Ad Oslo esiste un luogo che è croce e delizia di tutti i lettori curiosi e di molti scrittori: si trova all’ultimo piano della biblioteca cittadina e custodisce libri che non possono essere letti. La chiamano Silent room (la stanza silenziosa) ed è uno scrigno interamente foderato in legno con cento teche in vetro ermeticamente chiuse. Molte sono vuote. Con il tempo conterranno altrettanti volumi, uno per anno, che potranno essere pubblicati solo nel 2114. L’idea è parte integrante del progetto Future Library ideato nel 2014 dall’artista scozzese Katie Paterson e nasce dalla collaborazione con la capitale norvegese.
Future Library: come funziona il progetto?
Ogni anno ad ottobre viene interpellato un autore. La scelta cade su qualcuno che si è distinto per meriti letterari e per la capacità di catturare l’immaginazione delle generazioni presenti e future: dovrà scrivere un libro e accettare la pubblicazione differita, oltre a un vincolo di segretezza che gli impone di non rivelare trama e contenuto. Si può conoscere solo il titolo. L’opera viene consegnata nella primavera dell’anno successivo in una cerimonia pubblica che avviene in un luogo simbolico: la foresta Nordmarka.
L’aspetto green della biblioteca pensata per il futuro è un ingrediente fondamentale. Così alle porte di Oslo sono stati piantati mille abeti. Gli alberi, a 9 anni dall’avvio del progetto, sono robusti e alti un metro. Avranno tempo per crescere: serviranno per ricavare la carta necessaria alla stampa dei cento libri dormienti. Per ora contribuiscono alla creazione di uno spazio verde di grande bellezza, meta delle famiglie e cornice ideale per la cerimonia annuale di consegna dei libri. Un luogo suggestivo, che fa il paio con la Silent room di recente aperta al pubblico, unico caso di biblioteca dove i libri dormienti si possono vedere, ma non toccare.
Gli scrittori e le scrittrici coinvolti nel progetto Future Library
La prima a rispondere all’appello di Katie Paterson è stata la canadese Margaret Atwood, autrice tra gli altri de Il racconto dell’ancella. Per la biblioteca del futuro ha scritto Scribbler Moon.
Negli anni successivi è toccato all’inglese David Mitchell, all’islandese Sjon, all’autrice turca Elif Shafak e alla sud coreana Han Kang, al norvegese Karl Ove Knausgard, al vietnamita Ocean Vuong, all’autore dello Zimbabwe Tsitsi Dangarembga. Nel 2023 è la volta di Judith Schalansky. L’aspetto curioso dell’intero processo è la consapevolezza da parte delle persone coinvolte, scrittori compresi, che nessuno di loro assisterà all’atto finale del progetto per ovvie ragioni anagrafiche, né potrà essere tra i lettori di questi libri. Allo stesso modo molti degli autori che verranno coinvolti nel futuro potrebbero non essere ancora nati.
Un’eredità per il futuro
Si tratta di un atto di continuità e di estrema fiducia nella cultura e nel potere della lettura. Ma anche di un gesto liberatorio, almeno dal punto di vista degli scrittori. Così Mitchell ha potuto inserire nella sua opera i versi di una canzone dei Beatles (Here comes the sun) considerato che per allora i diritti d’autore saranno scaduti: il dettaglio gli è sfuggito in maniera accidentale nel 2017. Knausgard scherza a proposito del sollievo di non doversi preoccupare delle critiche letterarie e Margaret Atwood ha paragonato l’operazione ad un messaggio in bottiglia da affidare al futuro. Un invito a modificare la percezione del tempo e ad avviare un pensiero e una progettazione più a lungo termine, che superi il qui e ora così in voga nella società contemporanea e pensi all’eredità per le generazioni future. Con un pizzico di invidia per quei lettori che potranno accedere a tutti questi inediti preclusi ai contemporanei.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Future Library a Oslo: la biblioteca del futuro in cui saranno pubblicati libri solo tra cento anni
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