Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria
- Autore: Non disponibile
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2020
Dopo la segregazione forzata, dopo la sottrazione di vita che il Covid-19 ha prodotto (le bare corteo funebre atterrito perché non preventivato, il silenzio dei cuori svuotati, la distruzione dell’economia nazionale...), si ricomincia a respirare, a guardarsi intorno, se non ancora a stringersi un abbraccio solidale, fisico, atteso e desiderato. Si ricomincia a pensare a "fare il punto", a dirne, a scrivere l’estraniamento patito, il segno che ha lasciato, le speranze, se vi sono speranze, in un futuro migliore. In nome del virus, va detto per sottolineare i suoi effetti nefasti, sono stati annullati alcuno diritti fondamentali della persona, sanciti dalla Costituzione, ci auguriamo temporaneamente.
Di tutto ciò vuole dare testimonianza un’antologia poetica edita da Samuele Editore nel maggio 2020: Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria (p. 178). Sono parole emblematiche, che sintetizzano lo stato d’animo generale, comune non soltanto ai poeti ma alla nostra ekumene. Ekumene è il luogo adatto alla vita, sebbene poi l’etimo abbia assunto un significato può ristretto, legato a una comunità religiosa. Ebbene religione nel senso ampio indica il legame, legare ciascuno al tutto e a un’entità trascendente. Forse il coronavirus ha minato alla base la nostra capacità e possibilità di comunicare? Acuendo quel male oscuro, la depressione, il male del secolo scorso e del nostro, dell’Occidente al tramonto, denunciato da Giuseppe Berto e acutamente posto in primo piano da Matteo Bianchi, curatore dell’antologia. La sensibilità di questo giovane critico, egli stesso poeta, lo porta a scrivere in chiusa alle sue riflessioni:
"Chissà se la reclusione costante, al pari della stretta al cuore per la perdita non delle piccole libertà quotidiane bensì di un affetto, non ci costringa a crescere come fanciulli in lutto, travolti e colmati da qualcosa che per riuscire a sopravvivere sproni a crescere anzitempo, il sentimento rappresentato fedelmente dal male oscuro di Berto. Possa quindi, ciò che ci spaventa e ci affligge, renderci migliori".
Ecco il cuore del libro, il senso dei versi, pur variegati e compositi, traccia del sentire e pensare di ciascuno. Sono 40 i poeti radunati. Quaranta come la quarantena, numero canonico, simbolo di un periodo trascorso nel deserto. Emerge una meditazione sofferta, legata allo stravolgimento delle due coordinate fondamentali che rendono concrete le esperienze e reale il reale, almeno per quanto consente di conoscere l’uso abituale dello strumento cerebrale: lo spazio e il tempo. Lo spazio si svuota di presenze:
"Pare un’isola, oggi,
la città
battuta da venti, onde, stormi
scurissimi che ci sovrastano, e niente
che si oda, solo
un cane che muove la sua coda,
e le forsizie sono oro, prima che io brancoli
in uno strano silenzio di strade, lascia
dice una voce che sento, appena,"
Giancarlo Pontiggia, Brancolare…
Il tempo rallenta e sembra fermarsi, inaridirsi. Cambiano le giornate, diventa essenziale guardarsi dentro, riandare al tempo kronos: "Hai avuto sedici anni un tempo, un’ora, cinque minuti fa" scrive Mary Barbara Tolusso (sapendo che quegli anni non torneranno), ma pure si può giungere all’intuizione che il tempo è illusione, quello vero è pura durata (Bergson) come nella lirica, forse la più filosofica della raccolta, a firma di Paolo Ruffilli (Quarantena):
"In quarantena
non ha più misura,
il tempo, è sconfinato
e solo si riflette
il suo tracciato,
in ogni modo
qualunque sia mai stato,
sugli specchi di
ore e giorni
come ciò che cambia
mentre dura e ha
in sé la fine e
il suo principio
contro la parete
nel giro in cui si
mette e che ripete".
Qui l’andamento della rivelazione, l’eternità, è pacato e accettato, ma il male di vivere (Montale) serpeggia nel libro e subito tornano in mente i versi allucinati e sconvolgenti, sempre di Montale, contenuti in Ossi di seppia, in un testo che può apparire oggi quasi una profezia, raffigurante i momenti dell’angoscia, preda dei parenti colpiti dal lutto:
"Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco".
Sembra un fotogramma da covid. E va guardato con sincerità e coraggio. Ma la voce dell’ottimismo non muore. Non può spegnersi, pena il ristagnamento perenne. Tutto riparte, ripartirà con nuova linfa e nuove ampie prospettive:
"Prendiamoci, cari connazionali giovani
ed anziani, prendiamoci cura di parlarci tra noi
e di non stare tanto tempo a sentire
notizie dalla paura, sempre le stesse,
sempre più annullate nel loro senso
dal fatto che il panico è diventato
intrattenimento e se ne perde il senso,
l’avvenimento, l’avvertimento
che ci dovrebbe svegliare
non solo per ammazzare il virus
ma l’inganno corale in ci siamo immersi
da quando abbiamo svenduto il sacro
per la comunicazione e lo spettacolo.
No, io non ci sto e so che siamo tanti
a credere a una vita più alta
che non sia questo ospedale senza medici
che chiamiamo occidente, questa parentela
col nulla che viene offerta in omaggio
alla nostra ricchezza mercantile, alla truffa
di chi crede solo in ciò che si consuma
e si produce.
No, non siamo malati, non lo saremo mai
se crediamo che siamo frammenti della stessa luce
e siamo in tanti a navigare dentro la nave della pelle,
dentro il mare della nostra carne".
Franco Arminio
Questa la cura essenziale: sprofondare "dentro il mare della nostra carne". Magnifica espressione, ricordando che carne deriva dal latino caro, chi ci è caro è la nostra stessa carne, sangue, fibre, anima, sostanza, substantia…
Poesie assetate d’aria sì, ed è un’aria di cui andare in cerca per uscire dal sottovuoto, ritrovare ruah, il soffio vitale che ci ha creati.
Dal sottovuoto. Poesie assetate d'aria
Amazon.it: 12,35 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria
Lascia il tuo commento