Gianluca Morozzi nasce a Bologna nel 1971. Ha studiato Giurisprudenza senza che ci fosse un solo motivo valido per farlo, come ci dice lui. È il più grande tifoso del Bologna mai esistito. Vive circondato di fumetti e la sua serie preferita è quella dell’Incredibile Hulk nei dodici anni in cui è stata scritta da Peter David. Ha un occhio bicolore, il sinistro, in cui nel marrone si nota un visibile spicchio azzurro. Il suo gruppo preferito di sempre sono gli Who, il cantante preferito è Bruce Springsteen. Esordisce nel 2001 con “Despero” (Fernandel) e da allora non si è più fermato. Il grande successo arriva nel 2004 quando esce “Blackout” (Guanda) che viene tradotto anche per il mercato inglese e americano e che diventa un film per la regia di Rigoberto Castaneda nel 2007. 14 libri pubblicati, tra cui ricordiamo anche "L’era del porco" e "L’abisso". Il suo ultimo romanzo è “Colui che gli dei vogliono distruggere”, freschissimo di stampa, pubblicato da Guanda.
Gianluca, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
- Prima chiacchiera: È appena uscito il tuo ultimo libro, “Colui che gli dei vogliono distruggere” tra le cui pagine ho ritrovato molti particolari che appartengono alla tua vita reale. Intanto Bologna, che ricorre in molte delle tue storie. Leviatan, l’eroe che si fa chiamare Daniel, vende dischi e fumetti rari e tu i fumetti li adori. Ha strani poteri che cambiano da un giorno all’altro senza che lui possa farci nulla, e ho pensato a Hulk che è il tuo fumetto preferito e che si trasforma quando si arrabbia e non sa controllarsi. Ti sei divertito a infilare in un personaggio così tanto di te?
Bologna è sempre uno sfondo molto utile e duttile... vuoi fare un romanzo noir e la puoi usare, un romanzo rock e la puoi usare, un romanzo giovanilista...
I fumetti e il rock, due delle mie passioni, sono alla base del romanzo, e dire che mi sono divertito a scriverlo è riduttivo... avrei potuto tirare avanti per 900 pagine, tanto era facile. Comunque, la parte più autobiografica sta su Terra Prima, nell’episodio della Grecia e nella trasmissione televisiva con il giocoliere maldestro... tutta vita vissuta! Ah, anche il cinema porno con Elettra...
- Seconda chiacchiera: Hai raggiunto quota 14 libri, spero di non aver contato male. Tu che di gavetta ne hai fatta molta, scelto e promosso dalla lungimirante Fernandel, come vedi chi al primo libro fa l’exploit, la cosiddetta scheggia impazzita da un milione di copie e decine di premi al primo colpo? Cambieresti il tuo faticoso percorso con uno più immediato, fulminante, tipo quello di Paolo Giordano per intenderci?
Dieci romanzi, due graphic novel e i primi due volumi della serie a fumetti FactorY, totale 14. Comunque: se avessi venduto un milione di copie subito, già con "Despero", ovviamente sarei stato felicissimo. Col senno di poi mi sarebbe mancata la classica gavetta, utilissima per farsi le ossa, affilare le armi e affinare lo stile. E poi vuoi mettere quanti spunti ti dà andarsene in giro a presentare il tuo libro portandoti le copie nello zaino tra una festa della salsiccia e una biblioteca in mezzo ai monti, piuttosto che farsi subito un premio Strega?
- Terza chiacchiera: "Blackout" è stata la svolta. Grande successo, pubblicato all’estero, addirittura un film, che ha reso “Gianluca Morozzi” un nome noto. Perché è capitato a quel libro e non a un altro?
Intanto perché è un romanzo un po’ più classico degli altri...
Faccio un esempio con i fratelli Coen: il lettore medio, non so, mia madre, se vede in tv “Il grande Lebowski” (che io ho visto dieci volte) dopo cinque minuti dice “che baggianata” e cambia canale. Se vede “Non è un paese per vecchi” se lo guarda tutto. Diciamo che “L’era del porco” è un po’ il mio grande Lebowski...
Poi Blackout si aggancia a una serie di paure molto comuni (la claustrofobia, la paura dell’estraneo, la paura del buio). E aveva una copertina di Scarabottolo molto suggestiva.
- Quarta chiacchiera: Dopo un’infinità di libri, lo scrittore Carmine Brancaccio ti dice di voler scrivere un libro dedicato alla tua biografia (n.d.r. "L’era del Moroz"). Cos’hai pensato?
Che Brancaccio era pazzo. Cosa che un po’ penso ancora, ringraziandolo per l’opera in questione.
Poi ho pensato che, di avere una biografia dedicata così presto, era successo a Brizzi ai tempi di "Il mondo secondo Frusciante Jack". Solo che lui poi ha sposato la sua biografa. Io escludo categoricamente di poter sposare Carmine Brancaccio!
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito. Un grandissimo in bocca al lupo per il libro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gianluca Morozzi
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