Nella Giornata mondiale contro l’omofobia analizziamo un racconto emblematico: Gli occhiali d’oro il romanzo breve di Giorgio Bassani, pubblicato nel 1958, che narra la tragedia di un uomo, il dottor Athos Fadigati, isolato e deriso a causa della sua omosessualità. La storia si concluderà nel dramma: il protagonista, straziato dall’abbandono del giovane amante, deciderà di togliersi la vita.
Il tema centrale del romanzo è l’esclusione che può manifestarsi anche nella forma insidiosa dell’omofobia - che ai tempi in cui il libro fu scritto non aveva ancora questo nome, poiché fu coniato nel 1971 dallo psicologo clinico George Weinberg. Bassani riesce a farci percepire l’avversione nei confronti del “diverso” attraverso poche pagine illuminanti che rendono evidente tutto il peso di uno stigma “invisibile”, tuttora molto difficile da denunciare.
Scritto nel 1958 e ambientato in epoca fascista, Gli occhiali d’oro è la tragica parodia di un’epoca che non ammette la diversità in qualsiasi forma essa si esprima: sia diversità di razza, di genere, di comportamento o di religione. La storia è narrata dal punto di vista di Davide, uno studente universitario ebreo, l’unica persona che riesce a comprendere il dottor Fadigati, poiché i due sono accomunati dalla percezione della propria diversità e da una esclusione civile e morale che li fa percepire simili. La società percepisce entrambi come individui “diversi”, di conseguenza “inaccettabili” o, peggio, “invisibili”. I protagonisti - l’io narrante e l’io narrato - sono vittime della medesima emarginazione.
Athos Fadigati era un medico stimato dalla buona società ferrarese, almeno finché non iniziano a diffondersi voci malevole sul suo conto che parlano di una sua presunta omosessualità.
“Che cosa dovrei fare?”, lo interruppi con impeto. “Accettare di essere quello che sono? O meglio adattarmi ad essere quello che gli altri vogliono che io sia?”.
In questa domanda, pronunciata ad alta voce, è racchiuso tutto il dramma della storia e anche la sua irreparabile fine. Bassani in questa sequenza interrogativa racchiude l’impotenza e il senso di colpa provati dall’essere emarginato, il suo conflitto interiore irreparabile, facendoci intuire - pure senza dare una risposta precisa - che nessuno deve rinnegare sé stesso in nome di un presunto senso di appartenenza. La cosiddetta “normalità”, dopotutto, è un concetto artefatto, una trama di apparenze costruite ad arte: ciò che ci fa amare i personaggi dei libri è proprio la loro invincibile singolarità.
Scopriamo più nel dettaglio la trama de Gli occhiali d’oro e il messaggio contro l’omofobia contenuto in questo piccolo libro, edito per la prima volta da Giulio Einaudi Editore negli anni Cinquanta del Novecento.
“Gli occhiali d’oro” di Bassani: il racconto dell’omosessualità
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Il romanzo breve di Bassani, di appena novanta pagine, inserito poi nel volume più corposo delle Storie ferraresi, inizia narrando già il triste destino del protagonista: ci viene preannunciato da subito, dunque, che non ci sarà alcun lieto fine.
Il dottor Fadigati irrompe nella storia introdotto da un verbo al tempo passato insieme alla notizia della sua morte, un’apparizione quasi fantasmatica:
Proprio lui che è finito così male poveruomo, così tragicamente.
Athos Fadigati ci viene presentato come l’otorinolangoiatra che aveva un ambulatorio in via di Gorgadello, vicino a Piazza delle Erbe. Al principio era un uomo stimato, uno straniero venuto da Venezia, medico e direttore del nuovo reparto dell’ospedale Sant’Anna. Ci viene descritto come un uomo lievemente pingue, dal volto glabro, che era solito indossare degli scintillanti occhiali d’oro (da cui il titolo del romanzo, Ndr).
Nelle prime pagine Bassani, attraverso la voce del narratore Davide, ci mostra come l’opinione nei confronti dello stimato medico di origine veneziana si modifichi nel tempo: inizia a destare sospetto il fatto che se ne stia sempre solo e non si decida a mettere su famiglia. La curiosità della provincia preme sadica nei suoi confronti: cosa mai faceva il dottore la sera dopo che chiudeva la porta dell’ambulatorio?
I compaesani, quando lo stimato Fadigati giunge alla soglia dei quarant’anni, si impegnano nella ricerca di una moglie all’altezza del prestigio del dottore; tuttavia la ricerca si rivela presto vana e le voci sul suo conto si fanno insistenti. C’è una stranezza nel dottor Fadigati che non si riesce a cogliere, non si tratta solo di temperamento “d’artista”. Iniziano a diffondersi insinuazioni malevole, che neppure il comportamento ineccepibile del dottore riesce ad alleviare. In fin dei conti Athos Fadigati è sempre la stessa persona di prima, svolge con coscienza il suo lavoro, trascorre le giornate nella stessa placida quotidianità scandita dagli impegni professionali, ascolta Bach e Mozart, svolge gli stessi riti; eppure la gente non lo guarda più con gli stessi occhi. La situazione si aggrava in maniera irreparabile con il trascorrere del tempo e il passare degli anni. L’incontro con il gigolò Eraldo Deliliers, uno studente di Bologna, farà precipitare le cose. Il dottore sarà truffato dal giovane, sedotto, derubato e, infine, abbandonato.
C’è un prima e dopo molto netto nella vicenda del dottor Fadigati: Giorgio Bassani lo esprime in modo magistrale nel corso della narrazione dando voce al “loro”, un’entità non meglio definita che tuttavia ci restituisce intatto il chiacchiericcio malevolo della gente dell’alta borghesia e, soprattutto, dà piena voce al pregiudizio. Nel mezzo della vox populi, che sancisce l’irreparabile esclusione di Fadigati tanto quanto del narratore esercitando un potere più che civile politico, emerge un parere singolare: quello della signora Lavezzoli. È costei infatti a pronunciare il giudizio definitivo di condanna, tanto nei confronti del protagonista, tanto quanto del narratore: l’uno rifiutato perché omosessuale, l’altro perché ebreo.
Athos Fadigati: un personaggio vittima dell’omofobia
Athos Fadigati è un personaggio fortemente simbolico. Porta il nome battagliero di un moschettiere: ciononostante viene umiliato pubblicamente, messo alla gogna, deriso e infine emarginato.
La società, che inizialmente lo stima per la sua posizione lavorativa e le sue capacità professionali, gli si rivolge contro come una belva che morde. Il disprezzo sociale, nel romanzo di Bassani, ha il volto sorridente e pulito della gente benestante e si esprime dentro le mura, solo in apparenza materne e accoglienti, della città di provincia, Ferrara, che soffoca gli abitanti nell’intimità ristretta dei suoi spazi.
L’omofobia non viene mai nominata nella narrazione di Bassani, eppure serpeggia angosciosa tra le righe come il presagio di una catastrofe annunciata.
Il dottor Fadigati, con i suoi iconici occhiali d’oro, diventa la rappresentazione di un eroe tragico sul quale tuttavia non viene compiuta una forma di violenza esplicita: si darà la morte per sua stessa mano, tuttavia - il lettore lo sa, lo percepisce con ogni fibra della propria mente - sono stati gli sguardi inquisitori della gente a inchiodarlo alla colpa, le voci malevole a ucciderlo. Nelle pagine assistiamo impotenti alla distruzione di un uomo onesto sul quale pende un giudizio implacabile di rifiuto e di condanna. La condanna sociale innescherà nel buon dottore un contrasto interiore che, infine, giungerà all’apoteosi nel rifiuto di sé.
Questa è l’omofobia e, nella storia di Athos Fadigati, assume la sua sembianza più tragica. Oggi dovremmo leggere gli “occhiali d’oro” come un simbolo: in essi è racchiuso il senso di solitudine, di impotenza, di tutte le persone emarginate per una ragione inammissibile, poiché nessuno dovrebbe mai pagare la “colpa” di essere sé stesso. Mettiamoci anche noi gli “occhiali d’oro” di Fadigati per guardare il mondo attraverso altri occhi. I libri posso aiutarci in questo, sono i veri “occhiali” che ci insegnano a vedere attraverso lo sguardo dell’altro, in una prospettiva rovesciata.
Recensione del libro
Gli occhiali d’oro
di Giorgio Bassani
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Gli occhiali d’oro” di Giorgio Bassani: un libro da leggere nella Giornata contro l’omofobia
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