"Essere scrittori, editori e lettori non significa certo scrivere, pubblicare e leggere libri di carta stampati con l’inchiostro"
Questa è una delle prime affermazioni che si possono leggere sul libello "Essere editori oggi", pubblicato dalla :duepunti edizioni che ci racconta in questa intervista l’evoluzione del mondo editoriale e come gli editori debbano evolvere a loro volta, prendendo coscienza di cambiamenti strutturali già avvenuti e attualmente in atto.
- Nel libro affermate, a mio avviso con un certo coraggio, un dato di fatto che alcuni hanno difficoltà ad ammettere: i libri, smaterializzati e disintermediati, circolano liberamente e gratuitamente dai creatori ai fruitori. Ma se l’editoria si libera della zavorra del sistema di sorveglianza globale della proprietà intellettuale e della conseguente mercificazione dell’oggetto libro, in cosa consiste il lavoro editoriale? E, soprattutto, di cosa si sostenta la creazione di cultura e con cosa viene pagato questo lavoro?
Alla prima domanda abbiamo dato una risposta in Fare libri oggi 2.0. Essere editori oggi ponendo l’accento su pratiche a nostro avviso tutt’altro che ininfluenti anche nel web 2.0: «selezione, cura, messa in forma, pubblicazione e diffusione del testo, inteso nella sua accezione semiotica più ampia. Il mestiere dell’editore, in questo senso, non è più limitato alla sfera dell’éditeur o del publisher, ma si estende a quella più ampia e diversificata del curatore-editor». Pensiamo di interpretare al meglio questo ruolo provando a porre le domande giuste e ad abbozzare delle risposte che più che plausibili siano percorribili. Alla seconda questione cerchiamo ancora una risposta. Gli artisti in campo musicale hanno sopperito al crollo delle vendite dei CD, trasformando i supporti materiali in una forma di promozione per i loro concerti e vendendo on-line le loro canzoni. Forse un simile modello sembra muovere i primi passi anche in campo letterario: gli autori tendono sempre più a incontrare i loro lettori in festival e veri e propri tour nelle librerie. È un segno anche questo di un mutamento dei consumi culturali teso a un maggior grado di socialità. Analizzando però il problema del sostentamento delle creazioni culturali e tenendo lontane le perverse logiche delle sovvenzioni pubbliche la questione andrebbe valutata anche nell’inversione dei suoi termini: un’attività che agisce in ambito culturale e non ha una sostenibilità economica ha o no una sua utilità per il sistema in cui opera?
- Oltre agli eBook, che mantengono comunque il formato tradizionale del libro, pur essendo supportati da dispositivi digitali, ci sono oggi molti bravissimi scrittori che, invece di scrivere libri, raccontano le loro storie attraverso i blog. La maggior parte dei loro post non ha nulla da invidiare alla forza narrativa delle pagine di un qualsiasi buon romanzo; sono seguitissimi da lettori che non fanno altro che aspettare la pubblicazione del prossimo post. Nella vostra prospettiva in cui il libro non è più un concetto legato al supporto che lo veicola, in che posizione vengono collocati questi che potremmo ribattezzare "novelli Feuilleton 2.0"?
La rete – la blogosfera – è nata, ovvero è stata colonizzata dal pensiero indipendente, noi ne siamo frequentatori come un po’ tutti. Analizzare il fenomeno dei blog letterari (che trattano di libri, vecchi, nuovo o rarissimi), di quelli dei letterati (in cui spesso si trovano pagine importanti di critica militante e sorprendente), o quelli degli autori (che possono essere spin-off del sistema editoriale vero e proprio, o esperimenti di narrazione del tutto fuori dagli schemi) è diventato lavoro quotidiano per gli editori (di qualsiasi dimensione). Il fenomeno che potrebbe essere definito del Feuilleton 2.0 (però forse è riduttivo) è una delle realtà letterarie che oggi riescono ad attrarre e fidelizzare molti lettori, e questo di sicuro lo troviamo molto interessante, al di là del suo valore sociologico. Non è detto che in futuro anche :duepunti non sperimenti forme similmente “eccentriche” rispetto al libro come lo si è inteso fino a ieri, anche se attualmente non rientra nei nostri progetti. Quando dovesse accadere troveremo (o meglio, cercheremo) il nostro passo. Per il momento ci limitiamo a considerare i blogger come membri e interpreti vitalissimi di un ecosistema culturale non più statico.
- Sulla vostra pagina Facebook trovo scritto
"Da qualche tempo abbiamo deciso di raccontare le contraddizioni del nostro lavoro, quelle che viviamo da dentro il sistema stesso. Per non essere ipocriti abbiamo deciso anche di uscire dal “sistema”, di sperimentare direttamente sulla nostra pelle quelle scelte di campo che a parole suonano stonate."
Se doveste elencarne tre, quali sarebbero le ipocrisie più grandi che si possono riscontrare nel mondo editoriale di oggi?
- La prima ipocrisia con cui ci siamo scontrati è stata la più dura da digerire: “i conti dell’editoria non tornano”. Per poter scegliere in piena libertà si deve accettare l’ipotesi non tanto del rischio d’impresa (aspetto che connota l’imprenditore), quanto dell’impossibilità che al netto dei costi dell’intermediazione (in buona parte finanziaria) di alcune componenti della filiera si riesca a trarre utili dal proprio lavoro. Su questi aspetti argomentazioni molto accurate sono state prodotte da Luisa Capelli, e anche noi nella pratica giornaliera abbiamo riscontrato queste incongruenze commerciali, secondo la cui ferrea logica, molto semplicemente, certi libri non vale la pena pubblicarli. La logica della filiera lunga (lunghissima) che prevede ad esempio che la promozione continui a incidere su ogni copia venduta di libri mai promossi, è quella che noi vogliamo mettere alla prova. La filiera corta Editore/Libraio è più consona al nostro ragionamento e, se non ripara delle storture, è comunque più comprensibile anche per il lettore che riceve proposte frutto di scelte individuali e non semplici “consigli per gli acquisti”. Mi sono dilungato su un aspetto che ci sta molto a cuore, quindi per le altre due ipocrisie lascerò che a parlare siano le idee generali che stanno dentro il nostro pamphlet.
- La “condivisione”, da contrapporre a una vecchia pratica omertosa che ha spinto tanti editori a subire le regole del gioco senza mai metterle in discussione. Da questa nuova fiducia nel confronto, in un periodo di crisi generalizzata, è nato ODEI, l’Osservatorio degli editori indipendenti di cui facciamo parte e che ha saputo far parlare tra loro tantissimi editori dalle storie e dimensioni differenti con una voce unica (cfr. Manifesto ODEI).
- E la “trasparenza” opposta a quella fumosità del mercato che alimenta di continuo assurdi fraintendimenti (come nel caso delle polemiche sulla Legge Levi e sul “diritto agli sconti”). L’esempio che vale da solo più di mille parole lo abbiamo fornito quando quando abbiamo reso trasparente il principio che seguiamo per attribuire un prezzo equo ai nostri eBook: un semplice cocktail in cui tutte le componenti del prezzo sono spiegate... per non lasciar margine al sospetto che l’unica regola sia quella del marketing.
- Ci piacerebbe che spiegaste ai nostri lettori che cos’è hipercorpus e in che modo questo strumento potrà rivoluzionare il modo di essere editori, scrittori e lettori oggi?
Il progetto hypercorpus non è un e-store, non è né una trovata commerciale, non è l’ennesima provocazione, è un progetto articolato che vuole chiamare lettori, autori, studiosi, istituzioni e anche gli altri editori a riflettere sulle pratiche, i diritti, i doveri, le strategie e gli obiettivi che dànno senso al nostro lavoro: che è fare libri al di là del fatto che essi siano fatti di carta. Una riflessione – che non rinuncia alla pratica – sull’editoria digitale. Nel nostro “scaffale digitale” abbiamo reso disponibile una parte del nostro catalogo in open access. Uno scaffale che vogliamo mettere alla libera portata dei nostri lettori e degli studiosi. Il progetto si sostanzierà con il tempo di opere di una parte via via crescente del nostro catalogo storico e delle nostre novità editoriali, ma anche di collane “native digitali”, progetti di crowdsourcing e collaborazione scientifica e altre formule editoriali sperimentali. Hypercorpus muove dalla riflessione che fare editoria digitale non significa soltanto pubblicare degli eBook, ma che è necessario fare i conti con una nuova fruizione della cultura. Si tratta quindi di convertire al mondo digitale i valori su cui un editore “indipendente” ha sempre riflettuto: le buone pratiche, il rispetto dei lettori e degli autori, in definitiva il senso culturale e politico del proprio lavoro.
Per approfondire l’argomento e scoprire come fare per attuare questa rivoluzione culturale secondo :duepunti edizioni, vi consiglio il loro libro. Leggero e interessante vale davvero l’ora di tempo che impiegherete a leggerlo!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cosa significa essere editori oggi? Ce lo racconta :duepunti edizioni
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