Geoffrey Chaucer è considerato il più grande poeta e scrittore britannico di epoca medievale, nonché il padre della lingua e della letteratura inglese, per essere stato il primo a comporre in Middle-English.
Chaucer, infatti, sostituì ai consueti latino e francese, il dialetto londinese del XIV secolo, a cui conferì la dignità stilistica che meritava.
Ma non si fermano certo qui né la portata né l’originalità dell’opera di Chaucer, che con i suoi I Racconti di Canterbury rappresenta una pietra miliare nella storia della letteratura mondiale.
Analizziamo la trama e le complesse tematiche di questo capolavoro senza tempo, eccellente e vivace affresco di un’era, nonché le tappe salienti della vita privata e artistica di Chaucer a distanza di seicentoventiquattro anni esatti dalla morte, avvenuta il 25 Ottobre del 1400.
Geoffrey Chaucer: la vita
Le notizie frammentarie e a volte imprecise non ci consentono di ricostruire una biografia dettagliata ed esatta di Geoffrey Chaucer, ma esistono per fortuna dati certi attraverso i quali possiamo recuperarne un ritratto umano non troppo approssimativo e pertanto utile a comprenderne meglio la poetica.
Appartenente ad una famiglia della ricca borghesia, figlio di un commerciante di vino che riforniva i reali, Chaucer nacque poco dopo il 1340 (forse ’43) a Londra.
L’agiata posizione sociale ed economica gli consentì di frequentare le migliori scuole e addirittura la corte durante il regno di Edoardo III.
La politica, la Corona e gli affari occuparono gran parte della sua esistenza.
Sappiamo che nel 1359 Chaucer combatté durante la Guerra dei Cent’anni e che, caduto prigioniero, venne riscattato dal sovrano, potendo così tornare ben presto al ruolo di paggio di corte prima di essere nuovamente inviato nel Paese d’Oltralpe in missione diplomatica.
Dopo gli studi in legge allo Inner Temple, nel 1366 Chaucer sposò Philippa Roet, damigella della regina.
Seguì un periodo piuttosto convulso dal punto di vista politico, con incarichi che si moltiplicarono e lo condussero, fra l’altro, anche in Italia, dove sembra che abbia acquistato manoscritti di Dante, Petrarca e Boccaccio.
La morte della moglie avvenuta nel 1387 e lo sfavorevole mutamento a livello istituzionale causarono momenti di crisi, che tuttavia il poeta superò brillantemente a partire dal 1389 con il raggiungimento della maggiore età del re Riccardo e il ritorno di John of Gaunt, duca di Lancaster, del quale aveva ottenuto la protezione già intorno al 1368 allorché, in occasione della scomparsa dell’amata consorte Blanche colpita dalla peste nera (Black Death), aveva composto The Book of the Duchess ( Il Diario della Duchessa).
Arrivarono dunque incarichi di prestigio e nel 1391 lo scrittore venne nominato vice-intendente forestale del parco di North Pheterton, nel Somersetshire.
Chaucer morì a Londra il 25 Ottobre del 1400 e da allora riposa in una tomba monumentale all’interno dell’Abbazia di Westminster.
I Racconti di Canterbury, capolavoro di Chaucer: trama, tematiche e fortuna
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Il capolavoro di Geoffrey Chaucer è I Racconti di Canterbury ( The Canterbury Tales), alla cui stesura l’autore si accinse probabilmente nel 1386/87 per poi riprenderlo negli ultimi anni di vita.
Dell’ambizioso progetto iniziale, che contemplava una raccolta di ben 120 racconti, ne realizzò solo 24, oltretutto lasciandone incompiuti 3, ma ciò non ne sminuisce l’indiscusso ed eccezionale valore artistico, che consente di annoverare l’opera fra le più grandi che siano mai state realizzate in letteratura.
L’autore immagina un variegato gruppo di 29 pellegrini appartenenti alle classi sociali più disparate, in viaggio verso le sacre spoglie di San Tommaso di Canterbury (Thomas Becket), custodite nel santuario più importante del Regno Unito.
I membri del gruppo, di cui fa parte lo stesso Chaucer, si incontrano alla Locanda del Tabarro (Taband Inn) a Southwark.
Per rendere il viaggio più piacevole, l’oste suggerisce che ciascuno di loro debba raccontare due storie all’andata e due al ritorno e, alla fine, il narratore più bravo sarà festeggiato dagli altri.
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Nella sua Storia della letteratura inglese, Mario Praz spiega in questi termini la complessità e l’eterogeneità di temi e stili all’interno dell’opera, nella quale, afferma,
"tutte le note sono toccate, dal patetico della storia del fanciulletto cristiano assassinato dagli ebrei (la storia di Ugo di Lincoln narrata dalla Priora) al grottesco della parodia di Sir Thopas; dal grassoccio delle storie ispirate ai fablieux [tipologia di poesie medievali francesi di lingua d’oil] (come quelle del Mugnaio e dell’Intendente), al devoto e all’edificante della vita di Santa Cecilia, narrata dalla seconda monaca, e del trattato dei sette peccati capitali col quale il parroco chiude il viaggio di andata. E non solo le novelle son narrate con una vivezza dialogica e drammatica che sorpassa quella dei migliori fablieux e s’avvicina piuttosto alla Commedia dantesca, ma i caratteri dei pellegrini son tratteggiati con penetrazione psicologica, umorismo e pienezza di vita, tali da collocare il Chaucer in un posto altissimo nella letteratura medievale, un posto inferiore forse soltanto a quello del "gran poeta d’Italia", come il Chaucer chiamava Dante".
Cosa aggiungere ancora?
In effetti, così come la Divina Commedia è la summa del Medioevo, una sintesi grandiosa di questa epoca storica raccontata da un punto di vista aristocratico/teologico, altrettanto si può dire de I Racconti di Canterbury, che però si dipanano lungo un percorso narrativo di stampo borghese/realistico.
Chaucer e Boccaccio: analogie e differenze
Una trattazione a parte merita il confronto con Giovanni Boccaccio, primo ed evidente punto di riferimento di Chaucer per I Racconti.
Le analogie fra il poeta britannico e il toscano sono chiare: stesso genere letterario e medesima struttura compositiva, che vede la riunione di un gruppo di persone che a turno espone novelle all’interno di una "cornice" che dà ad esse la giusta coesione.
Tuttavia le differenze non mancano e sono piuttosto sostanziali.
Una delle principali si riscontra nella caratterizzazione dei personaggi, trattati in maniera decisamente più individualistica e dinamica nell’impostazione generale dell’opera inglese di quanto non avvenga invece nel Decameron, dove i protagonisti sono innanzitutto funzionali ai racconti e si muovono nell’ambito di un’atmosfera fissa, rarefatta e quasi irreale.
Se la brigata boccacciana si compone esclusivamente di giovani aristocratici e raffinati, quella che dà vita a I Racconti di Canterbury, al contrario, include un’umanità estremamente composita, con la presenza di uomini e donne appartenenti ai ceti più diversi, proprio per offrire un esaustivo e vivace spaccato della società del tempo.
Del tutto opposto, inoltre, è il movimento che le due brigate compiono: dalla città alla campagna circostante in Boccaccio, verso un luogo lontano in Chaucer.
Nel Decameron l’esperienza sociale dei personaggi è interamente circoscritta alla villa chiusa e isolata in cui si trasferiscono per sfuggire alla peste, mentre ne I Racconti il contesto aperto e dinamico del viaggio mostra l’incontro di tante realtà umane diverse.
I rapporti ideologici e strutturali che nell’opera di Boccaccio appaiono in perfetto equilibrio oltre che ben delimitati fra loro, in quella di Chaucer si scompaginano dando vita ad una realtà che si rivela in tutta la sua intricata vitalità.
Non si può, infine, non menzionare un tratto comune ad entrambi i poemi e ai loro rispettivi autori, che forse è anche quello che balza prima di ogni altro agli occhi di chi legge, ovvero la vena ironica e corrosiva che li percorre dall’inizio alla fine e che, spesso, diventa pura ed aperta dissacrazione.
I Racconti di Canterbury: il film di Pier Paolo Pasolini
De I Racconti di Canterbury esiste un’omonima versione cinematografica italiana firmata da Pier Paolo Pasolini.
Il film, una riduzione ispirata ad otto racconti del libro originale, fu girato nel 1972 e venne premiato al Festival di Berlino.
Tra gli interpreti principali Franco Citti, Laura Betti, High Griffith, Ninetto Davoli, Alan Webb e Josephine Chaplin, mentre lo stesso Pasolini ritaglia per sé il ruolo di Chaucer.
Altre opere di Chaucer: caratteri essenziali
Geoffrey Chaucher ci ha lasciato una vasta produzione letteraria di cui le opere principali sono tutte in versi.
Il poeta era un profondo conoscitore della letteratura latina classica, in particolare di Ovidio e Virgilio, e di quella medievale, nonché delle principali letterature romanze; da ognuna attinse a piene mani, ma gli influssi e le contaminazioni provenienti da altri scrittori, seppur numerose, nulla tolgono alla sbalorditiva originalità del suo lavoro.
Alcuni dei suoi componimenti più celebri e riusciti appartengono al periodo compreso tra il 1382 e il 1386.
Citiamo:
- La casa della fama ( The House of fame), dove risulta evidente il richiamo alla Commedia dantesca, seppur senza l’ispirazione religiosa che invece contraddistingue il poema del fiorentino
- Troilo e Criseide ( Troilus and Criseyde) si rifà al Filostrato di Boccaccio;
- ne La leggenda delle donne virtuose ( The Legend of Good Woman) non è difficile riconoscere l’influenza delle Eroidi di Ovidio e del De claris mulieribus di Boccaccio (di cui Chaucer attribuì erroneamente la paternità a Petrarca);
- Il Parlamento degli Uccelli ( The Parlament of Fouls), circa 700 versi fra l’onirico e il fantasy in cui, fra l’altro, c’è il primo riferimento storico riconosciuto del giorno di San Valentino come festa degli innamorati;
- il già citato Il Diario della Duchessa ( The Book of the Duchess), risalente al 1368 circa, scritto in occasione della prematura scomparsa di Blanche, nuora del re Edoardo III.
In linea generale, in una prima fase la poetica di Chaucer subì fortemente l’influsso della letteratura francese (teniamo presente che la lingua d’Oltralpe era quella ufficiale alla corte britannica, oltre che la più diffusa in Europa) e, particolarmente, del Roman de la Rose (che lui stesso tradusse in inglese), da cui riprese soprattutto l’elemento allegorico/cortese, mentre, successivamente, si aggiunse in maniera massiccia quello dei grandi italiani del ’300, a cominciare da Dante e Boccaccio.
L’esito artistico è un linguaggio letterario straordinariamente eclettico, che si esplica attraverso forme narrative organiche strutturate intorno ad una perfetta conoscenza delle tecniche poetiche, anche metriche, che Chaucer, fra l’altro, contribuì a rinnovare.
Si deve a lui, infatti, l’invenzione del pentametro giambico, in seguito noto come distico eroico o chiuso, che per via dell’accentuata cadenza conversazionale si rivelò estremamente funzionale alla sua lirica ricca di suoni, colori, intrecci e contrasti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Geoffrey Chaucer: vita e opere del padre della letteratura inglese
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