I maledetti. Van Gogh, Nietzsche, Rolling Stones e altre vite verso l’inferno
- Autore: Non disponibile
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
In fondo si tratta della solita storia dell’io e del suo doppio, la sindrome Jekill-Hyde in declinazione genio e sregolatezza, il fascino della trasgressione che ci fa guardare al dannato di talento con sentimento catartico, un misto di attrazione/repulsione (lui è quello che vorrei e non mi autorizzo a essere). Lo scrive bene Giuseppe Scaraffia nella sua prefazione a “I maledetti. Van Gogh, Nietzsche, Rolling Stones e altre vite verso l’inferno” (Vallecchi, 2010):
“Non possiamo fare a meno di venerare chi ha cercato quello che noi evitiamo, chi ha sentito il fascino di quel che ci fa rabbrividire e l’ha accanitamente cercato fino a perdersi”.
Da che inconscio è inconscio, eros e thanatos vanno a braccetto con luce e tenebra, l’amore e la morte. “I maledetti” si presenta, in tal senso, come un campionario di vite esemplari: dalla carnalità borderline di Caravaggio alle dissipazioni esistenziali di Piero Ciampi, George Best e finanche dei Rolling Stones. Una ventina di ritratti luci-ombre che taglia in senso diacronico i secoli e i fatti, una hall star di talenti dannati di tutti i generi e in tutte le salse, in 188 pagine. Molto più che un “bestiario” voyeristico sulle ascese e le rovine altrui: qui le storie di uomini molto illustri risultano redatte in forma pregnante/accattivante (dimenticate, insomma, i tristi compendi senza guizzi alla Wikipedia), attraverso il focus-filo rosso dell’analisi bio-psicologica piuttosto che del gossip (per intenderci, del tipo: ma Van Gogh era davvero uno schizofrenico? E quanta trasgressione è passata nel rapporto omosessuale tra Rimbaud e Verlaine?). Ne scaturisce una lettura curiosa ma densa, chiave di accesso ideale alla riflessione sul lato oscuro del genio (quello che c’è e non ci fa), mirabilmente incarnato dall’immagine luciferina di Klaus Kinsky che campeggia in copertina. Mi astengo volutamente dall’assegnare menzioni di merito: malgrado il novero degli autori (alcuni dei quali molto noti come Marcello Veneziani e Marina Valensise) plaudo al volume per l’originalità e la compattezza d’insieme. A conti fatti: il pensiero divergente e la “pluralità” psicologica risultano spesso impliciti all’atto creativo. Se permettete aggiungerei vivaddio.
I maledetti. Van Gogh, Nietzsche, Rolling Stones e altre vite verso l'inferno
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