Da Gramsci a Occhetto. Nobiltà e miseria del Pci 1921-1991
- Autore: Franco Andreucci
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Chi si professa ancora comunista non può non provare un sentimento misto fra la nostalgia del passato e lo sconforto del presente a vedere cosa sia diventato il Partito democratico, erede del vecchio e glorioso Partito comunista italiano. Il confronto fra i fondatori del PCd’I con la classe dirigente sortita dopo la Bolognina non può reggere, sarebbe offendere la memoria dei primi.
Il bellissimo volume di Franco Andreucci - docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa per quasi quarant’anni - sulla storia, l’evoluzione e la fine del Pci racconta di uomini, idee, progetti, ascese, cadute, sacrifici, tragedie, errori, svolte, conquiste, sconfitte, speranze, lotte, passioni, miti a cui hanno guardato milioni di persone.
Dallo strappo in quel di Livorno con i cugini dell’altrettanto glorioso Psi fino allo strappo con Mosca, intorno alla fine degli anni Settanta, al tempo di Berlinguer, l’ultimo grande segretario del partito rosso. Le grandi persecuzioni durante il fascismo - il Pci per vent’anni ha operato nella clandestinità -, la Resistenza, la ricostruzione repubblicana dopo la devastante esperienza della Seconda guerra mondiale. La stagione del primo centro-sinistra Dc-Psi, gli anni del terrorismo e dello stragismo, l’Eurocomunismo con i francesi e gli spagnoli, il fallito tentativo del compromesso storico con i democristiani.
Il professore non si tira indietro nel rimarcare vizi, rigidità e deformazioni del Pci, soprattutto per "la doppiezza" della linea politica seguita - additata spesso dagli anticomunisti di ogni sfumatura - tra accettazione del sistema democratico-parlamentare e sudditanza alla grande madre Urss.
Qui leggiamo 70 anni di storia comunista ripercorsi in modo lucido e attento, con agganci non solo agli aspetti storico-politico-ideologici, ma anche con analisi e considerazioni sull’organizzazione del partito e su riti, costumi, idem sentire, filosofia di vita, modi di essere comunisti di militanti e iscritti.
E’ una storia tutto sommato affascinante, quando essere comunisti era qualcosa di serio, quando anteporre gli interessi di partito ai vantaggi personali era la normalità, quando la passione politica - quella autentica e genuina, non quella professata dai politicanti di oggi - e la fede nella "causa" prevalevano sulla brama dello scranno.
Immaginiamo per un attimo - a prescindere da come la si pensi - le figure storiche dei vari Gramsci, Togliatti, Scoccimarro, Tasca, Secchia, Longo, Berlinguer, pur con tutte le loro criticità, senza mitizzazioni. Dopodiché, dilettiamoci in un esercizio di raffronto con gli a noi più vicini D’Alema, Bersani, Veltroni: ebbene, qual è di primo acchito la sensazione avvertita? Certo, viviamo un’altra epoca, non siamo più gli italiani del secolo scorso, la società e i suoi problemi sono cambiati, tutto si struttura su piani più complessi, ma ritengo assai improbabile che fra cent’anni qualcuno si ricorderà ancora dei post-comunisti.
Da Gramsci a Occhetto: Nobiltà e miseria del PCI 1921-1991
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