I misteri del mare. Miti e leggende, fenomeni inspiegabili, creature mostruose, luoghi sconosciuti di Fabrizio Manticelli

Naufragi, superstizioni, navi fantasma, tesori, tempeste, fuochi, triangoli maledetti: le leggende nate sulle onde sono antiche quanto l’uomo, fiorite dal primo atavico incontro con le superfici liquide, ora calme ora agitate, qualche volta burrascose da fare paura. “Il mare è l’archetipo dell’ignoto” scrive Fabrizio Manticelli, autore per Magenes di un eccellente inventario dell’immaginario marinaro di tutti i tempi, I misteri del mare. Miti e leggende, fenomeni inspiegabili, creature mostruose e luoghi sconosciuti (Milano, febbraio 2024, collana “Maree. Storie del mare”, 220 pagine).
Il primo da raccontare è proprio chi ha realizzato questo contenitore di curiosità irresistibili. Non perché la sua vita sia un mistero, tutt’altro: piemontese (Saluzzo), architetto (laurea a Venezia nel 1993), Fabrizio Manticelli ha esercitato a lungo la libera professione nel restauro. È attratto dall’immaginario collettivo e dalle ricadute in campo artistico, sociologico e antropologico. Studioso dell’ermetismo, dell’esoterismo e dei culti misterici delle civiltà antiche, indaga da anni sul simbolismo segreto degli edifici religiosi e sulla geometria sacra. Ha scritto e scrive di architettura, magia, arcano e religione.

In questo libro si avventura nelle acque, citando Leopardi (“E il naufragar m’è dolce in questo mare”), avvertendo che si tratta di un testo per tutti, purché incuriositi da argomenti in bilico tra mito e storia vera, tra leggende e fonti accreditate. Solca tanti mari, quello epico narrato da Melville e quello fantastico di Verne, quello mitologico dell’ira di Poseidone, quelli poetici di Baudelaire e Quasimodo. Soprattutto, quello atavico che accompagna da sempre l’uomo “e l’universo mitico che lo caratterizza”. E sono proprio le suggestioni la pietra angolare di questo libro, nel quale l’autore racconta storie che in parte appartengono alla fantasia.

Il senso di sconfinato che il mare suscita è stato avvertito trasversalmente nelle culture più diverse, dando così lo spunto per una grande quantità di figure, immagini, luoghi e visioni che si sono diffuse capillarmente nelle religioni e nei miti, trovando poi nella letteratura di tutti i tempi una cassa di risonanza infinita.

Quella che potremmo considerare una sezione finale è dedicata ai misteri per così dire moderni, dalle sparizioni nell’area del Triangolo delle Bermude, nell’Atlantico centrale caraibico, all’esperimento Philadelphia, mistero dei misteri tra tecnologie futuristiche, fenomeni paranormali e mere fake news. Il tutto, passando dalla sempre fertile materia immaginifica degli UFO, qui in versione USO: “unidentified submerged objects”, oggetti sommersi non identificati.
Bermuda Triangle, USS Eldridge, USO: un trittico di argomenti sempre avvincenti, preceduto da un capitolo riservato a un mistero-favola del mare tra i più citati e tuttavia meno conosciuti nei particolari, tutto sommato. È una variante del vascello fantasma, presente in molte leggende di paesi anche lontani dall’area nordica di origine. La versione più rilevante, intrisa di ascendenze romantiche, si deve alla scrittrice e poetessa italiana Maria Savi Lopez (Napoli, 1846-1940), nel libro Leggende del mare (1894). L’Olandese, il capitano maledetto, salpato verso il Capo di Buona Speranza, affronta bestemmiando e cantando canzoni sacrileghe i venti ostili, le burrasche e gli scogli di quel passaggio sempre difficile tra due Oceani. Più aumenta la furia della tempesta, più cresce la sua empia baldanza: i marinai sono terrorizzati. Quando a prua appare una figura maestosa di angelo o di santo, l’equipaggio si prostra riverente, invece il Capitano la sfida e cerca di colpirla con una pistola. La palla torna indietro a ferire la mano e l’apparizione lancia la maledizione, condannandolo a stare in eterno di guardia sulla nave. Solo un mozzo con le corna di fuoco, venuto dall’inferno, gli sarà compagno nella paurosa navigazione senza mai pace né interruzione. L’Olandese volante diventerà il demonio del mare: la sola vista del suo battello rappresenterà per i vivi un triste annuncio di sventura.
Manticelli chiude con l’Esperimento Filadelfia. Si deve tornare indietro di oltre settant’anni, nel porto della città atlantica, dov’è ormeggiato il cacciatorpediniere USA Eldridge. Alle 17:15 del 28 ottobre 1943, la nave sarebbe scomparsa, per riapparire pochi minuti dopo a Norfolk, in Virginia. Dopo brevissimo tempo, nuova sparizione dell’unità, rimaterializzata nuovamente a Filadelfia. A rilanciare la vicenda è stato nel 1979 lo scrittore americano Charles Berlitz, autore di libri sul mistero e l’ufologia. Ha parlato di Progetto Invisibilità, non riuscendo però a bissare il successo ottenuto col best seller sul Triangolo delle Bermuda (1974) e senza aggiungere niente di nuovo al romanzo di Simpson e Burger Thin Air (1978), che già conteneva riferimenti. Anche il cinema ha trattato il caso misterioso, miscelando quel poco di cronaca che si conosce o si crede di conoscere alle immancabili teorie complottistiche. Si è voluto ascrivere l’esperimento all’ipotetico Rainbow Project, mai dimostrato, che puntava a deformare con un campo elettromagnetico il flusso di luce di un’area, per rendere invisibili gli oggetti presenti in quello spazio. Negli anni Novanta, i mass media dedicarono attenzione ad Alfred Bielek, che sostenne d’essere uno dei pochi membri dell’equipaggio sopravvissuti a un’alterazione spaziotemporale, ma le ricerche avrebbero dimostrato che quel giorno non era a Filadelfia. Nessuno dei veterani della USS Eldridge ha mai parlato di esperienze paranormali. Inoltre, dal diario di bordo del cacciatorpediniere si rileva che nel 1943 non ha nemmeno raggiunto Filadelfia. Di certo, nessuna nave della flotta USA è stata poi invisibile.