De Chirico il pittore portentoso di Costanzo Costantini

A volte ritornano e in forma (ancora) smagliante: è il caso del saggio di Costanzo Costantini “De Chirico il pittore portentoso”, tre decadi dalla prima edizione, Iacobelli rimanda in libreria in veste aggiornata.

La biografia del più irreggimentato dei talenti visionari made in Italy ha una genesi annosa e di prima mano: deriva, infatti, dalle rivelazioni fatte dall’artista all’autore nel 1977 in una serie di interviste raccolte nella sua casa-atélier, a Piazza di Spagna. Il volume - grande formato, cover vagamente surreale, suggestionante - si avvale anche dei contributi di quanti ne hanno incrociato la strada (dalle mogli - due - alla governante, dal suo alter ego cinematografico, Federico Fellini, a Louis Breton) e di due appendici che rimpolpano il “discorso” in direzione esaustiva: una raccolta fotografica del/sul maestro del colore e il catalogo della mostra a lui dedicata dall’Ulisse Gallery di via dei Due Macelli, a Roma ("Il pittore glorioso. metamorfosi del classico nell’arte contemporanea italiana").

Pittore immaginifico, scandagliatore metafisico (“Un’opera d’arte per diventare immortale deve sempre superare i limiti dell’umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica”), genio controverso, tra i più idolatrati, fraintesi, invisi dalla critica, Giorgio De Chirico - come emerge in modo adamantino da questo libro - è “invasato” di genio creativo, del tutto consapevole della propria unicità. Anticonvenzionale anche nei "modi" con cui si relaziona, si muove, opera, attraversa, scandaglia, il microcosmo artistico della sua epoca, è irriverente, diretto, arguto, dissacrante, schietto fin quasi alla cattiveria, a prescindere dai mostri sacri e dalle questioni che si trova ad affrontare. “Vieni a vedere, ho scoperto un gran pittore” dice di lui Picasso ad Apollinaire. Un vaticinio destinato a sfidare le amnesie del tempo: De Chirico è un artista votato all’insolito, al portentoso, all’eccezionale. Nietzchiano, in traslato e per affinità elettive, riferisce di se stesso come di un “monomaco, colui che resta solo a combattere nel campo della buona pittura”.

La densa biografia che Costanzo Costantini gli dedica è, perciò, anche un’occasione per attraversare il mondo dell’arte e delle correnti artistiche a lui contemporanee. L’approccio al testo non è astruso e nemmeno accademico. Lo stile fluido, di agevole leggibilità. Cosa pretendere di più?