La novella di Luigi Pirandello Ciàula scopre la luna, tra le più celebri dell’autore, è stata pubblicata per la prima volta sul "Corriere della Sera" nel 1912 ed è confluita poi, passando per varie altre raccolte, nelle Novelle per un anno.
Nonostante la sua ambientazione si presti al confronto con il verismo, l’interesse di Pirandello non è legato alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori nelle miniere siciliane, né all’ingiustizia sociale che giustifica la violenza su Ciàula con il suo ritardo mentale. Piuttosto, l’attenzione dell’autore è rivolta tutta all’interiorità degli uomini, al loro dolore e alla loro infinita piccolezza rispetto alla vastità dell’universo.
Di cosa parla esattamente la novella? Ecco riassunto e analisi di Ciàula scopre la luna, a cura di Eleonora Daniel e Federico Guastella.
Riassunto e trama di Ciàula scopre la luna
di Eleonora Daniel
Ambientata in una miniera di zolfo siciliana, la novella racconta di Ciàula, un giovane uomo (ha superato i trent’anni, ma potrebbe "averne anche sette o settanta, scemo com’era") che vi lavora al servizio di zi’ Scarda. Per terminare il carico del giorno, zi’ Scarda e Ciàula si fermano a lavorare tutta la notte.
Non è il lavoro in miniera a spaventare Ciàula, né la sua fatica né il buio delle sue gallerie. Quello che lo terrorizza è il buio del cielo notturno, e lo fa dal giorno in cui in miniera è scoppiata la mina che ha ucciso il figlio di zi’ Scarda e ha colpito quest’ultimo a un occhio. Quella notte, uscito all’improvviso dalla cava, Ciàula è rimasto atterrito dalla "sterminata vacuità" nera, punteggiata di stelle che non riuscivano a diffondere alcuna luce, e "s’era messo a tremare, sperduto".
Impaurito per il buio che lo attenderà una volta portato il carico fuori dalla miniera, Ciàula si avvia tentennante con il suo carico di zolfo sulle spalle, ma man mano che si avvicina all’uscita dalla miniera si rende conto che là fuori qualcosa emana una strana luce. Sbalordito, una volta riemerso lascia cadere il sacco e vi si siede sopra, sconvolto e commosso dalla bellezza luminosa dalla luna, finalmente scoperta.
"E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore".
Commento della novella e confronto con il verismo
Ciàula si chiama così perché si muove facendo il verso della cornacchia (e con il verso del richiamo della cornacchia, infatti, il padrone lo chiama a sé). Viene presentato al lettore come un giovane uomo con un ritardo mentale, e inconsapevole di quanto lo circonda, persino della violenza che subisce: si addormenta tranquillamente persino mentre viene picchiato. Proprio questa sua inconsapevolezza è la chiave della novella: l’esperienza cardine della narrazione, la scoperta della luna, è un’esperienza apparentemente del tutto irrazionale.
"Sì, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?
Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva".
La scoperta di Ciàula, grazie all’alone di inconsapevole e ingenua commozione che la circonda, diventa ancora di più una metafora potente della scoperta della luce contro al buio della morte e di tutto ciò che è precluso alla nostra conoscenza.
Per ambientazione e personaggi, è possibile confrontare Ciàula scopre la luna con la produzione verista e in particolare con la novella Rosso Malpelo di Giovanni Verga. Pur essendo Rosso Malpelo un ragazzo che lavora in una cava, però, da questa novella e da tutto il verismo Pirandello si discosta nettamente.
Il narratore pirandelliano è un narratore onnisciente, estremamente consapevole del suo ruolo esterno di narratore e non calato mimeticamente all’interno della narrazione come quello verista. Non c’è straniamento, né regressione del punto di vista, né tanto meno Pirandello è interessato a indagare quanto accade in quel determinato contesto sociale e storico.
Pur presentando Ciàula come un personaggio maltrattato, vittima di una mentalità e di un ambiente ingiusti che legittimamente lo trattano come una bestia, e raccontando dello sfruttamento e delle precarie condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, l’attenzione dell’autore è tutta volta a una questione esistenziale, legata allo spaesamento dell’io, infinitamente piccolo di fronte al nulla che lo circonda.
La luna nella novella di Luigi Pirandello
Analisi di Federico Guastella
La luna, che nell’universo pirandelliano ha un ruolo spesso contraddittorio, in questa novella, dov’è rappresentato l’abbrutimento della vita della miniera, libera dalle angosce e fa ritrovare la coscienza attraverso vissuti emozionali.
Ciàula è continuamente schernito dai minatori per il suo comportamento bizzarro e perfino il suo nome è una derisione. Non a caso "ciàula" in dialetto siciliano significa cornacchia: i compagni lo avevano soprannominato così perché, camminando, riproduceva il verso di questo volatile. Subisce passivamente i soprusi altrui, anche perché, essendo un ritardato mentale, non si rende conto di nulla. Nemmeno è consapevole della fatica a cui viene sottoposto il suo fisico gracile dalle gambe misere e sbilenche. Non ha una sua famiglia e si trova a proprio agio nell’oscurità della miniera che è l’ambiente naturale al quale sente di appartenere.
La novella può essere suddivisa in tre parti:
- la prima, che si svolge in piena luce, cioè all’esterno della cava, presenta la ribellione dei lavoratori, che non accettano di prestare lavoro straordinario ignorando le minacce del soprastante Cacciagallina che finisce per costringere a effettuare il lavoro all’unico lavoratore rimasto, il vecchio zi’ Scarda, il quale a sua volta si impone su Ciàula. È la legge del più forte, dunque, a caratterizzare l’inizio della novella: c’è il soprastante che bruscamente dà ordini ai minatori e se la prende con il più debole: Zi’ Scarda, povero cieco d’un occhio; anch’egli ha sotto di sé qualcuno più debole di lui: il “caruso” alle sue dipendenze.
- La seconda parte avviene all’interno della cava ed è in buona parte occupata dalla descrizione di zi’ Scarda, del suo vizio della lagrima che induce al sorriso e del suo rapporto con Ciàula, di cui vengono fornite notizie essenziali. Ciàula entra in scena quando da costui è chiamato per proseguire il lavoro di notte in miniera ed è chiamato col verso con cui si attira l’attenzione delle cornacchie ammaestrate: – Tè, pà! tè, pà!
Senza famiglia, trova accoglienza in casa di lui, dove veniva pestato e deriso per via della sua sciocchezza. Fuori dalla miniera, la sua paura è quella del buio della notte. E questa paura gli era derivata “da quella volta che il figlio di zi’ Scarda… aveva avuto il ventre e il petto squarciato dallo scoppio della mina, e zi’ Scarda stesso era stato preso in un occhio”. Probabilmente a causa del suo ritardo mentale, avrà associato lo scoppio della mina con il buio della notte, per il fatto che l’incidente era proprio avvenuto di notte. Perciò nella miniera egli si sente sicuro come nel ventre materno: si era salvato dall’esplosione della mina solo grazie al fatto che egli la conoscesse. Così si era potuto rifugiare in un antro noto soltanto a lui.
- Nella terza parte risalta la figura di Ciàula quando la scoperta della luna lo libera dalle paure. La descrizione, che è interiore e psicologica, si armonizza con il movimento del protagonista. E infatti lo vediamo procedere dall’interno della cava, dal buio alla luce, dal basso in alto, sia in senso spaziale sia morale. L’attenzione è concentrata sullo stato d’animo del personaggio, solo con se stesso di fronte alla luna: grande, placida, come in un grande oceano di silenzio, che alla fine lo farà restare, per lo stupore, sbalordito, estatico. La scena è tanto intensa. L’astro, dapprima ignorato, ora illumina la coscienza di Ciàula e la risveglia. La creatura degradata adesso si fa meraviglia e stupore dinanzi allo spettacolo della “notte lunare”. E avvince la descrizione della luna per le qualità che se ne possono cogliere quali la luminosità, il senso di pace e la sua grandezza. Giunge dunque per Ciàula l’imprevisto, il momento inaspettato: costretto a lavorare fino a tardi nella cava per trasportare del materiale all’esterno, adesso, uscendo timoroso dalla buca sotto un peso esagerato, si trova per la prima volta, lui abituato a vivere nell’oscurità delle viscere della terra, solo nella notte rischiarata dalla luna, che non aveva mai visto prima. Vissuto finora all’insegna della brutalità, sia a livello individuale (egli non parla, emette solo il verso della cornacchia, da cui deriva il suo soprannome) che sociale (gli altri lo deridono perché inferiore e demente), finalmente scopre la propria umanità, scoppiando in un pianto di commozione, di gioia, di liberazione: è come se solo in quell’istante egli avesse aperto gli occhi e fosse veramente rinato:
Eccola, eccola là, eccola là, la luna… C’era la luna! La luna! E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là mentr’ella saliva pel cielo, la luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.
La luna, viaggiatrice di notte, non è soltanto dei poeti: essa appartiene a tutti quelli che sanno ancora alzare gli occhi al cielo, a ogni essere umano che ha stupore in sé e sa meravigliarsi delle cose intorno. Anche i diseredati, gli esclusi, gli sconfitti sanno emozionarsi dinanzi allo spettacolo della sua luce riflessa.
Sicuramente la luna è ignara di quello che avviene nel mondo e non è rappresentata in modo antropomorfico. Eppure, la sua presenza agisce nell’interiorità. La notte si illumina anche per Ciàula. La sua gioia è inattesa quanto intensa; il suo pianto è una sorta di forza che libera da un sentimento di morte. Così in lui si squarcia il velo della solitudine e della sofferenza. Il pathos che ne scaturisce è luminosità di poesia e vita. In sostanza, la sua scoperta è una “risposta ottimistica” al “pessimismo” di Verga: così la luna potrebbe rappresentare il risveglio della speranza. Ciàula ha il suo lieto fine: infatti, sconfigge la sua paura quando scopre la luna e si abbandona a contemplarla, estraniandosi per un attimo dal suo stato e accedere così a una condizione più umana.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ciàula scopre la luna: riassunto e commento della novella di Pirandello
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