Un drammaturgo geniale, ma anche un audace sperimentatore. Stiamo parlando di Eugene Gladstone O’Neill, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1936, una figura che merita di essere riscoperta perché O’Neill fu un vero e proprio vincitore dei record: non solo un Premio Nobel, ma anche quattro volte Premio Pulitzer per la drammaturgia.
La sua fu una vita avventurosa, ma anche a suo modo tragica. Nelle sue opere teatrali l’autore irlandese affrontò temi controversi quali il matrimonio interrazziale, la parità dei sessi e l’importanza dell’inconscio.
Chi era Eugene Gladstone O’Neill? Un uomo che, come tutte le persone geniali, nasconde un’identità sfaccettata e complessa: fu alcolizzato, morfinomane, ma anche marinaio, cercatore d’oro e, soprattutto, uno scrittore brillante e un drammaturgo ispirato.
Scopriamo la sua storia.
Eugene Gladstone O’Neill: la vita del drammaturgo irlandese
Eugene Gladstone O’Neill nacque il 16 ottobre 1888 a New York, figlio di due immigrati irlandesi. Suo padre, James O’Neill, era un attore, mentre sua madre una pianista. Entrambi erano ferventi cattolici e lo stesso Eugene frequentò scuole cattoliche nell’infanzia, prima di iscriversi all’Accademia di Stamdford.
Il piccolo Eugene ebbe una giovinezza girovaga, sempre in viaggio al seguito dei genitori mentre il padre, un attore molto popolare all’epoca, teneva tournée per gli Stati Uniti. La madre non amava l’ambiente del teatro, ma si era rassegnata a fare da supporto al marito e a sostenere, almeno moralmente, la sua carriera.
Con il mondo del teatro dunque Eugene Gladstone O’Neill ebbe rapporti sin da bambino, giocando sulla scena e imitando i vari personaggi delle opere più famose; ma ebbe anche una precoce conoscenza del dramma umano. Il padre James, forse a causa della costante pressione cui era sottoposto, beveva, mentre la madre era dipendente dalla morfina. Vizi che lo stesso Eugene ereditò facendosi espellere da Princeton dopo appena un anno di studi universitari.
Dopo l’abbandono degli studi iniziò una vita inquieta e vagabonda, svolgendo le occupazioni più disparate. Fu segretario di un’agenzia di vendita per corrispondenza a New York, poi partì alla volta delle terre selvagge dell’Honduras come cercatore d’oro. Peccato che non trovò l’oro, ma contrasse la febbre malarica. Fece quindi ritorno negli Stati Uniti dove lavorò per un periodo come assistente del direttore di una compagnia teatrale. Non riusciva mai a mantenere un lavoro troppo a lungo, puntualmente o si licenziava o veniva licenziato. Fu anche marinaio per diverse compagnie nautiche, la Westinghouse Electrical Co., la Swift Packing Co. e la Singer Sewing Machine Co. In seguito lavorò come giornalista per un piccolo giornale locale e fu a quel punto, quando finalmente svolgeva un lavoro tranquillo e sedentario, che la sua salute si guastò e fu ricoverato sei mesi in sanatorio per curare la tubercolosi.
La malattia sarebbe stata la miccia che avrebbe acceso la sua vocazione di scrittore. Durante il ricovero lesse i drammi di Henrik Ibsen e August Strindberg e capì che in realtà era nato per scrivere opere teatrali.
Iniziò a scrivere nell’autunno del 1913, all’età di venticinque anni, e non avrebbe più smesso. Nel 1914 aveva già completato la sua prima opera, In viaggio per Cardiff , in cui faceva rivivere tutti i personaggi incontrati nei suoi tumultuosi viaggi: prostitute, marinai, fuorilegge, travolti nella burrascosa trama della vita che spesso non lasciava loro via di scampo. In quello stesso anno il giovane O’Neil scrisse: “Voglio essere artista o niente”.
Trovata l’ispirazione, Eugene O’Neill decise di iscriversi all’università di Harvard dove iniziò a frequentare il corso di tecnica teatrale tenuto dal professor George Baker. Come da copione, alla fine abbandonò l’università, ma almeno finì il corso. Due anni dopo la sua opera Bound East for Cardiff fu inserita nella programmazione di un teatro di New York.
Negli anni successivi lo stesso teatro avrebbe portato in scena tutte le opere di Eugene Gladstone O’Neill sino al successo di Oltre l’orizzonte che vinse il Premio Pulitzer nel 1920.
Il Premio Nobel a Eugene Gladstone O’Neill
Sedici anni dopo aver vinto il primo Premio Pulitzer, nel 1936, Eugene Gladstone O’Neill fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione:
per la potenza, l’onestà e le emozioni profonde delle sue opere drammatiche, che incarnano un concetto originale di tragedia.
La motivazione del premio ci offre un’importante chiave di lettura dell’intera opera teatrale di O’Neill che era straordinariamente all’avanguardia, sebbene riprendesse degli schemi antichi, come ad esempio le maschere e il coro del teatro greco.
Eugene Gladstone O’Neill riuscì a creare una nuova drammaturgia spoglia di sentimentalismi, ma capace di esplorare le pulsioni profonde dell’animo umano.
Fu il primo drammaturgo americano a vincere il Premio Nobel per la Letteratura.
Eugene Gladstone O’Neill: le opere
Il tormentato vissuto di O’Neil sembrava agire parallelamente alle sua scrittura, alcune delle sue opere più celebri nacquero dopo difficili esperienze personali.
Il suo primo grande successo fu Oltre l’orizzonte nel 1920, che trattava della vita nei campi e di una famiglia disfunzionale, concentrandosi in particolare sul rapporto travagliato tra due fratelli Andrew e Robert.
Tra i suoi capolavori ricordiamo Anna Christie, la storia del difficile ritorno a casa di una prostituta che valse a Eugene Gladstone O’Neill il suo secondo Pulitzer.
L’anno successivo O’Neil perse il fratello, il lutto fu per lui un momento durissimo dato che negli anni precedenti aveva perso anche entrambi i genitori; proprio in quel periodo così doloroso portò sul palcoscenico alcune delle sue opere più importanti, come Desiderio sotto gli olmi (1924) e Strano interludio (1928).
Le sue ultime opere distruggevano la filosofia americana del successo e la sua mitica incarnazione, preferendo un tono più cupo e tragico, le preoccupazioni metafisiche e religiose e l’emergere dell’inconscio.
Gli ultimi anni di Eugene Gladstone O’Neill
O’Neill completò Il lungo viaggio verso la notte (Long Day’s Journey Into Night) all’inizio degli anni Quaranta, ma rifiutò di far produrre la sua opera più autobiografica fino a molto tempo dopo la sua morte. Nello stesso periodo ebbe un litigio con la figlia Oona O’Neill, con la quale scelse di interrompere ogni rapporto dopo il matrimonio di lei con l’attore Charlie Chaplin. Non era mai stato, purtroppo, né un genitore né un marito ideale, ruppe i rapporti con tutti i suoi figli, anche con il maggiore, Eugene, che si suicidò.
Nel 1946, dopo diversi anni di assenza, Eugene Gladstone O’Neill compose una delle sue opere più apprezzate: The Iceman Cometh, un dramma cupo in cui narrava le vite di un gruppo di baristi.
L’anno successivo O’Neil scoprì di essere affetto del Morbo di Parkinson e si trovò impossibilitato a scrivere a causa del tremore alle mani.
Trascorse i suoi ultimi anni immerso in una cupa frustrazione, incapace di lavorre. Leggenda narra che si sedette ad aspettare la morte in un hotel di Boston, senza vedere né ricevere nessuno tranne il suo medico, un’infermiera e la sua terza moglie, Carlotta Monterey. Morì a Boston il 27 novembre 1953, interpretando fino all’ultimo respiro una figura distrutta e tragica come i personaggi che aveva creato per il palcoscenico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Eugene Gladstone O’Neill, il drammaturgo che vinse il Pulitzer e anche il Nobel
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