Ex voto della Grande Guerra. Nell’Eporediese e nelle valli alpine canavesane
- Autore: Fabrizio Dassano
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
La curiosità di scoprire e la volontà di comunicare la scoperta di una dimensione popolare spontanea, ingenua, quasi infantile. È nato così il volume di Fabrizio Dassano Ex voto della Grande Guerra. Nell’Eporediese e nelle vallate alpine canavesane. La Tipografia Editrice Baima & Ronchetti di Castellamonte-Torino lo ha mandato in stampa nel 2018 (collana Canaveis, 140 pagine, 15 euro), da un’idea di Elisa Benedetto e con la prefazione di Lucio Fabi, illustrato anche con immagini a colori delle tavolette votive.
In tre, per questo lavoro. Lucio Fabi, storico triestino della prima guerra mondiale, è stato coinvolto nel ruolo d’illuminato prefatore dalla stima per l’ideatrice del progetto, Elisa Benedetto, con cui ha collaborato all’allestimento del Museo della Grande Guerra di Gorizia. Si deve, infatti, alla passione per la storia e i reperti 1915-18 dell’insegnante di scienze motorie nei licei d’Ivrea, l’idea di questo lavoro sugli ex voto nelle chiese del Canavese, che il giornalista e ricercatore storico Fabrizio Dassano ha “sistemato in un testo a metà tra il libro di storia e il racconto di viaggio”.
Ex voto suscepto: nel nome della promessa fatta. Cento anni fa, tanti reduci in tutta Italia, una volta tornati a casa vivi dalla prova immane — e spesso nemmeno sani o “interi” — sentirono di dover offrire alla Madonna o ai Santi quadretti votivi per grazia ricevuta, da esporre in chiese e cappelle. In tutta Italia si è detto, perché la prova è stata collettiva, ha coinvolto arruolati in tutte le regioni. Da qui l’interesse del saggio, che pure si sofferma su materiali e luoghi di culto in Piemonte, nella provincia d’Ivrea. Quello che vale, come hanno spiegato gli autori, è che si tratta di espressioni di una fede semplice e universale.
Fabi è come sempre molto efficace nello spiegare che l’ex voto di guerra significava per il soldato adempiere alla promessa rivolta al cielo di ricambiare con riconoscenza concreta una richiesta ardente espressa in condizioni estreme di pericolo. Salvare la pelle, uscire dalla guerra, ritornare a casa. Superare indenni un assalto, un bombardamento. Terminare il conflitto integri, senza ferite o mutilazioni. Ed è quello che raccontano le immagini su legno, in rari casi realizzate da soli, solitamente commissionate ad artefici abituati secondo Fabi a maneggiare più la vanga del pennello, che comunque chiedevano poco al reduce, qualche soldo o baratto.
“Storie andate a buon fine, dunque”, non grazie a valori militari, ma per “la fede solida in un essere supremo a cui tutto è demandato” e per l’intercessione della Vergine, di Santi o di Beati.
Esemplari votivi si possono osservare in tantissimi Santuari, in tutto il Paese. Gli autori segnalano quello della Madonna Nera d’Oropa e Fabi aggiunge il Fondo Caravaglios, nel Museo del Risorgimento di Milano, che conserva ex voto della Grande Guerra dedicati alla Madonna di Pompei. Altri sono nella chiesa della Madonna delle Grazie di Udine, come in altre cappelle italiane.
Rappresentano uomini soli in guerra, singoli che affrontano rischi inauditi e pregano in solitudine, accoratamente, sebbene fossero inquadrati in reparti numerosi, accanto a tanti compagni d’armi che condividevano lo stesso momento difficile, il rischio d’essere feriti, dilaniati, uccisi. Lo storico ricorda che si trattava in massima parte di cittadini e contadini in armi, tra i quasi sei milioni di arruolati italiani nel 15-18, che non si consideravano parte di un complesso militarmente organizzato, ma si vedevano impegnati individualmente in una “lotta quotidiana per la sopravvivenza”.
Come scrivevano in lettere e diari ben nascosti ai superiori, nel momento del pericolo, sebbene costretti a obbedire agli ordini, s’industriavano a sopravvivere adottando comportamenti suggeriti dall’esperienza, dalla prontezza di spirito, dalle circostanze. Esaurite anche queste risorse, non restavano che “la disperazione e soprattutto la fede”, fa presente Fabi. E in quelle precarie condizioni, la religiosità contadina e popolare sconfinava nella superstizione.
Giusta la considerazione di Benedetto e Dassano: se i monumenti in piazze e cimiteri ci parlano dei caduti, manca invece il ricordo dei sopravvissuti, “un segno riconoscibile”. Da qui la ricerca di quei segni nel Canavese ed ecco gli ex voto dei soldati per grazia ricevuta, tavolette su cui sono fissati il momento di peggior pericolo e la visione della Madonna di Monte Stella, che lo scongiura. Oltre al santuario d’Ivrea, una decina di altre chiese e chiesette.
Il risultato è il “libro agile” che autori e editore si prefiggevano, “quasi una guida del territorio, sotto il comune denominatore della devozione popolare”. Non un saggio, ma un racconto di viaggio, come detto, anzi l’inizio di un percorso, perché c’è ancora da esplorare, fotografare, descrivere.
Una curiosità: ogni capitolo è preceduto dall’indicazione di un brano musicale moderno o classico che può accompagnare la lettura. È una colonna sonora suggerita dai curatori, con YouTube come risorsa: si cerca e si ascolta, mentre si legge.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ex voto della Grande Guerra. Nell’Eporediese e nelle valli alpine canavesane
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