Golda. Storia della donna che fondò Israele
- Autore: Elisabetta Fiorito
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Golda Meir è stata una donna del Novecento. Nata a Kiev nel 1898, fu adolescente nel primo conflitto mondiale ed era già una donna politica nel secondo conflitto; ragazza curiosa, studiosa, chissà cosa le avrebbe riservato il destino se avesse abitato in una grande città con genitori benestanti, invece che in uno Shtetl - che non era certo un posto divertente anche se l’immaginario collettivo li vede come luoghi tipici degli israeliti con gente pittoresca che suonava violini agli angoli delle strade.
Gli Shtetl erano infatti posti dell’Europa orientale definiti "piccole città" adibite al vitto e alloggio , dove le famiglie residenti avevano la possibilità di lavorare e studiare anche fuori, ma con severi limiti restrittivi.
Con questo lavoro di cesello nella vita di Meir nasce il libro di Elisabetta Fiorito dal titolo Golda. La donna che fondò Israele (Edizioni Giuntina, 2024).
Per la ragazza e per la sua famiglia non fu facile lasciare Kiev, ma la povertà estrema portò la giovane, i genitori e i parenti negli Stati Uniti, dove imparò presto l’inglese. Suo amico divenne Morris, che la portava alle mostre, al cinema e a teatro; ma, a parte i film, il resto era, per lei, molto noioso.
Lasciò Milwaukee per Denver, dove andò ad abitare da sola, perché la sorella Sheyna le faceva pesare tutto, soprattutto non sopportava quel “bietolone” di Morris che viveva nella scia di Golda. La ragazza nel frattempo si chiedeva se il matrimonio l’avrebbe fatta sentire più libera e, a modo suo, lei amava il ragazzo e la sua passione per tante cose, in primis la letteratura. Meir quindi riprese gli studi, le scuole magistrali, mentre viveva lo stress per la situazione amorosa e per alcune malattie del fidanzato. Golda scrisse a una sua amica una lettera dove ribadì che Morris non era bello, anzi, ma aveva una bellissima anima. Mentre lei si sposava nel 1917, la sua famiglia a Milwaukee ospitava ebrei scappati dall’Europa, dove gli aristocratici russi persero i loro beni per la grande causa del Proletariato e arrivarono anche giovani che fondarono Israele, con lei, come Ben Gurion.
Il matrimonio fu un assillo per Golda che voleva un matrimonio civile, ma per togliersi di torno i genitori, che in America diventarono ancora più tradizionalisti, si sposò sotto la chuppà, il baldacchino sulla testa degli sposi e le parole del rabbino. Morris, dal canto suo, aveva già capito che Golda si sposava unicamente per poter andare a tutti i congressi socialisti.
Ma Golda scalpitava per andare in Palestina e alla fine la spuntò. Partirono su un barcone mezzo scassato, coi frigoriferi rotti e arrivarono il 14 luglio del 1921 in un’estate caldissima da record con quaranta gradi.
Trovarono un treno per Tel Aviv e la sorpresa fu enorme. Abituati ai grattacieli e a spazi immensi e case grandi, trovarono il deserto e un piccolo villaggio fatto di tende. L’umorismo ebraico è famoso, perché sono gli ebrei stessi a riderne per primi. E, quando arrivavano gli ebrei americani, con alcune famiglie che avevano lasciato il benessere, dicevano:
Questa è la terra Promessa. Torniamo subito a casa.
Golda, invece, ha davanti il suo sogno: poter vivere nei kibbutz, caldi, affollati, ma dove tutti condividono tutto, il suo sogno di socialista.
Le donne emigrate si lamentano. Facevano le stesse cose come negli Stati Uniti: lavare, cucinare, con un caldo bestiale. Almeno lì potevano smettere per lavorare fuori casa mentre a Tel Aviv c’era una disoccupazione maschile che faceva paura. Golda e il marito trovano lavoro in un ufficio ministeriale dei lavori pubblici.
Lavorano entrambi, intanto Morris è bravo come papà dei due figli da poco nati: Menachem e Sarah. Golda invece non ha pazienza coi figli, come al solito Morris si scontra con la moglie che vuole diventare una politica importante, ma anche lui ha delle ambizioni: lavorare e cullare Sarah ed è sconvolto dall’indifferenza di Golda e dalla sua poca disponibilità in famiglia. Lei smania per incontri politici, vede tutti i problemi che ci sono da quando vivono a Gerusalemme, dove per caso incontra uno dei ragazzi che frequentava la casa dei genitori a Milwaukee che le offre un lavoro nel sindacato sionista.
Il matrimonio ormai è finito. Lei parte coi figli, nel 1928, per Tel Aviv. Golda ha trent’anni, non è bella, come si è già scritto, ma è attraente, diversa dalle altre donne, beve caffè a più non posso, spiega la scrittrice Elisabetta Fiorito, che ha scritto questo meraviglioso libro, e fuma tanto e più degli uomini.
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Intervista a Elisabetta Fiorito, in libreria con “Golda. Storia della donna che fondò Israele”
Si innamora di Ramez, l’uomo che le ha trovato il lavoro presso il sindacato, più vecchio di lei di dodici anni, corpulento, sposato con figli. La famiglia di Golda è sconvolta nel sapere che è diventata l’amante di un uomo che lei non vuole assolutamente sposare.
Lei intanto inizia ad andare avanti e indietro tra Stati Uniti e Tel Aviv per finanziare la sua causa, anche se ha scelto anni terribili per chiedere soldi per la causa sionista. Gli Stati Uniti stanno uscendo da una depressione economica mai vista, sembra che i dollari siano diventati “carta straccia”.
Golda intanto trascura i figli e diventa l’amante di Shazar, un uomo ambizioso e di fascino.
Lei lavora con la moglie del suo nuovo amante a stretto contatto, ma non hanno discussioni, nessuna recriminazione. Golda non vuole togliere i mariti a nessuna moglie, anzi. Quando torna in Palestina scopre che politicamente si è formato un altro gruppo politico, definito di destra, responsabile dell’uccisione di un altro ebreo. Golda non accetterà mai nella sua lunga vita, nonostante un tabagismo senza controlli, che un ebreo possa ucciderne un altro.
Ma nel 1935 a preoccupare tutti gli ebrei dell’Occidente europeo è l’ascesa di Hitler in Germania. L’ossessione di questo mostro è quella di liberare il mondo intero da qualsiasi ebreo, un popolo che a suo dire affama gli altri, uomini e donne, per i suoi difetti congeniti: ovvero quello di arricchirsi a scapito degli altri europei e americani per formare un fantasmatico governo di massoni che ha intenzione di impadronirsi di tutte le ricchezze degli altri paesi. Un pensiero delirante, ossessivo il cui risultato sono sei milioni di ebrei uccisi nei lager.
Gasati o uccisi dal freddo e dalla fame. Golda Meir in una famosa intervista rilasciata a Oriana Fallaci, che la Fiorito inserisce per intero in questo splendido libro biografico, dove c’è la continuazione di tutto l’operato di Golda Meir per formare un nuovo paese che sarà l’Israele di cui noi ora abbiamo contezza, tra mille problemi coi vicini palestinesi, che tuttora non accettano ancora Israele.
Un libro denso, palpitante, dove la politica si lega alla vita privata di una donna unica, importante, libera e anticonformista; ma anche testarda e poco propensa a fare sua la religione ebraica.
Una politica cui piacevano gli uomini delle altre, in modo che nessuno si affezionasse troppo a lei. Una donna pratica, consapevole di aver trascurato i figli per la sua passione politica. E il bello di questo libro di Elisabetta Fiorito è che la giornalista-scrittrice scrive dei successi di Golda Meir, ma anche dei suoi fallimenti e delle battaglie ideali della donna che "fondò" Israele.
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