Il giorno della Festa del Papà vi proponiamo la lettura di Forse la mia ultima lettera a Mehmet. Questa lirica fu composta probabilmente nel 1955, mentre il poeta turco Nazim Hikmet (1902-1963) si trovava in esilio in Unione Sovietica. Infatti nel 1950 era fuggito dalla Turchia dove nel 1938 era stato incarcerato per le sue attività sovversive.
Forse la mia ultima lettera a Mehmet è il testamento spirituale di un padre che, consapevole di non poter rivedere il figlio, lascia un’eredità di ideali, di amore per la vita e la speranza di un futuro migliore. Non è del resto il Foscolo a insegnarci la funzione eternatrice della poesia che vince il tempo, cioè la morte?
Forse la mia ultima lettera a Mehmet di Nazim Hikmet: testo
Da una parte
gli aguzzini tra noi
ci separano come un muro
d’altra parte
questo cuore sciagurato
mi ha fatto un brutto scherzo
mio piccolo, mio Mehmet
forse il destino
m’impedirà di rivederti.Sarai un ragazzo, lo so,
simile alla spiga di grano
ero cosi quand’ero giovane
biondo, snello, alto di statura;
i tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre
con dentro talvolta uno strascico amaro
di tristezza,
la tua fronte sarà chiara infinitamente
avrai anche una bella voce,
la mia era atroce -
le canzoni che canterai
spezzeranno i cuori
sarai un conversatore brillante
in questo ero maestro anch’io
quando la gente non m’irritava i nervi
dalle tue labbra colerà il miele
ah, Mehmet
quanti cuori spezzerai!È difficile allevare un figlio senza padre
non dare pena a tua madre
gioia non gliene ho potuta dare
dagliene tu.Tua madre
forte e dolce come la seta
tua madre
sarà bella anche all’età delle nonne
come il primo giorno che l’ho vista
quando aveva diciassette anni
sulla riva del Bosforo
era il chiaro di luna
era il chiaro del giorno
era simile a una susina dorata. Tua madre
un giorno come al solito
ci siamo lasciati: A stasera!
Era per non vederci più.
Tua madre
nella sua bontà è la più saggia delle madri
che viva cent’anni
che Dio la benedica.Non ho paura di morire, figlio mio;
però malgrado tutto
a volte quando lavoro
trasalisco di colpo
oppure nella solitudine del dormiveglia
contare i giorni è difficile
non ci si può saziare del mondo
Mehmet
non ci si può saziare.Non vivere su questa terra
come un inquilino
oppure in villeggiatura
nella natura
vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre
credi al grano al mare alla terra
ma soprattutto all’uomo. Ama la nuvola la macchina il libro
ma innanzi tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza
del ramo che si secca
del pianeta che si spegne
dell’animale infermo
ma innanzitutto la tristezza dell’uomo.Che tutti i beni terrestri
ti diano gioia
che l’ombra e il chiaro
ti diano gioia
che le quattro stagioni
ti diano gioia
ma che soprattutto l’uomo
ti dia gioia. La nostra terra, la Turchia
è un bel paese
tra gli altri paesi
e i suoi uomini
quelli di buona lega
sono lavoratori
pensosi e coraggiosi
e atrocemente miserabili
si è sofferto e si soffre ancora
ma la conclusione sarà splendida.Tu, da noi, col tuo popolo
costruirai il futuro
lo vedrai coi tuoi occhi
lo toccherai con le tue mani. Mehmet, forse morirò
lontano dalla mia lingua
lontano dalle mie canzoni
lontano dal mio sale e dal mio pane
con la nostalgia di tua madre e di te
del mio popolo dei miei compagni
ma non in esilio
non in terra straniera
morirò nel paese dei miei sogni
nella bianca città dei miei giorni più belli.Mehmet, piccolo mio
ti affido
ai compagni turchi
me ne vado ma sono calmo
la vita che si disperde in me
si ritroverà in te
per lungo tempo
e nel mio popolo, per sempre.
Forse la mia ultima lettera a Mehmet: analisi e commento
Metrica: il testo è diviso in sei strofe di 111 versi liberi – in originale e in traduzione – di varia lunghezza. È stato Hikmet a introdurre il verso libero nella poesia turca, forse influenzato dalle soluzioni formali adottate da Majakovskij che conobbe personalmente. Infatti studiò all’Università di Mosca e lesse la poesia Futurista.
Quanto al lessico, l’autore sceglie da outsider una lingua semplice, vicina al parlato del popolo, che l’esigua punteggiatura rende ancora più scorrevole. Tanto che il coetaneo Pablo Neruda lo definì “la voce del mondo”. Hikmet crede in una poesia utile, reale e condivide con Joyce Lussu, sua traduttrice in lingua italiana, l’idea della poesia come arma politica. È leggendario il successo di pubbliche letture - in cui la declamazione si scioglie in canto - che aggirarono lo scoglio dell’analfabetismo per coinvolgere la folla su problemi sociali.
Analisi e significato I strofa
Mio piccolo Mehmet, motivi politici e di salute ci separano. Da un lato la polizia turca, che mi ha processato e condannato al carcere, ci tiene lontani come un muro. Dall’altro i problemi cardiaci destinati ad aggravarsi mi impediranno di rientrare in patria. Probabilmente non ti rivedrò più.
L’autore esprime in modo diretto e doloroso la condizione di lontananza che gli impedirà di rivedere i suoi cari, in particolare il suo unico figlio Mehmet, dedicatario di questa commovente lettera in forma di lirica. All’epoca della stesura aveva 4 anni. Seri problemi di cuore e più di un infarto minarono la sua salute, indebolita da lunghe detenzioni, torture e privazioni. Hikmet sarà stroncato da un infarto a Mosca il 3 giugno 1963 sulla soglia del proprio appartamento.
L’anafora di “da una parte” e “d’altra parte” enfatizza la posizione del poeta, imbottigliato tra detenzione e problemi di salute.
Analisi e significato II strofa
Il poeta immagina il figlio da grande: biondo, snello, alto, con la sua stessa corporatura. Gli occhi grandi e tristi della mamma. Fronte spaziosa, una voce più armoniosa della sua. Se lo figura come un rubacuori dalla voce capace di incantare.
L’unico figlio di Nazim Hikmet, nato il 26 marzo 1951, fece il pittore e visse a Parigi dove si spense nel 2018. Curiosamente nel suo manifesto funebre campeggia la foto dell’attore Gary Cooper, di cui era un fan, forse per omaggiare la sua avvenenza. È proprio vero che ogni cultura ha il suo senso dell’umorismo nero o più semplicemente la propria cultura della morte. Parenti e amici, infatti, lo chiamavano scherzosamente Mehmet il Bello. Al momento della morte del padre si trovava a Varsavia. Gli assomigliava molto, a partire dagli occhi azzurri.
La triplice anafora dell’imperfetto del verbo essere in relazione all’autore ha un forte peso specifico. Dimostra sia la consapevolezza dell’approssimarsi della fine, sia l’isolamento carcerario. Altrimenti perché il poeta dovrebbe parlare di se stesso al passato, specie nelle espressioni: “la mia voce era atroce” e “anch’io ero bravo a conversare”?
In ogni caso sembra che Hikmet si auguri con orgoglio paterno che il figlio diventi attraente, affabulatore e dongiovanni come lui.
Analisi e significato III strofa
Esorta il figlio a non dare preoccupazioni alla mamma, gravata dal peso di doverlo allevare da sola. Si rammarica di essere stato un marito poco presente. A seguire enumera le doti della donna. Forte e dolce; buona e saggia; di una bellezza immune all’insulto del tempo. Ne rievoca la bellezza adolescenziale di quando si incontrarono al chiaro di luna sulla riva del Bosforo. Poi un salto temporale fotografa il momento in cui si sono salutati per l’ultima volta, ignari si trattasse di un addio. La strofa termina con l’augurio di rito di lunga vita.
A colpire è il fatto che il sentimento d’amore rimane intatto, nonostante il destino avverso e l’assenza. Ricordate la lirica d’amore in cui “l’assenza non è che un ponte tra noi”? La madre di Mehmet è la terza moglie Münnevver Andaç, traduttrice in francese e in polacco. In realtà i due si conobbero in prigione, dove la donna andava a trovarlo.
Due similitudini ne sintetizzano concrete carattere e fisicità. “Forte e dolce come la seta”: da sempre questa fibra di origine animale ha il pregio di coniugare morbidezza e resistenza. “Simile a una susina dorata”: in Persia da dove proviene (vi ricordate dell’antica Susa?) questo frutto è simbolo di gioventù. L’iterazione per 5 volte di “tua madre” è coerente con l’impronta di una lirica dedicata al loro unico figlio.
Analisi e significato IV strofa
Pur dichiarando al figlio di non aver paura di morire, gli confida alcune debolezze: a volte si sorprende all’improvviso, oppure in carcere perde il conto dei giorni. Ribadisce con forza la sua fame di vita di cui è impossibile saziarsi. Lo esorta ad amare la terra come se gli appartenesse; ad amare e a partecipare alla vita della natura e del prossimo. A saper gioire di tutto ciò che la terra offre. Segue la nostalgia per la Turchia e l’elogio di quei turchi che, possedendo una buona indole, portano avanti coraggiosamente i loro ideali.
Nella quarta strofa di 40 versi, la più lunga, l’autore introduce il tema centrale dell’eredità con una serie di consigli rivolti all’uomo in generale. Amare anche le piccole cose che sembrano insignificanti, ma non lo sono e amare quelle più grandi come il senso di appartenenza alla propria terra, a un popolo. Interessante l’invito ad ascoltare con attenzione il mondo per poter cogliere il senso della nostra esistenza anche attraversandone il lato doloroso.
Analisi e significato V strofa
Tu figlio avrai la possibilità di costruire e vedere il futuro. Io invece morirò lontano tormentato dalla nostalgia di tua madre, di te, del mio popolo. Ma non sarò mai in esilio, perché sarò morto nella città dei miei sogni. Dove solo la libertà ha cittadinanza.
Osserviamo la concretezza dei termini indicanti la patria: “lingua”, “canzoni”, “sale”, “pane”, “famiglia” e “compagni di lotta”. Infatti lingua, tradizioni, cibo, affetti sono tra i principali indicatori identitari. Nelle poesie che conosco, però, della religione musulmana non fa cenno.
Analisi e significato VI strofa
Il poeta affida simbolicamente Mehmet agli uomini che condividono i suoi stessi ideali. Ribadisce di non avere paura della morte, perché la vita continua nel figlio e nelle generazioni che verranno di tutto il suo popolo.
Negli ultimi versi il poeta si congeda con l’affermazione più forte di coraggioso attaccamento alla vita e questo gli basta per affrontare la morte senza paura. Malgrado la struggente malinconia, emerge con forza il messaggio di speranza e di fiducia nell’uomo e nei giovani che, come Mehmet potranno migliorarlo.
Non stupisce che Nazim Hikmet sia stato tradotto in 50 Paesi. La semplicità stilistica è il segreto della forza della sua scrittura. Ciò che sorprende è la sua fame di vita, la speranza, malgrado un’esistenza tormentata, e il suo amore granitico per i suoi cari, la libertà, il suo Paese.
La mia ultima lettera a Mehmet: la traduttrice in italiano
A portare la bellezza della poesia di Hikmet in Italia è stato un traduttore d’eccezione che ignora la lingua turca.
La traduttrice in italiano di Hikmet è Gioconda Beatrice, patrizia di Fermo detta Joyce coniugata Lussu. Anche se a venirvi in mente è il politico e scrittore sardo, è ingiusto segregarla nel ruolo di “moglie dell’autore di Un anno sull’altipiano. Joyce Lussu – saggista, storica, poetessa, partigiana, politica militante, antropologa, femminista, ambientalista ante litteram – intrecciò con l’esule turco incontrato a Stoccolma un profondo sodalizio umano e professionale. Pur ignorando il turco, fu grazie alla mediazione del francese che riuscì a rubare l’anima delle poesie di Hikmet che tradusse con rara sensibilità. Bellissima, aristocratica, poliglotta ebbe una vita rocambolesca.
Ma questa è un’altra storia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Forse la mia ultima lettera a Mehmet: la poesia di Nazim Hikmet al figlio
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