Busto di Gorgia, filosofo, sofista e oratore greco antico, ad opera dello scultore lentinese Salvatore Caracciolo, situato nel Giardino Pubblico di Lentini
La filosofia di Gorgia si oppone frontalmente al pensiero di Parmenide: con la sua riflessione sul non-essere Gorgia inaugura quel filone nichilista che migliore fortuna avrà in Europa alla fine dell’Ottocento e nel Novecento.
Esponente di spicco della sofistica, insieme a Protagora, Gorgia fu a lungo disprezzato e le sue dottrine vennero a lungo considerate vana dialettica, giochi di parole che in realtà non contenevano un nucleo razionale di verità.
Il pensiero di Gorgia, tuttavia, più recentemente, è stato anche molto rivalutato: le sue sottili argomentazioni e la sua abilità retorica sono strumenti di lavoro ancora oggi preziosi per capire i meccanismi che regolano la comunicazione persuasiva, la scrittura creativa e il marketing.
Vita e opere di Gorgia
Gorgia nacque a Lentini, nei pressi di Catania, tra il 485 e il 480 a.C. e fu discepolo di Empedocle. Come molti altri sofisti viaggiò a lungo in molte città della Grecia dove si proponeva come maestro a pagamento ai giovani aristocratici affascinati dalla sua arte retorica e dove teneva orazioni ficcanti.
Soggiornò a lungo anche ad Atene dove scrisse e pronunciò l’Epitaffio, un celebre discorso in onore dei soldati ateniesi caduti durante la guerra del Peloponneso. Le sue opere principali sono, però, Sulla natura o Sul non essere (il cui titolo fa chiaramente il verso alle opere di Parmenide e di Melisso) e l’ Encomio di Elena.
Gorgia morì ultracentenario, intorno al 380 a.C. a Làrissa, città della Tessaglia a metà strada tra Atene e Salonicco.
Nulla è: Gorgia filosofo del non essere
Gorgia vuole dimostrare che il pensiero degli eleati è del tutto errato e vuole farlo con il loro stessi strumenti per questo sceglie di utilizzare il ragionamento per assurdo, la stessa modalità argomentativa che Zenone impiegava nei suoi paradossi. Quando si utilizza questa tecnica si considera prima la tesi che si vuole dimostrare, poi si assume per vera la tesi contraria e con il solo ragionamento (senza far ricorso all’esperienza e all’osservazione) si deducono delle conseguenze che conducono inevitabilmente all’assurdo. Se dalla tesi contraria a quella che vogliamo dimostrare discendono delle assurdità, allora essa è falsa, e il suo contrario (ossia, appunto, la tesi che vogliamo dimostrare) deve essere necessariamente vero.
L’argomentazione di Gorgia prevede tre momenti:
- nulla è, ossia nulla esiste;
- se anche qualcosa esistesse non sarebbe conoscibili per gli uomini;
- se anche qualcosa fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile;
Partiamo dal primo punto e seguiamo la testimonianza di Sesto Empirico per capire come Gorgia dimostra che nulla esiste. Egli ammette il contrario, ossia che qualcosa esista, e deduce razionalmente le conseguenze che ne seguono. Se qualcosa esistesse, allora:
- o sarebbe essere; e in questo caso potrebbe essere:
- o eterno, se fosse tale sarebbe anche infinito, ma se fosse infinito non sarebbe in alcun luogo e qualcosa che non è in nessun luogo non esiste;
- o generato, se fosse tale sarebbe nato, e sarebbe nato dall’essere o dal non-essere, tuttavia:
- che sia nato dall’essere è impossibile perché se fosse nato significherebbe che prima non era, ossia che non è essere;
- che sia nato dal non essere è altrettanto impossibile perché il non essere non è e non può generare;
- o eterno e generato insieme, ma questo è impossibile perché è una contraddizione;
- o sarebbe non-essere, ma questo è impossibile perché il non essere non esiste;
- o sarebbe essere e non-essere insieme, ma questo è impossibile perché è una contraddizione;
Quindi nulla esiste.
Essere inconoscibile e incomunicabile per Gorgia
L’argomentazione generale di Gorgia prevede però altri due passaggi. Anche ammettendo che qualcosa esista dobbiamo affermare che ciò non sarebbe conoscibile. Gorgia dimostra che anche in questo Parmenide non ha colto il segno: non c’è coincidenza tra pensiero ed essere. E ciò lo si capisce bene se immaginiamo dei carri che corrono sul mare: siamo di fronte a un pensato che però non esiste e non può esistere. Argomento simile vale se consideriamo figure mitiche come Scilla o la chimera: si tratta di non-esistenti che possono essere pensati. Quindi, per Gorgia, tra pensiero ed essere non c’è alcuna coincidenza.
Infine, se anche l’essere fosse pensabile, conoscibile, non sarebbe comunicabile ed esprimibile, per Gorgia, infatti, la parola non può comunicare ciò che è altro e diverso da sé:
“Quello che uno vede, come mai […] potrebbe esprimerlo con la parola? O come mai questo potrebbe divenir manifesto a chi lo ascolta, senza averlo veduto? Infatti, come neppure la vista non conosce suoni, così neppure l’udito ode i colori, ma i suoni; e certo dice, chi dice, ma non dice né un colore né una esperienza”
Anche qui siamo di fronte a uno iato incolmabile tra parole e sensazioni, più precisamente con le parole comunichiamo che dei pensieri, che già sono altro dalle parole, e i pensieri, a loro volta non corrispondono a ciò che percepiamo, alle cose. Cade così la corrispondenza tra essere, pensiero e linguaggio affermata da Parmenide.
Il nichilismo e lo scetticismo di Gorgia
Per Gorgia non si dà nessuna verità (aletheia): quando afferma che nulla esiste nega radicalmente l’essere e assume, quindi, una posizione nichilista. Se l’essere coincidesse con Dio, tale nichilismo sfocerebbe in un sincero ateismo.
Non solo, le dimostrazioni svolte sopra attestano anche che l’uomo non ha nessuna possibilità, nessuno strumento adeguato per parlare dell’essere, di ciò che esiste e delle strutture della realtà, questa considerazione ci permette di affermare, quindi, che Gorgia è anche uno scettico, sia dal punto di vista metafisico che conoscitivo.
Il pensiero e il linguaggio non sono più in Gorgia strumenti per raggiungere una verità condivisa: non ci sono più criteri di verità perché se nulla è, nulla è vero, quindi tutto è falso. L’unica cosa che conta e che va tenuta in considerazione è la parola con la sua forza incantatrice: se non possiamo più raggiungere certezze con il discorso razionale, Gorgia celebra, tuttavia, la retorica, quell’arte di persuadere che in questo autore diventa abilità non solo di rendere il vero falso e il falso vero, secondo l’efficacia dell’argomentazione ma anche potere di governare gli animi, di placare alcune passioni e di suscitarne altre.
Gorgia, inoltre, è uno dei primi filosofi a incarnare una visione tragica della vita: mentre i pensatori precedenti erano animati da un sostanziale ottimismo derivante dalle possibilità che il discorso razionale, il ragionamento, il logos, offriva di dare senso alla realtà, per lui l’esistenza rimane priva di senso e i suoi fondamenti, proprio perché inafferrabili, non sono connotati da alcuna razionalità.
Come ben dimostra la vicenda di Elena, ingiustamente ritenuta la causa ultima della guerra di Troia, anche le azioni umane non sono guidate dalla razionalità: l’uomo è in balia delle circostanze, vittima di passioni ingovernabili, è soggetto a un destino ignoto e inconoscibile che rivela tutta la sua fragilità e lo getta, appunto, in una vita tragica perché priva di senso.
In questo scenario solo il retore può salvarsi: egli è l’unico che conosce e sa utilizzare la potenza della parola; è quindi l’unico che non subisce questo potere ammaliante perché non rimane travolto da esso.
Con la filosofia di Gorgia, dunque la Sofistica tocca uno dei suoi momenti più alti e il pensiero occidentale rivolge la propria attenzione a concetti che solo molti secoli dopo saranno meditati a fondo: il non essere, il nulla, il relativismo che non ammette criteri di verità, saranno i protagonisti di molte pagine tormentate di Nietzsche e di Heidegger.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gorgia: vita e pensiero del filosofo del non essere
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