

Giuliano Brenna non è solo uno scrittore, ma ha dato vita alla casa editrice Il ramo e la foglia edizioni insieme a Roberto Maggiani. In questa chiacchierata, abbiamo avuto modo di porre alcune domande soprattutto sul suo ultimo romanzo L’odore dei cortili (Il ramo e la foglia edizioni, 2024).
- Prima di parlare del suo ultimo libro, le piacerebbe dirci come mai la vostra casa editrice ha come nome Il ramo e la foglia?
L’idea del nome della casa editrice ci è venuto pensando al continuo rinascere delle foglie sui rami, come simbolo di continua rigenerazione e rinnovamento, ed essendo la casa editrice nata durante il periodo del Covid, l’idea di rinascere alla luce, dopo un periodo buio e di reclusione, ci è venuta abbastanza spontaneamente.
In più, tra rami e foglie c’è un mutuo sostegno: i rami traggono nutrimento dalle foglie e così le foglie dai rami. Questo simboleggia il rapporto di mutuo sostegno e nutrimento che deve intercorrere tra editore e autori. E rami e foglie dipendono dal tronco, il quale affonda le sue radici nel terreno, così una casa editrice è sempre collegata alla contemporaneità, rappresentata proprio dal fusto dell’albero, e, sempre per analogia, le radici rappresentano il legame con la tradizione classica.
Dunque, il nome della casa editrice rappresenta un fluire continuo dalla tradizione lungo la contemporaneità fino a giungere allo sbocciare delle foglie rappresentato dai libri pubblicati.
- Il suo romanzo L’odore dei cortili è pubblicato con Il ramo e la foglia: è stata una decisione sin dall’inizio, mentre lo scriveva, o non ha trovato altri editori?


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Ho iniziato a scrivere L’odore dei cortili molto tempo prima che la casa editrice nascesse e il processo di scrittura è stato piuttosto lungo. Avevo proposto il manoscritto ad altre case editrici, ma le condizioni per la pubblicazione non mi soddisfacevano e comunque sentivo che il romanzo non era ancora pronto; quindi l’ho rimesso nel famoso cassetto dei manoscritti.
Il tempo è passato ed è nato Il ramo e la foglia e con Roberto abbiamo iniziato a pensare di pubblicare il romanzo. Tuttavia, è stata una decisione piuttosto combattuta e non presa alla leggera, perché abbiamo a lungo valutato l’opportunità di pubblicare un’opera scritta da chi è anche colui che valuta le opere da pubblicare. Così abbiamo fatto una profonda e impietosa revisione al testo e, quando ci è sembrato adatto alla nostra collana Romanzi, lo abbiamo mandato in stampa.
- La copertina e il titolo del libro sono entrambi belli. Dove ha trovato la foto e l’idea? Il ragazzo sembra, ma magari a me soltanto, Jean Genet e Pier Vittorio Tondelli.
L’immagine di copertina è un quadro di un mio amico pittore che si chiama Stefano Cipollari, e il ragazzo ritratto è un attore tedesco, Thomas Haustein, colto in una scena di un film interpretato in gioventù. Quando ho visto i primi bozzetti del dipinto sono stato subito colpito perché il volto mi ha immediatamente riportato alla mente quello del protagonista del libro, Mattia Rosenberg, come me lo sono immaginato in tutti questi anni in cui l’ho portato con me nei miei pensieri.
I cortili del titolo rappresentano quella zona di confine tra il privato e il pubblico, tra l’intimità della casa e lo sguardo dei passanti, un luogo in cui ci si espone, si mostra qualcosa della propria personalità. Il cortile è un luogo che evoca luce ma anche ombre, è uno spazio d’incontro. L’odore, perché spesso dai cotili esalano aromi e profumi che sfuggono al controllo dei proprietari, a volte possono creare imbarazzo, altre attrarre in modo misterioso. Gli odori sono molto presenti nella narrazione, sono il legame tra il passato e il presente, rappresentano il ricordo e sottolineano stati d’animo e momenti particolari. In alcuni passaggi ho preferito usare gli odori invece dei colori, per dare una sensazione in qualche modo tattile di quanto narrato. Infine, visto che alcuni passaggi del libro sono molto forti, o profondamente drammatici, ho voluto contrapporre a questi brani qualcosa di gentile e delicato.
- Chi è il personaggio Mattia e poi perché ambientare il romanzo in Portogallo, soprattutto a Lisbona negli anni Settanta?
Mattia è un ragazzo che si trova a fronteggiare sin da piccolo una vita difficile fatta di sparizioni e abbandoni, e questo provoca in lui una forte incertezza esistenziale ammantata da sensi di colpa. In più, proprio per la sua famiglia “asimmetrica” conosce ben presto la diversità e il pregiudizio che questa induce.
Posso dire che il romanzo è il percorso di formazione esistenziale e affettiva di Mattia, che per alcuni tratti incarna le difficoltà che molti ragazzi si ritrovano a fronteggiare anche oggi. Il romanzo parla anche di quella che io definisco una dittatura interiore che si riflette nella dittatura sociale, dovuta a certe leggi ma anche dall’atteggiamento delle persone, e per sottolineare tutto questo ho deciso di ambientare la narrazione in una dittatura reale. Quella portoghese è stata in Europa una delle più “longeve”, quindi, per mantenere la narrazione in un tempo abbastanza prossimo a noi, la scelta è caduta proprio sul Portogallo, che è una Nazione che amo molto. Per l’ambientazione a Lisbona mi sono basato anche sui ricordi dei numerosi periodi che vi ho trascorso.
- Cosa sapeva del Portogallo e della dittatura di Salazar prima di scrivere il libro? Si è documentato tanto? In quale anno finì la dittatura?
Come ho detto, conoscevo il Portogallo per esserci stato molte volte come turista, e, un po’ come tutti, attraverso libri e film. Della dittatura salazarista sapevo i fatti in modo piuttosto superficiale. Quando mi sono trovato a dover descrivere quel periodo mi sono documentato sui libri e sul web e, inoltre, una cara amica portoghese è stata di grande aiuto per definire alcuni particolari.
Il 25 aprile, poco dopo la mezzanotte, l’emittente Radio Renascença trasmise la canzone proibita dal regime: Grândola vila morena. Fu il segnale d’inizio della rivolta, che passerà alla storia col nome di Rivoluzione dei garofani, una rivolta incruenta in cui i fucili stettero muti e una ragazza che aveva un fascio di garofani da portare in un ristorante decise di infilarli nelle canne dei fucili per sottolineare proprio la rinascita attraverso un fiore, dopo la violenza.
- È contento di come è stato accolto il romanzo? Come sono state le recensioni?
Prima della pubblicazione del romanzo ero decisamente terrorizzato su come avrebbe potuto essere accolto: temevo stroncature o che, nonostante le tantissime riletture e un lungo lavoro di revisione, emergessero incongruenze o parti sgradite. Invece, devo dire che i commenti dei lettori sono stati piuttosto lusinghieri. Qualcuno mi ha confessato di avere anche pianto, altri mi hanno detto di essersi sentiti molto in sintonia con alcuni aspetti di Mattia.
Le recensioni sono state numerose e mi hanno decisamente soddisfatto. In generale è stato molto interessante osservare quali sono state le parti del romanzo che hanno maggiormente colpito i lettori, quali gli aspetti che hanno fatto arrabbiare, soffrire, gioire, e quali invece sono passati più inosservati.

Recensione del libro
L’odore dei cortili
di Giuliano Brenna
- Lei, Giuliano, condivide la sua vita con un altro uomo, il poeta Roberto Maggiani, e lo può dire senza problemi. Si ricorda come invece si viveva negli anni Ottanta in Italia?
Negli anni Ottanta era molto sentita la discussione sui diritti, sulle lotte da fare per conquistarli e c’era l’entusiasmo nel vedere che, a una a una, nelle nazioni europee c’erano aperture nei confronti della comunità Lgbt. I diritti sono arrivati in molti ambienti, è arrivata una certa visibilità, e anche in Italia, in modo molto timido, sono stati riconosciuti alcuni diritti alle coppie gay.
E oggi? Oggi buona parte della politica sta cercando di distruggere tutto questo, i diritti sono sempre in discussione, sono più le chiusure e la negazione. E di conseguenza a ciò aumentano i crimini d’odio e gli atti di omofobia, avallati anche dalla politica. In più, se guardiamo in giro per il mondo la situazione è drammatica, basti pensare alla Russia o agli Usa. Mi sembra di poter affermare che tutto l’odio riversato dai nazisti sugli ebrei, durante il secolo scorso, oggi venga riservato alla comunità Lgbt.
Riassumendo, negli anni Ottanta c’era la speranza, oggi si nota un certo oscurantismo. Insomma, la dittatura che complica le vite dei personaggi dell’Odore dei cortili sta tornando in tutta Europa.
- Ho letto in giro e sul web che, se si parla di lei, l’aggettivo più usato è “buono”; lei è una persona buona? È vero?
Questo non lo so, indubbiamente è un giudizio molto lusinghiero e ne sono felice. Credo che questo abbia origine nel mio desiderio di piacere agli altri e di fare bella figura. Cioè, cerco di stemperare una certa innata misantropia, che sarebbe decisamente impresentabile, con una dose di empatia e non posso negare di avere una certa capacità di ascolto. Anche se mi succede, durante una conversazione, di immaginare il mio interlocutore in situazioni estremamente spiacevoli, come per esempio essere trascinato sottoterra o ingoiato dalle fiamme. Per finire dirò che ho una certa abilità a non far capire a chi mi sta antipatico che, mentre mi sta parlando, lo vedrei venire trascinato sottoterra con grande piacere. Però alla fine, sì, sono buono.
- Lei è credente o lo è stato un tempo? Le manca non avere figli?
Ovviamente ho avuto l’educazione cattolica imposta a tutti, ma quando ho iniziato a ragionare in modo indipendente e a riflettere sulle cose sono diventato ateo. Aggiungerei che la chiesa e i cosiddetti cristiani, che sventolano bibbie e rosari per imporre discriminazioni e odio, sono sicuramente un buon esempio per abbandonare la religione.
Mi sono sempre chiesto un mio figlio come sarebbe diventato, cosa sarei riuscito a insegnargli di buono e di bello e come l’avrei osservato trovare la sua collocazione nel mondo. Questo per tutta una serie di motivi non è stato possibile: così è, l’accetto.
- Questa ossessione per Marcel Proust quando è nata? Lo ha riletto?
La passione per Marcel Proust è nata trentacinque anni fa, quando lessi la Recherche per intero e scoppiò un grande amore, tanto che appena terminata la lettura la ricominciai. Da allora Proust è sempre con me, ho riletto la Recherche per intero varie volte e, naturalmente, ho letto anche gli altri scritti di Proust, gli estratti, le biografie, molti saggi. Marcel, più che un’ossessione, direi che è una grande fonte di piacere, innanzitutto, poi è un compagno, un maestro e anche un esempio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Giuliano Brenna, editore e scrittore: in libreria il romanzo “L’odore dei cortili”
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