto.
Disperso in guerra è una dicitura sui documenti ufficiali che ha straziato per decenni migliaia di famiglie in Italia. “Morto o vivo. Morto e vivo. Né morto nè vivo”, testimoniava Fidia Gambetti, reduce dalla guerra e prigionia in Russia. La comunicazione era la stessa per tutti, variavano soltanto data e località. Dispersi i caduti in combattimento, rimasti sulle posizioni conquistate dal nemico; dispersi i feriti lasciati sul terreno o abbandonati sui camion sprovvisti di benzina; dispersi i morti di freddo, fame, stanchezza nella ritirata, che hanno camminato per ore prima di restare una macchia informe sulla neve. Disperso, una parola che dopo il pianto lasciava una speranza, per tanti “vana dal principio”, un atroce inganno.
Sotto le armi dal marzo 1940 nella Divisione di fanteria Pasubio, IX compagnia mista TRT, 4° reggimento genio, Quinto stazionò sulla frontiera italo-jugoslava prima che il suo reparto fosse trasferito in Russia. A dicembre del 1942 i sovietici avviarono attacchi di logoramento delle difese italiane, prima che dal 12 al 15 prendesse consistenza l’offensiva Piccolo Saturno. L’Esercito Italiano ha dichiarato il geniere disperso il 19 dicembre 1942, quando Damiani perse ogni contatto col reparto; il suo piastrino metallico è stato trovato il 5 febbraio 2021, dopo 76 anni e 2 mesi, in una fattoria, nell’oblast Voronez (Rostov).
Decine di migliaia di soldati italiani sconosciuti, spesso giovanissimi, hanno combattuto nella sciagurata spedizione in Russia, sofferto, subìto ferite e mutilazioni, sono morti, condannati all’irrilevanza e all’oblio, come manovalanza militare, “carne da cannone”. Una delle loro storie individuali è quella dello zio di Bruno Damiani. Il Damiani minore, autore di questo volume, è figlio di uno dei fratelli maggiori. Laureato in storia e filosofia, è stato giornalista radio-televisivo Rai (ha diretto la redazione di Udine) e anche autore di programmi e di testi di saggistica storica, componente della Sezione friulana dell’Unione Nazionale Reduci di Russia, UNIRR. Ha realizzato questo contribuito - un lavoro non facile, per la mancanza di fonti e riferimenti sul geniere Damiani - anche per ricordarne il sacrificio e restituire identità e dignità
a chi è stato privato perfino del ricordo ed evitare che le loro esistenze svaniscano nel nulla. Fino a quando li ricorderemo non saranno morti del tutto e, forse, non saranno morti invano.
Di Quinto non è rimasto nemmeno un corpo davanti al quale piangere e i suoi resti risultano comunque senza nome, se sono mai stati recuperati, anonimi nelle esumazioni di fosse comuni in Russia e trasferiti nei grandi Sacrari militari in Italia, tra i caduti non identificati.
Nei contatti con Bruno attraverso il sito dell’UNIRR, il collezionista russo di cimeli di guerra Nikita (Alexander Perminov) ha comunicato che il piastrino è stato trovato in un mucchio di rifiuti, in una casa abbandonata, una fattoria di Pozdnyaki, nel distretto di Verkhne Donskoy della regione di Rostov, dove i carri armati russi avevano distrutto una colonna di nostri fanti. Nel 2000 vennero riesumate le ossa di oltre 500 italiani, rimpatriati da Onorcaduti (Ministero della Difesa). Dove siano i resti di Damiani non era in grado di saperlo.
La battaglia si consumò a 2 km dalla fattoria. I civili rimossero “cose” dai morti, presero borse, zaini, portarono a casa effetti, insegne, medaglioni. Nikita ha mandato tre messaggi chiari: molti resti erano già stati restituiti all’Italia, lui non strappa piastrini ai cadaveri, la spoliazione da parte degli abitanti dei villaggi è avvenuta subito dopo gli scontri, come sempre dopo le battaglie.
Il 19 settembre 2021, in occasione del raduno nazionale annuale in ricordo dei caduti e dispersi del CSIR e dell’ARMIR, il piastrino è stato consegnato per la custodia al Museo della Campagna di Russia di Cargnacco, Udine, annesso al Sacrario Militare. La consegna è attestata da una pergamena rilasciata ai donatori e, in copia, al sindaco del Comune di Basiliano.
Sul ritrovamento del piastrino e sulle difficoltà per rimpatriarlo si sofferma questo lavoro, che ricostruisce anche le operazioni belliche della Pasubio. Nel 1941 agì al confine italo-jugoslavo, fra Opicina e San Pietro al Carso, poi in Jugoslavia. Il 10 luglio 1941 la divisione venne aggregata al Corpo di Spedizione Italiano in Russia, impegnato prima a Jampol, sul fiume Dnestr, poi ad agosto nelle battaglie di Pokrowskoje e Jasnaja Poljana. Il 1 dicembre 1942 un reggimento sovietico entrò in azione a Krasnogorowka. Dal 12 al 15 la Pasubio fronteggiò un attacco a Ogolev: era l’inizio dell’operazione Piccolo Saturno.
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