Elisabetta Fiorito è cronista parlamentare a Radio24 - Il Sole 24 Ore e collabora con “Shalom”, la rivista della Comunità ebraica di Roma. Giornalista professionista dal 1996, ha scritto un romanzo per Mondadori Carciofi alla giudia (2017) e per Il Sole 24 Ore, nel 2021, Amori e pandemie, un diario della pandemia tra racconti autobiografici e pièce teatrali.
Nel 2022 ha partecipato al Festival Ebraica con un monologo su Golda Meir, recitato da Rosaria De Cicco e, nel 2023, con il monologo su Elena Di Porto interpretato da Paola Minaccioni, tratto da La matta di piazza Giudia, il libro di Gaetano Petraglia edito da Giuntina.
Con Elisabetta Fiorito in questa intervista parleremo del suo libro Golda. Storia della donna che fondò Israele, uscito nel 2024 sempre per i tipi della casa editrice La Giuntina.
- Come è nato il libro su Golda Meir?
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Al Festival Ebraica 2022 ho portato in scena una serie di monologhi che parlavano delle persecuzioni ebraiche dai tempi del Ghetto fino alla Shoah e alla fondazione d’Israele, quindi a Golda. Erano intitolati Eroine della Libertà, furono interpretati da Rosaria De Cicco.
In platea c’era anche Shulim Vogelmann della casa editrice Giuntina che mi ha proposto di trarre un libro da una di queste storie. Pensavamo in realtà a qualcosa di più remoto, proprio sui 300 anni del Ghetto di Roma, ma io proposto: “perché non facciamo Golda Meir…”
Ancora non lo sapevo, ma mi ero buttata in uno studio che, usando le parole di Leopardi, si è rivelato matto e disperatissimo.
- Quanto tempo è durato l’editing e da dove ha preso le fonti?
L’editing è durato un anno e mezzo, studiavo e scrivevo, scrivevo e studiavo.
Le biografie in inglese di Golda sono moltissime, ne ho scelte due, poi ho cercato qualcosa che dovesse essere una novità, non volevo fare da mera traduttrice di libri di altri, tra l’altro tutti citati nel corso del libro, dovevo trovare una notizia. Allora, come giornalista, mi sono messa a caccia.
La stesura in totale è durata un anno e mezzo, l’editing due mesi.
Per quanto riguarda le fonti, attraverso gli archivi di “Shalom”, il magazine e blog della comunità ebraica di Roma, ho trovato ciò che cercavo: i rapporti di Golda con l’Italia. Ho scoperto così che Golda aveva incontrato Aldo Moro a New York, all’epoca ministro degli Esteri, e che l’incontro è stato un flop. Ma ho anche ricostruito attraverso le testimonianze dell’epoca la visita di Golda, Primo ministro, in Italia e l’incontro con Papa Paolo IV. Una parte importante del libro è stata quella dedicata al cosiddetto Lodo Moro, lì mi sono stati di aiuto il libro di Valentine Lomellini e quello di Francesco Grignetti de “La Stampa” sul colonello Giovannone.
- Nel corso della stesura si è verificato un avvicinamento anche emotivo tra lei e la donna e la politica Golda Meir?
La cosa che mi ha colpito di più in quest’ambito è l’intervista di Oriana Fallaci (contenuta nel libro Intervista con la storia, edito da Rizzoli, Ndr).
Attraverso le biografie in inglese, ho scoperto che veniva citata da tutti come l’intervista forse più importante data da Golda Meir a una giornalista. Mi ha fatto piacere pensare che fosse una giornalista italiana e, a ritroso, ho provato una benevola invidia per Oriana che aveva potuto intervistarla.
Golda mi ha sempre interessato proprio per i rapporti tra una donna e la politica.
È una figura che si fa da sé, precedentemente Indira Ghandi va al potere perché figlia del padre, primo ministro, Neru. Mentre Golda non ha legami familiari con chi è al potere. Poi non è una femminista di nome, odia gli estremisti del femminismo dell’epoca come chi brucia i reggiseni; ma lo è di fatto per quello che riesce a perseguire. Infine, mi ha fatto ridere che si facesse chiamare “Ministro” e non “Ministra” e mi ha ricordato qualcuno… che è diventata Primo ministro per la prima volta come lei. Anche se avrei preferito che si facesse chiamare la Ministra e la Presidente.
- C’è stato un momento di reale impasse, un momento in cui ha pensato di scrivere su una politica così importante?
A un certo punto ho veramente pensato che fosse un’impresa impossibile. Non finiva mai, dovevo scrivere un libro brevissimo, sono soltanto riuscita a scriverlo breve. Del resto era impensabile con tutto quello che ha fatto Golda, ma ogni volta che mi prendeva il panico, prendevo in mano le sue memorie ed ecco che veniva fuori quella frase che concludeva il capitolo, magari uno dei suoi famosi aforismi:
Preferiamo le vostre condanne alla vostra compassione oppure non vi perdoneremo mai, arabi, di averci costretto a uccidere i vostri figli.
Frasi che ancora oggi sono attuali.
- Come era ed è ora invece il suo rapporto con l’ebraismo?
Il mio rapporto con l’ebraismo è quella di un’insider. Scrivo per “Shalom”, mio marito è di religione ebraica, la mia casa è kosher, vuol dire che rispetta i dettami dell’ebraismo, non c’è maiale, non ci sono crostacei… celebro lo Shabbat e le festività ebraiche, anche se non sono nata ebrea. Ma è una religione e un modo di vivere molto spirituale basato però sulla realtà e su regole di civiltà, basta pensare ai Dieci comandamenti, molto accogliente, per questo mi stupisco ogni qual volta sento parlare del Dio severo dell’Antico Testamento e del Dio compassionevole del Nuovo Testamento. È una falsità storica che viene ripetuta: Dio, se esiste, è sempre uno. Personalmente, sono agnostica, in questo sono molto simile a Golda, ma vivo nell’ebraismo.
- In questo periodo sta facendo delle presentazioni del libro? Questo ha creato delle interferenze con il suo lavoro di giornalista?
Sto facendo delle presentazioni e non ho problemi con il mio lavoro. Sono giornalista politica di Radio24 e vicecaposervizio. Nessuno ha mai detto nulla sul mio impegno a favore dell’ebraismo, anzi, la direzione mi ha sempre incoraggiato, anche perché è importante avere una visione interna. Per questo per Radio 24 e il Sole 24Ore, abbiamo prodotto il podcast originale La Razzia, cinque storie dal Ghetto di Roma, sulla deportazione del 16 ottobre 1943.
Ovviamente, quando impagino i giornali radio o scrivo per Radio 24, la regola è sempre quella che ogni giornalista deve seguire: imparzialità e oggettività.
- Ci sono stati storici sullo Stato di Israele o libri storici che l’hanno aiutata nella stesura del saggio?
Sicuramente consiglio il libro di Claudio Vercelli Israele, Storia dello Stato, edito da Giuntina. Molto bello, scorrevole e interessante. Devo dire che è stato Shulim Vogelmann a suggerirmi libri e saggi di volta in volta e Ariela Piattelli, direttrice di “Shalom”, senza la quale dubito avrei potuto finire il libro.
- Lei crede che, dopo gli ultimi fatti di sangue tra Israele e Palestinesi, si sia tornati indietro? Secondo lei cosa avrebbe detto Golda della situazione attuale?
Mi hanno posto in molti questa domanda. Il 7 ottobre è successo qualcosa che Golda ha vissuto, un pogrom. È successo in Israele e non a Kiev, nell’impero zarista dove la piccola Golda assiste al padre che inchioda le assi di legno sulla porta per evitare che i cosacchi possano entrare e uccidere la sua famiglia. È successo nel paese che Golda aveva contribuito a fondare affinché, sue parole, “i suoi figli e nipoti potessero essere liberi di essere ebrei”. Golda Meir si è trovata ad affrontare la guerra del Kippur nel 1973 quando Egitto e Siria attaccano Israele e muoiono migliaia di giovani soldati israeliani. Lei ha sempre detto:
Non sono più stata la stessa dopo la guerra del Kippur.
Ma poi precisava:
Badate bene, noi la guerra l’abbiamo vinta.
Un modo per esorcizzare quello che era stato il dramma della sua vita.
- Il suo libro-saggio su Golda è ricco di informazioni storiche, però in certi punti ha delle svolte romanzesche. Come è riuscita a creare questa particolare commistione di stili così avvincente?
In realtà questo è il primo saggio che scrivo. Ho sempre scritto romanzi e pièce teatrali. Andremo in tournée il prossimo anno con Elena, la matta di Piazza Giudia, un monologo da me scritto per Paola Minaccioni tratto dal saggio di Gaetano Petraglia, sempre edito da Giuntina. Quindi forse è per questo.
Poi l’Italia è uno strano paese, ho ancora nel cassetto un romanzo per il quale non ho trovato anora l’editore. Si tratta di un romanzo storico, ma non ti voglio dire di più...
- In Italia e a Roma c’è ancora antisemitismo?
Purtroppo sì. Gli ebrei sono 25mila, una piccolissima minoranza, nessuno li conosce, quindi sono perfetti da idealizzare come nemico. Ne ha scritto anche Nathania Zevi nel Nemico ideale. Quando sei dentro questa comunità, inizi a capire cose che non conoscevi prima. Io ho perso degli amici che credevo cari, ma che appena sono entrata a far parte del mondo ebraico mi hanno in qualche modo allontanato o mi hanno iniziato a criticare fino a quando non ce l’ho fatta più. Ma in compenso ne ho incontrati tanti, anche non ebrei, che sono felice di aver conosciuto.
Non voglio entrare nel presente, tutti noi soffriamo per quanto sta avvenendo in Israele e a Gaza, ma anche prima della guerra c’è sempre stata la classica frasetta “però Israele eh…” che sottintende “però gli ebrei… eh”: ecco questo è l’antisemitismo.
Un recente rapporto della polizia è una triste conferma sulla crescita dell’antisemitismo in Italia.
“Dallo scorso 7 ottobre al 31 dicembre sono giunte all’Oscad, l’osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, 200 segnalazioni contro le 17 dell’analogo periodo del 2022”.
La denuncia arriva dal capo della Polizia, Vittorio Pisani, alla Commissione parlamentare per il contrasto all’intolleranza, al razzismo e all’antisemitismo.
- Grazie della pazienza. Può dirci tre titoli di romanzi israeliani che secondo lei bisogna leggere per forza? E invece tre libri che ha letto nel 2023 che le sono piaciuti, a prescindere dall’ebraismo?
Tre romanzi israeliani da leggere secondo me sono: Anime di Roy Chen, La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo, Gaza Blues di Edgar Kereth.
Tre libri che ho letto di recente e ho apprezzato sono Stalingrado di Vasilij Grossmann, Maria Antonietta di Stefan Zweig, Ragazze elettriche di Naomi Alderman.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Elisabetta Fiorito, in libreria con “Golda. Storia della donna che fondò Israele”
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