Una poesia sulla morte fatta di sussurri, brividi, grida soffocate. Solo Edgar Allan Poe avrebbe potuto scriverla. Il maestro del racconto del terrore era anche un valido poeta e le sue liriche erano pervase della stessa inquietudine che caratterizza le sue celebrate opere narrative.
Nella poesia Gli spiriti dei morti (Spirit of the Death nell’originale, Ndr), Poe immagina un uomo che vaga in un cimitero - immaginiamoci un cimitero avvolto nella nebbia di novembre - e che a un certo punto si trova ai piedi di una lapide e, completamente solo, riflette sulla vita e sulla morte. Quale confine le divide? E, soprattutto, che cosa accade dopo?
Spirit of the Dead è una probabile riscrittura della poesia Visit of the Dead, pubblicata per la prima volta in Tamerlano e altre poesie (1827), la prima raccolta poetica di Poe. Di sovente infatti l’autore parlava del componimento come “una delle opere della mia fanciullezza”; l’opera passò a lungo inosservata per poi essere riscoperta dopo la fortuna de Il corvo e una più attenta analisi della poetica di Poe.
Nel suo poema in cinque strofe, Edgar Allan Poe immagina di parlare a quell’uomo nel cimitero - è lui, il vivo, l’ipotetico “tu” cui il canto è rivolto. In un sussurro - che risale lungo la schiena come un brivido - Poe ricorda all’uomo che sebbene pensi di essere solo, in realtà non lo è davvero, perché è circondato da quelli che sono gli spiriti dei morti.
Una curiosità: questo poema di Edgar Allan Poe è il testo dell’omelia che nella serie Netflix La caduta della casa degli Usher, tratta appunto dai racconti del terrore di Poe, viene recitata dal prete durante il funerale dei figli di Roderick Usher.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Gli spiriti dei morti” di Edgar Allan Poe: testo
L’anima tua si troverà sola
in mezzo a neri pensieri della grigia pietra delle tombe
non “Uno” di tutta la folla a scrutare
entro la tua ora di secretezza.Sii silente in questa solitudine
che non è abbandono, perché
gli spiriti dei morti che stavano
in vita innanzi a te, sono ancora
in morte intorno a te e la loro volontà
getterà l’ombra su te: sii tranquillo.La notte, sebbene chiara, aggrotterà le ciglia
e le stelle non guarderanno quaggiù
dai loro alti troni del Cielo
con splendore come speranza dato ai mortali
ma le loro rosse orbite, senza raggio,
alla tua stanchezza appariranno
come un incendio ed una febbre
che vorrebbero attaccarsi a te per sempre.Ora sono pensieri che tu non bandirai,
ora sono visioni che mai svaniranno,
dal tuo spirito esse non passeranno
mai più come gocce di rugiada sull’erba.La brezza, l’alito di Dio, è calma
e la nebbia sulla collina
come ombra – come ombra – ancora non rotta,
è un simbolo ed un segno.
Come essa pende dagli alberi
mistero dei misteri!
“Gli spiriti dei morti” di Edgar Allan Poe: analisi e commento
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La poesia di Poe è molto musicale, si snoda verso dopo verso in un continuo sussurro con un’insistenza voluta sulle allitterazioni. Come se l’autore volesse imitare la scia umida e bianca della nebbia che lenta sale sulla collina, simile agli spiriti dei morti.
Sin dal principio Poe insiste sulla condizione umana della “solitudine”, l’anima tua si troverà sola, cui contrappone la situazione nell’aldilà: sarai circondato dagli spiriti dei trapassati che ti circondano come una folla cui non potrai opporti. Questa, secondo l’autore, è una grande consolazione: “la solitudine non è abbandono” poiché noi non siamo mai veramente soli nella vita, ma sostenuti dagli spiriti dei defunti che sono ovunque intorno a noi. Eppure qualcosa nell’atmosfera tetra e cimiteriale, nella particolare insistenza sul colore “nero” e nel costante riferimento all’oscurità che incombe, non riesce a darci sollievo, ma accresce una sorta di inquietudine.
Da qui la poesia si dipana come una lunga riflessione sulla natura misteriosa della morte. Tutto ciò che Poe descrive ha caratteristiche oscure, incerte: persino le stelle che solitamente gettano una luce consolatoria tutto intorno, qui appaiono come orbite vuote di occhi che scrutano le esistenze dei viventi e non riversano su di loro la luce della speranza, ma le fiamme incandescenti di un incendio. Le stelle esprimono disapprovazione nei confronti dei mortali e della loro vana speranza di “una vita in cielo” dopo la morte. La vera febbre che consuma gli esseri umani, afferma Poe tramite una riuscita allegoria, è la speranza.
La morte rimane il mistero dei misteri, conclude l’autore; poiché essa non è nulla, ma interagisce con la vita. Questa era la visione olistica dell’esistenza secondo Edgar Allan Poe, per cui morte e vita non erano condizioni separate, ma proseguivano come un unicuum l’una dell’altra.
Nell’ultima strofa l’autore richiama il senso misterioso del tutto alludendo al respiro di Dio che si agita nella brezza, assieme agli spiriti dei morti. Gli alberi spogli del cimitero, l’aria nebbiosa e piena di vento, diventano un’immagine possibile dell’aldilà: la morte, dunque, appare come parte integrante della natura e del disegno divino.
In un sussurro sibilante Edgar Allan Poe fa riferimento, nel verso finale, a un mystery of mysteries!.
Invano cerca di intercettare un simbolo o un segno, eppure il mondo gli appare bello, pur nella sua stridente oscurità.
Le immagini gotiche utilizzate - il cimitero, la nebbia, la solitudine - rafforzano la metafora del confine tra la vita e la morte, l’idea di una soglia che si trova proprio qui ed è onnipresente, persino nel mondo dei vivi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Gli spiriti dei morti” di Edgar Allan Poe: una poesia per Halloween
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