Fall, Leaves, Fall suona come un sussurro, una cantilena, una ninnananna che culla dolcemente, questa poesia di Emily Brontë.
La traduzione italiana, Cadano le foglie cadano, suona quasi come un tradimento perché non conserva la melodia, l’orchestrazione perfetta dell’originale inglese. L’autrice di Cime tempestose ci canta l’inno crepuscolare delle cose che finiscono: Fall, leaves, fall; die, flowers, away in un successione sonora irresistibile in grado di suggerire un senso progressivo di dissolvimento.
L’autunno inglese deve essere, del resto, la quintessenza della poesia: lo diceva anche John Keats “stagione delle nebbie e morbida abbondanza” nella sua splendida Ode all’autunno. Per le sorelle Brontë l’autunno rappresentava la culla in cui erano cresciute, nell’umida e selvaggia brughiera dello Yorkshire dove il fruscio del vento tra le foglie era l’unica voce per miglia e miglia; non sorprende quindi che molte delle loro liriche siano poesie autunnali, ambientate in un’atmosfera crepuscolare di perenne disincanto nella quale le foglie, gli alberi, le radici rivestono un ruolo preponderante.
I boschi autunnali nei dintorni della canonica di Haworth ritornano anche negli acquarelli di Anne, la più giovane delle sorelle; ma fu il genio di Emily Brontë a ritrarre l’autunno nel suo tempestoso splendore poetico venato di inquietudine. Lo stesso aggettivo wuthering che diede il titolo al suo capolavoro Wuthering Heights, Cime tempestose, sembra essere sussurrato dal fruscio del vento tra gli alberi della brughiera: wuthering è un aggettivo autunnale, derivato dalle atmosfere crepuscolari, in chiaroscuro, vibranti di attesa e sospiri, tipiche dell’autunno.
Ecco allora che nella vibrante cantilena di Fall, Leaves, Fall avvertiamo lo stesso sinistro e sibilante sussurro che anima Wuthering Heights, l’eco dell’eterno grido di Heathcliff: “Non lasciarmi solo in questo abisso, Catherine!”. Ed è sempre il vento che risponde, fluttuando tra gli alberi d’autunno.
“Cadano le foglie cadano” di Emily Brontë: testo
Fall, leaves, fall; die, flowers, away;
Lengthen night and shorten day;
Every leaf speaks bliss to me
Fluttering from the autumn tree.I shall smile when wreaths of snow
Blossom where the rose should grow;
I shall sing when night’s decay
Ushers in a drearier day.
“Cadano le foglie cadano” di Emily Brontë: traduzione
Cadano le foglie cadano muoiano i fiori
lunghe le notti e brevi i giorni
mi parla di felicità ogni foglia
fluttuando dagli alberi d’autunno
sorriderò quando ghirlande di neve
fioriranno dove un tempo era la rosa
canterò quando una notte morente
incalza un più tetro giorno.
“Cadano le foglie cadano” di Emily Brontë: analisi e commento
Emily Brontë scrisse questa poesia Falls, leaves, fall nell’autunno del 1838, mentre insegnava alla Law Hill School di Halifax.
Nella versione originale inglese la poesia era preceduta da un’altra poesia autunnale molto più lunga, di cui riportiamo la prima strofa:
Loud without the wind was roaring
Through the waned Autumnal sky,
Drenching wet, the cold rain pouring
Spoke of stormy winters nigh.
All too like that dreary eventually
Sighed without repining grief –
Sighed at first – but sighed not long
Sweet – how softly sweet it came!
Wild words of an ancient song –
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Una poesia ampiamente descrittiva e paesaggistica, dunque, che indugia a lungo nella rappresentazione dell’atmosfera autunnale: il vento che ruggisce, il cielo che si oscura, la pioggia fredda che cade. Nella parte centrale, tuttavia, Emily Brontë inserisce anche l’elemento umano che è dato da un sospiro: l’unica presenza umana nell’intera poesia è data da un sospiro (“sospirò all’inizio, ma non sospirò a lungo”) che si smarrisce nel vento e diventa il principio di Wild words of an ancient song, ovvero delle parole selvagge di un’antica canzone. Inizia così il canto autunnale di Emily, la cantilena malinconica delle cose che finiscono Falls, leaves, fall. Tutto sembra morire - le foglie cadono, muoiono i fiori, dice - eppure ogni foglia caduta parla di felicità nel presagio di un tempo che muta, patisce e sfiorisce e poi, un giorno, fiorirà ancora sotto altra forma.
Il canto delle cose che finiscono si alza quando la notte si leva, dunque in una prospettiva ribaltata che vede l’oscurità prendere il posto della luce, l’inizio è nella notte e non, come di consueto, nell’alba di un nuovo giorno. La notte morente, nelle parole di Emily Brontë, incalza un “più tetro giorno”; sembra essere il principio apocalittico di un’unica interminabile notte, nox est perpetua una dormienda, come scriveva Catullo nel celebre Carme 5. Dovremo dormire “un’unica interminabile notte”, una volta tramontato il tempo breve della nostra vita, scriveva il poeta latino.
L’autunno di Emily Brontë sembra farsi presagio di quell’eterna notte; ma il suo canto Fall, leaves, fall; die, flowers, away appare quasi un’invocazione, un richiamo, un imperativo affinché le cose finiscano.
Forse è il grido di Heathcliff che cerca di richiamare a sé un fantasma?
Catherine Earnshaw, possa tu non trovare pace finché io avrò vita; dicesti che io ti avevo uccisa; perseguitami allora!
Perseguitami allora! questo sussurrano le foglie scosse dal vento imperioso dell’autunno, ma il desiderio di Heathcliff non si è ancora placato, ancora le sue sgrida si agitano nel vento, chiedendo di essere ascoltate, implorando alla donna amata di farsi fantasma, di perseguitarlo in un’altra forma e, così, di non abbandonarlo:
So che dei fantasmi hanno vagato sulla terra. Sii sempre con me, assumi qualsiasi forma, fammi impazzire! Solo non lasciarmi in questo abisso dove non riesco a trovarti! Oh Dio! Non ci sono parole per dirlo! NON POSSO vivere senza la mia vita! NON POSSO vivere senza la mia anima!
Infine appare chiaro che nella sua visione d’autunno l’autrice non sta esprimendo ciò che vede all’esterno, ma sé stessa. La stagione autunnale viene espressa, in questi versi, attraverso una lunga vibrazione emotiva. La natura diventa la voce della coscienza della poetessa: a tal proposito è interessante notare che le foglie morenti non si fanno portavoci di fragilità o disperazione, ma di felicità.
L’autrice nel cadere delle foglie (falling leaves) sembra cogliere una sorta di beatitudine: come ben evidenzia, quasi in un mite sussurro, l’uso della parola bliss.
Every leaf speaks bliss to me
Fluttering from the autumn tree.
Nella strofa successiva le rose e la neve sembrano farsi metafora dell’interiorità dell’io lirico, qualcosa di candido e innocente; a prevalere però è il gelo, sono le ghirlande di neve (quasi un riferimento alle feste natalizie) a suscitare il riso e la gioia, non la rosa che anzitempo sfiorisce. Nell’ultimo distico, infatti, assistiamo all’avanzare del “giorno più cupo”; ma non si tratta di un presagio funesto, anzi, colui che narra lo invoca con una sorta di felicità speranzosa.
Attraverso la sua intensità poetica Emily Brontë riesce a cogliere l’essenza tormentosa dell’autunno, la stagione inquieta per eccellenza, colei che non conosce requie ed è tempestosa poiché è chiamata a portare sconvolgimenti.
Della cupezza dell’autunno si nutre la scrittura di tutte e tre le sorelle Brontë, Charlotte, Emily ed Anne, trovando in ciascuna di loro una degna ambasciatrice poetica.
Fall, leaves, fall; die, flowers, away sembra quasi un ritornello di infanzia, una filastrocca recitata nelle sere più buie attorno al fuoco, una sorta di rito propiziatorio da pronunciare ad alta voce perché sortisca il proprio effetto, come un incantesimo che ogni anno si ripete.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Fall, Leaves, Fall”: la poesia autunnale di Emily Brontë
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