Il tema della vita e della morte e del confine che separa questi due momenti dell’esistenza di ogni individuo ha per secoli rappresentato un argomento caro ai poeti. Anche Alda Merini, voce unica e riconoscibile del panorama letterario italiano del Novecento, ha più volte affrontato il tema della morte, del suicidio, della resistenza nella vita.
Oggi scopriremo la poesia Elogio alla morte composta da Alda Merini.
Elogio alla morte: il testo della poesia
Se la morte fosse un vivere quieto,
un bel lasciarsi andare,
un’acqua purissima e delicata
deliberazione di un ventre,
io mi sarei già uccisa.
Ma poiché la morte è muraglia,
dolore, ostinazione violenta,
io magicamente resisto.
Che tu mi copra di insulti,
di pedate, di baci, di abbandoni,
che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché
senza variare di senso
nel largo delle mie ginocchia,
a me non importa perché tu mi fai vivere,
perché mi ripari da quel gorgo
di inaudita dolcezza,
da quel miele tumefatto e impreciso
che è la morte di ogni poeta.
Elogio alla morte: parafrasi
Se la morte rappresentasse un modo di vivere sereno, se fosse come lasciarsi andare in maniera felice, se fosse simile a un’acqua purissima e delicata, se fosse simile alla nascita, io mi sarei già uccisa. Ma dal momento che, invece, la morte è come una muraglia, è dolore, è una violenta ostinazione, io resisto magicamente. Sia che tu mi riempia di insulti o di pedate o di baci o che mi abbandoni, sia che tu mi lasci senza un motivo o una ragione valida, salvo poi ritornare tra le mie gambe, non mi importa, perché mi fai sentire viva e perché mi proteggi da quel buco di dolcezza inaudita, da quel miele oscuro e impreciso che è la morte di ogni poeta.
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Elogio alla morte: analisi del testo e commento
La poesia Elogio alla morte di Alda Merini incarna in maniera significativa molti delle caratteristiche peculiari della poetica della scrittrice: sembra quasi che ogni aspetto della sua vita sia un perpetuo ossimoro, che reiterandosi genera un turbamento interiore da cui è difficile scappare e da cui sembra impossibile salvarsi. Non è un caso, del resto, che tra le diverse diagnosi ricevute dalla poetessa ci fosse proprio quella del disturbo bipolare. Ma proprio questa esistenza appesa tra due poli, tra due mondi, ha fatto sì che Alda Merini riunisse in maniera incisiva e magistrale nei suoi testi molte delle pulsioni che si agitano nell’animo umano.
In questo componimento riunisce in pochi versi, con parole marmoree, il desiderio di morte ma, al tempo stesso, la potenza ineluttabile della vita, che si traduce nella necessità dell’amore e nell’impossibilità di abbandonare la poesia, quel miele (v. 17) vischioso di cui non riesce a staccarsi. E tornando al concetto espresso in apertura a questo commento, l’ossimoro, l’opposizione, possiamo commentare la poesia dicendo che l’elogio alla morte è in realtà il suo rifiuto, in favore invece di un amore vitale e vivo e che permette alla scrittrice di non abbandonare la scrittura.
Tale opposizione si esemplifica anche stilisticamente all’interno del componimento. Se, infatti, i primi 4 versi decantano i possibili aspetti positivi della morte (tutti in metafore o similitudini), i versi successivi (6-7) descrivono immediatamente la reale essenza della morte: muraglia, dolore e violenza.
Alla poetessa non rimane altro che resistere in nome dell’amore, un amore che è salvifico (perché mi ripari da quel gorgo / di inaudita dolcezza) pur nella sua dualità (ecco tornare, ancora, la compresenza di elementi opposti a descrivere un concetto): l’amore è dirompente nella sua componente affettiva (baci, v.10) e sessuale (nel largo delle mie ginocchia, v. 13) ma possiede al tempo stesso evidenti elementi di sofferenza, di violenza – sia fisica (pedate) che psicologica (insulti) – e di disagio (tu mi lasci e poi ritorni senza un perché / o senza variare di senso).
Eppure dell’amore, così come della vita, la poetessa non riesce a liberarsi: è proprio l’amore a far sì che la scrittrice rimanga avvinghiata alla dolcezza delle parole della poesia, così come farebbe una mosca caduta in un barattolo di miele vischioso. La morte, quindi, non riceve alcun elogio e il titolo è in toto una figura retorica, quella dell’ironia: a meritare elogio è la vita, insieme all’amore, nutrimento violento dell’animo umano.
Elogio alla morte: metrica e retorica
Elogio alla morte è una poesia di 18 versi di lunghezza variabile e a schema metrico libero. Non ha rime, ma possiede molte figure retoriche:
- metafora: deliberazione di un ventre (v. 4), nel largo delle mie ginocchia (v. 13);
- similitudine: quel miele tumefatto e impreciso (v. 17);
- enjembement: da quel gorgo / di inaudita dolcezza (vv. 15/16);
- accumulazione: la morte è muraglia, / dolore, ostinazione violenta (vv. 6/7), Che tu mi copra di insulti, / di pedate, di baci, di abbandoni (vv. 9/10);
- enumerazione (per asindeto): un vivere quieto, / un bel lasciarsi andare, / un’acqua purissima e delicata / deliberazione di un ventre (vv. 1/4);
- anafora: morte (vv. 1, 6, 18), che (vv. 9, 11), da quel (vv. 15, 17), tu (vv. 9, 14) in antitesi con l’io ai versi 5 e 8, mi (vv. 5, 9, 11, 14, 15);
- campo semantico della prima persona singolare: io (vv. 5, 8), mi (vv. 5, 9, 11, 14, 15), mie (v. 13).
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Elogio alla morte: testo e analisi della poesia di Alda Merini
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